17 novembre 2018 - 20:26

Nations League, la Germania è divisa È rivalità fra tedeschi e naturalizzati

La retrocessione nel torneo aggrava un anno orribile, ma Loew resta blindato dal contratto

di Guido De Carolis

Il c.t. della Germania Joachim Low con Sané (Getty) Il c.t. della Germania Joachim Low con Sané (Getty)
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Per l’Italia il 2017 resterà per sempre un anno orribile, segnato dell’esclusione Mondiale. La Germania archivierà invece il 2018 come la peggior stagione della Mannschaft.

«Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e alla fine la Germania vince», era l’assioma formulato da Gary Lineker a Italia ’90 e rimasto valido per quasi trent’anni. Fino all’estate scorsa, dopo l’eliminazione della Germania alla prima fase del Mondiale di Russia. «Il calcio è un gioco semplice. Ventidue uomini inseguono una palla per 90’ e alla fine i tedeschi non vincono più. La versione precedente è confinata alla storia», l’aggiornamento dell’ex attaccante inglese.

Due giorni fa il 2-0 dell’Olanda sulla Francia ha sancito la retrocessione della Germania nella serie B della Nations League, il punto più basso nella storia del calcio tedesco. La crisi fa implodere un modello decantato, basato su centri federali ad altissima tecnologia e sulla generazione di «laptop trainer» (allenatori computerizzati) che affidano il loro credo calcistico, le loro squadre e lo sviluppo del gioco a database e statistiche. Il computer però non aveva previsto la variabile umana e il disastro del 2018. «La retrocessione è dolorosa, ma va accettata. L’obiettivo resta l’Europeo 2020: ci qualificheremo e manderemo in campo una squadra forte», rilancia il c.t. tedesco Joachim Low. È lui l’imputato principale nel processo che vede alla sbarra la Germania, retrocessa come un’Islanda o una Polonia qualsiasi, e tristemente ultima nel girone con la Francia e l’Olanda, cui basterà un punto domani a Gelsenkirchen proprio contro i tedeschi, per vincere il gruppo e centrare le Final Four.

Esonerare Low è difficile, non impossibile nonostante il rinnovo fino al 2020 firmato prima della campagna di Russia. Circolano i nomi di Jurgen Klopp, che però ha un contratto principesco con il Liverpool fino al 2022, e Thomas Tuchel, ricoperto di soldi dal Psg. Non se la passa bene Low, ma la Dfb (la federcalcio tedesca) l’ha sempre difeso pure dopo il flop Mondiale e a lui, che dal 2006 siede sulla panchina della Germania, ha affidato la ricostruzione. Il c.t. non ha intenzione di andarsene e la Dfb, recentemente condannata a pagare 19 milioni di tasse evase per uno scandalo risalente al 2006, non ha la forza di allontanarlo. Riconoscente o prigioniera di Low che ha fatto suo il Mondiale 2014 triturando 7-1 il Brasile e battendo l’Argentina di Messi. Poi una semifinale a Euro 2016 e il primo posto in Confederation Cup 2017.

Vittorie cancellate dal 2018 in cui si contano appena quattro successi e sconfitte clamorose, anche contro squadre minori come Messico, Austria e Corea del Sud. La Germania non è più corazzata, piuttosto è dilaniata, con uno spogliatoio spaccato tra Kanaken (naturalizzati) e Kartoffeln (tedeschi): così i due gruppi si apostrofano in modo dispregiativo a dar retta alla Bild. Il centrocampista dell’Arsenal Mesut Ozil, di origini turche, se n’è andato denunciando: «Mi sento indesiderato, il razzismo non è tollerabile». Ma la crisi ha radici tecniche, con Low deciso a ringiovanire e alla disperata ricerca di un centravanti e i senatori che non mollano. Così il mito si è sbriciolato e la Mannschaft ora è una squadra di serie B.

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