Filippo Tortu: «Gli Europei sulla pista di Mennea: i 200 metri mai così aperti»

di Gaia Piccardi, inviata a Monaco

Il velocista italiano già venerdì in semifinale punta a scendere sotto ai 20": «Sono qui per uscire bene dalla curva... Ma i Mondiali di Eugene sono stati migliori di Doha '19»

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Filippo Tortu, 24 anni (Epa)

Dei 98 azzurri della compagnia dei celestini all’Europeo («Qui in Germania, a meno di 24 mesi dai Giochi di Parigi 2024, inizia un biennio fondamentale per la nostra atletica» ci ricorda il d.t. Antonio La Torre giustificando la spedizione monstre), Filippo Tortu è l’uomo del mezzo giro di pista. È Piè Veloce, reduce da un Mondiale dolceamaro, una delle (almeno) 12 medaglie che il presidente Stefano Mei si augura («Sogno di eguagliare Spalato ‘90 ma se ne arrivano di più non mi lamento») per consolidare il ruolo dell’Italia nel continente.

Filippo, cosa si è portato dietro in valigia da Eugene, oltre a 3 millesimi di troppo che l’hanno tenuta fuori dalla finale dei 200?
«Una mentalità diversa e più sicurezza in me stesso. Considero quello in Oregon un Mondiale migliore di Doha 2019, dove pure centrai una storica finale dei 100. Sono arrivato pensando di valere un piazzamento, mi sono stupito di ciò che sono riuscito a fare: il personale (20”10) e la mia miglior gara della carriera sui 200».

Ha capito quei 3 millesimi dove li ha lasciati?
«In nessun punto specifico della pista. Ho corso bene, forse leggermente seduto nel finale perché avevo nelle gambe il turno precedente. Sorridendo, ho detto a mio padre: adesso so cosa provano gli avversari quando gareggiano contro di me. Mi riferisco al millesimo grazie a cui mi qualificai alla finale dello sprint a Doha e al centesimo che ci valse l’oro olimpico nella 4x100. A Eugene mi è tornato indietro tutto. Va bene così: è lo sport».

La Torre ha definito la 4x100 (rimaneggiata per l’infortunio di Jacobs) un fallimento. Ha esagerato?
«No. Nella staffetta di Eugene, da campioni di Tokyo, è andato tutto storto: non siamo stati bravi a gestire i cambi, io ho corso troppo piano una frazione che non avevo mai affrontato, con la preoccupazione di dare il testimone, di non sbagliare. Ci auguriamo tutti che qui a Monaco in seconda frazione ci sia Marcell».

Jacobs, ecco. È dato in forma, guarito. Voi azzurri della 4x100 cosa sapete?
«Poco o nulla, in realtà. A Eugene siamo stati molto insieme ma dopo il Mondiale non ci si è più sentiti. Ciascuno ha preparato l’Europeo per conto suo. Domani, con i 100, capiremo».

Dopo il mezzo giro di pista supersonico di Eugene (Lyles oro in 19”31), all’Europeo che 200 si aspetta?
«Il livello si è alzato anche in Europa: due atleti (il giovane israeliano Afrifah, oro Under 20 in 19”96, e il francese Zeze, 19”97, ndr) sono scesi sotto i 20” e io, piccolo spoiler, non sono uno di essi. Mitchell-Blake, vecchia conoscenza di Tokyo (era l’ultimo staffettista della 4x100, battuto da Tortu ndr) ha corso in 20”05, poi nelle graduatorie continentali ci sono io. E non dimentico il turco Guliyev, campione in carica, che sa come si corre e si vince. Mi aspetto una gara molto aperta: non si è mai partiti così alla pari come quest’anno».

Il totem Michael Johnson, intervistato a Eugene dal Corriere, dice che è ora che Tortu scenda sotto i 20”: quanto si sente lontano, o vicino?
«Concordo. Mi sento vicino 11 centesimi! Senza scherzi: non sono lontano, è il vero obiettivo della stagione. Ma a un Europeo la priorità è la medaglia, con qualsiasi tempo. Se arrivasse insieme al primato personale, bingo».

Monaco evoca drammatici ricordi olimpici, l’attentato del ‘72, ma anche il bronzo di Mennea nei 200. Pur avendo con Livio Berruti un’affinità elettiva, cosa significa Mennea per lei?
«Ho due ricordi sfuocati, entrambi da bambino e entrambi in Sardegna. Pietro al campo di Olbia dove mi sono allenato anch’io in vista di Monaco e Pietro a cena a casa nostra. Avevo 7-8 anni, non ero consapevole di nulla, quasi da non capire chi fosse».

Nessuna citazione sui blocchi di Monaco, quindi.
«La citazione, per Berruti, me la tengo per Roma 2024, l’Europeo in casa a 64 anni dall’oro olimpico nei 200 di Livio».

Troverà il tempo di andare in Connollystrasse 32, sotto la palazzina dove i terroristi palestinesi di Settembre Nero presero in ostaggio gli atleti israeliani prima della strage?
«Non credo, ahimè. Sono un grande appassionato di storia del mio sport, ho visto “Munich” di Spielberg, ho recuperato filmati sui Giochi ‘72. La volontà di colpire un’Olimpiade e marchiarla per sempre va al di là delle mie capacità di comprensione. Un colpo bassissimo contro un momento di condivisione mondiale. Hanno macchiato qualcosa di puro. Ma di tempo per andare in Connollystrasse non ne avrò».

Semifinali dei 200 giovedì (Tortu, come Jacobs nei 100, grazie al ranking salta le batterie), finale venerdì. L’unico modo per crearsi un ricordo felice di Monaco è vincere. La Torre dice che se Tortu uscirà bene dalla curva...
«Sono qui per questo».

15 agosto 2022 (modifica il 15 agosto 2022 | 08:50)