6 maggio 2018 - 22:43

Quella capacità del Giro d’Italia di unire centro e periferie

Seicento giornalisti in Israele, ma non per guerre, tregue o attentati: lo sport, quello italiano, è stato al centro dell’attenzione: «L’evento più entusiasmante»

di Davide Frattini

shadow

Come le centomila viti che tengono insieme la pista del velodromo appena inaugurato a Tel Aviv anche gli israeliani a volte si sentono avvitati alla situazione: HaMatsav chiamano in ebraico il ciclo senza fine di guerre e tregue. Eppure per la prima volta i seicento giornalisti sbarcati all’aeroporto non erano qui per HaMatsav.

Perché — commenta Melanie Lidman sul giornale digitale Times of Israel — «non avevano alcun interesse verso le vicende politiche o militari. Qualcuno potrà obiettare che questo è un aspetto negativo. Rispondo con quello che è successo: lo sport è stato al centro dell’attenzione. Per tre giorni siamo stati trasportati in un altro Paese».

Yedioth Ahronoth, il quotidiano più letto, dedica tutta la prima pagina «all’evento più entusiasmante cui gli israeliani abbiano mai assistito» e titola: «Siamo sulla mappa!». Come a dire: il mondo ci ha potuto conoscere per ragioni diverse. Così sperano al ministero del Turismo, dove calcolano che queste tre tappe permetteranno di raggiungere quest’anno il record di cinque milioni di visitatori e — sono convinti — si parlerà di un’epoca pre-Giro e di una post. Anche la polverosa, isolata, quasi dimenticata Beer Sheva ha avuto la sua gloria globale in diretta televisiva, i tifosi a ritmare le pedalate con i colpi sui tamburi, i ciclisti che attraversano le strade sconosciute perfino a tanti israeliani: considerano la città in mezzo al deserto del Negev troppo vicina alla Striscia di Gaza dominata da Hamas — dove venerdì sono proseguite le proteste dei palestinesi — e troppo lontana dal resto della nazione.

Il Giro è riuscito a unire il centro alla periferia, le metropoli ai villaggi, Tel Aviv che non dorme mai alla sonnecchiosa Be’er Sheva. Ha attraversato le sabbie rosse che David Ben-Gurion prometteva di riuscire a far fiorire e che ieri si sono colorate delle maglie, quando i velocisti sono schizzati per conquistare il traguardo volante di Sde Boker, il kibbutz dove il fondatore di Israele si autopensionò e dove ogni sera al tramonto le antilopi del deserto riposano sulla lapide che porta il suo nome.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT