15 ottobre 2018 - 10:32

Polonia-Italia: le nuove facce azzurre dietro al ritorno alla vittoria: Biraghi, Bernardeschi, Barella, Piccini, Chiesa

La Nazionale mostra bel gioco e carattere: l’uomo che ha deciso la partita ringrazia Astori, Lasagna entrato alla fine ha fornito di test l’assist decisivo

di Paolo Tomaselli, inviato a Chorzow

Briaghi e Barella (Afp) Briaghi e Barella (Afp)
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CHORZOW L’Italia riparte. E lo fa all’insegna del gioco. Due buone notizie al prezzo di una, dopo il successo sulla Polonia allo stadio Sleski. La vittoria in una gara ufficiale mancava da oltre un anno (1-0 in Albania) ma a differenza delle ultime esibizioni venturiane e delle prime sperimentazioni di Mancini, la Nazionale vista nel primo tempo contro l’Ucraina (1-1 a Genova) e contro i polacchi ha finalmente riempito gli occhi. La bella Italia ha facce nuove, che meritano di essere raccontate.

Biraghi segna nel nome di Astori

L’uomo che ha deciso la partita di Chorzow col suo gol nel finale si chiama Cristiano ed è un po’ l’antitesi dell’omonimo più famoso: a 26 anni era alla terza presenza in Nazionale, è un terzino spesso discusso dai suoi stessi tifosi (a Pescara, ma anche nella Fiorentina), che però è cresciuto molto fisicamente e anche dal punto di vista tecnico. Biraghi ha dedicato il gol al suo amico Davide Astori: tra le sue battaglie di quest’anno oltre a quelle sulla fascia destra, c’è anche quella per la fascia da capitano con la dedica a «Asto». Una sfida vinta, perché la Lega Calcio ha dato la deroga alla Fiorentina.

Barella, il ragazzo che gioca come un veterano

Barellino capitano lo è già, del Cagliari. A 21 anni. È anche già padre, e studia da leader anche in azzurro. Certo, quello in Polonia era appena la sua seconda partita, ma già nell’esordio assoluto contro l’Ucraina da mezzala il sardo con la passione del basket si è rivelato un giocatore già pronto. «Per crescere, i nostri ragazzi devono giocare la Champions» dice capitan Chiellini. E Barella probabilmente lo farà presto, perché le grandi sono da tempo sulle sue tracce.


Chiesa, sempre di corsa per crescere ancora

Tra 10 giorni compie 21 anni, ma Federico Chiesa è già protagonista con la Fiorentina e si sta ritagliando uno spazio sempre più importante in azzurro. Intenso, elettrico, a volte un po’ arruffone, ma sempre generoso e presente nel gioco di Mancini, il figlio di Enrico promette di crescere ancora. Il tridente leggero scelto dal c.t. non è riuscito a fare più di un gol in due partite (per giunta con la complicità del portiere ucraino) ma Chiesa ci ha provato, con assist, cross, tiri, qualche giocata che poteva essere gestita meglio. I margini di miglioramento non mancano.

Bernardeschi, il leader del futuro

Era il giocatore più in forma di questa Italia ed è sicuramente uno dei pilastri su cui costruire il futuro della Nazionale: Bernardeschi lo ha dimostrato a Genova contro l’Ucraina, un po’ meno in Polonia dove i suoi movimenti da falso 9 comunque hanno aiutato i compagni negli inserimenti. «Ma devo segnare» ha detto Fede, che nella Juve gioca in una posizione più esterna e ha iniziato alla grande la stagione, dimostrando una crescita esponenziale nell’ultimo anno, anche dal punto di vista atletico. Intanto Berna si è tolto uno sfizio: segnare davanti al suo idolo di ragazzino, Andriy Shevchenko.

Lasagna è il 9 che non ti aspetti

L’uomo che non ti aspetti, il centravanti che fino a qualche anno fa giocava in D, poi con la favola Carpi è arrivato in A e adesso gioca a Udine. Lasagna ha debuttato proprio in Polonia nel finale e guarda caso l’Italia senza 9, appena ha avuto un centravanti in area per sporcare un pallone, è riuscita a segnare: corner di Insigne, spizzata di Kevin e gol in spaccata di Biraghi. È presto per capire se Lasagna avrà un futuro in questa Nazionale, ma salta all’occhio la bocciatura di Immobile: «Ho messo dentro Kevin perché è più bravo di testa» ha detto Mancini, che già aveva lasciato a casa Belotti e Balotelli. Per conquistare il Mancio, gli attaccanti dovranno sudarsela. E le sorprese come Lasagna partono alla pari degli altri, perché Super Mario a parte, le gerarchie sembrano azzerate.

Piccini: il riscatto dell’emigrante

Un altro Cristiano, ancora meno conosciuto in Italia rispetto a Biraghi. Piccini è cresciuto nella Fiorentina, che non ha creduto fino in fondo nelle qualità di questo difensore alto quasi 190 centimetri. Lui è partito dal Betis Siviglia, poi è andato a giocare la Champions prima allo Sporting Lisbona (un anno fa annullò Mandzukic contro la Juve) e ora al Valencia, anche se all’andata contro i bianconeri era in panchina. Mancini lo ha utilizzato nel finale sia contro l’Ucraina che contro la Polonia, per rimpiazzare Florenzi, stanchissimo. Piccini non assicura la stessa spinta, è un difensore più classico. Ma può portare quella fisicità in più che manca un po’ agli azzurri.

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