17 luglio 2018 - 08:14

Nasce il Milan di Elliott, Gazidis futuro ad, per il mercato ci si baserà sugli algoritmi

Fassone e Mirabelli a Londra per incontrare i vertici

di Arianna Ravelli

Ivan Gazidis (Ap) Ivan Gazidis (Ap)
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Diventare proprietari del Milan è stato uno scenario che i vertici di Elliott — che di mestiere farebbero altro: fare rendere al massimo gli investimenti di uno dei più importanti hedge fund del mondo — si sono prefigurati nel corso dei 15 mesi passati: l’ipotesi che il misterioso Yonghong Li (ora intenzionato ad andare in tribunale per stabilire il reale valore del club) andasse in default era necessariamente da prendere in considerazione, perciò contatti e chiacchiere in varie direzioni (nonostante le smentite) erano iniziati da tempo.

Nessuno, però, nemmeno ai vertici di Elliott, si aspettava che le cose precipitassero così velocemente, con il mancato rimborso da parte di Li dei 32 milioni di aumento di capitale, che ha mandato in fumo un investimento di 600 milioni e che rende l’epilogo dell’avventura cinese ancora tutto da spiegare: nei giorni decisivi, i vertici di Elliott erano in vacanza e questo la dice lunga su quanto fosse imprevista questa conclusione. Ma da quel lunedì 9 luglio è cambiato tutto, il Milan è passato da «garanzia» a «asset da valorizzare» (e poi, col tempo, rivendere). È quindi iniziato un nuovo corso, che — lo si è visto nelle prime mosse sul mercato, dove i manager di Elliott si sono mostrati subito molto «interventisti», come dimostra la bocciatura della vendita di Locatelli — si baserà sempre su numeri che devono tornare, investimenti che devono rendere. I manager Franck Tuil e Giorgio Furlani — che hanno seguito la pratica Milan sin dal giorno della firma del finanziamento a Li da 303 milioni —, assieme a Gordon Singer, il figlio del fondatore Paul, hanno cominciato ad avviare una serie di colloqui. Ieri sera l’ad Marco Fassone è volato a Londra assieme al ds Massimiliano Mirabelli proprio per chiarire i prossimi passi, decisivi per stabilire anche le rispettive posizioni future.

Oggi ci sarà una conference call con Paolo Scaroni, già nel consiglio di amministrazione del club, che sabato, dopo l’assemblea dei soci che nominerà il nuovo cda, diventerà — salvo colpi di scena — presidente del Milan. Per quanto riguarda la carica di ad, il nome più gettonato ora è quello di Ivan Gazidis, 53 anni, dal 2009 chief executive dell’Arsenal, un passato da manager nella Mls americana, nato in Sudafrica e per metà greco. In quel caso sembrerebbe difficile che Fassone (che ha un contratto fino al 2021) resti magari come direttore generale; Leonardo, invece, dovrebbe svolgere il ruolo di direttore tecnico. Vedremo con che tempi e quali modalità sarà gestita questa fase di transizione: di sicuro c’è solo che l’ad sarà giovedì all’udienza davanti al Tas di Losanna, quando il Milan (nel pomeriggio) saprà se sarà riammesso in Europa League o se sarà confermata l’esclusione.

Ma, al di là dei nomi, quello che è interessante è scoprire secondo quali modalità Elliott gestirà il club. Un indizio lo ha fornito il caso Locatelli: la cessione al Sassuolo è stata bocciata dalla nuova proprietà, che considera il giovane calciatore un patrimonio del Milan che si può valorizzare maggiormente, un talento in parte ancora inespresso, la cui vendita ora non comporta un taglio pesante di stipendio e dal quale si può ricavare di più in futuro. Ed è sulla base di parametri e calcoli tipici di chi ha inevitabilmente un approccio finanziario, che verranno prese le scelte: dunque, saranno valutati la previsione di crescita del giocatore, il potenziale, il peso sul monte ingaggi, la «rivendibilità» futura. Dopo sabato, vedremo quali nomi usciranno dagli algoritmi.

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