11 giugno 2018 - 22:19

Mondiali: la rinascita del Brasile senza ricordi

Tite lavra per cancellare 1-7 con la Germania: solidità difensiva, varietà tattica, attacco dirompente: così la Seleçao proverà a dimenticare il «Mineirazo»

di Paolo Tomaselli

Neymr (Getty) Neymr (Getty)
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Se a qualcuno scappasse ancora qualche incubo notturno, legato al 7-1 subito in semifinale dalla Germania quattro anni fa, non c’è problema: nel ritiro di Sochi lo staff medico del Brasile ha appeso «le 9 regole per migliorare la qualità del proprio sonno». Niente tablet e smartphone prima di dormire; tendine ben fissate con il velcro per smorzare la luce delle notti bianche; vestirsi leggeri per non soffrire il caldo e altri consigli da boy scout accompagnano la Seleçao nella sua nuova missione davanti al mondo. Che non è solo quella di «sognare il sesto titolo», come ha proclamato domenica Neymar Junior, ma anche quella di battere se stessi e le proprie paure. Per mostrare che da una disgrazia sportiva come quella del «Mineirazo» di Belo Horizonte si può rinascere in grande stile. Con quello «spirito guerriero» evocato da un’altra circolare distribuita a tutto il gruppo brasiliano di stanza allo Swissotel: per smacchiare i cattivi ricordi e scrivere una nuova storia, nella caccia al sesto titolo che proietterebbe i nipotini di Pelé nella leggenda, ancora una volta in anticipo su tutti.

Il Brasile di Tite (dato vincente in finale contro la Germania da un algoritmo elaborato dalla banca Goldman Sachs...) è l’opposto di quello di Felipao Scolari, che ruppe in mille pezzi il sogno del Mondiale in casa, quattro anni fa. E non solo perché nella probabile formazione del debutto, che per la prima volta ha preso vita domenica contro l’Austria, l’unico titolare nella sfida di quattro anni fa ai tedeschi era Marcelo.

Questo è un Brasile solido (solo 3 gol subiti nelle qualificazioni) che arriva al Mondiale senza la retorica un po’ confusa del suo ex allenatore, ribattezzato non a caso da Tite in passato «Fala Muito» (Parla Molto). Parlava troppo Scolari. Parla con accortezza il c.t. attuale, che in meno di due anni, dopo la parentesi deludente del ritorno di Dunga, ha ricostruito la Seleçao su basi europee, anche se lui in Europa non ha mai allenato. E adesso si trova una macchina magari con pochi chilometri, ma dal motore potente, dalle linee sinuose e adatta a tutti i terreni. Perché i giocatori in ascesa sono tanti: dal portiere romanista Alisson a Casemiro, mediano chiave del Real Madrid di Zidane, fino ovviamente al quartetto lì davanti da 83 gol stagionali: Willian, Coutinho e Neymar, dietro a Gabriel Jesus.

Il Brasile sembra competitivo in tutte le zone del campo, anche se sulla fascia destra ha perso Dani Alves: al suo posto esercita Danilo, allievo di Guardiola nel City. Anche le altre opzioni sono di alto livello: in difesa Marquinhos è in vantaggio su Thiago Silva per giocare accanto a Miranda. L’uomo in più in mediana è Fernandinho, mentre davanti dovrebbero partire in panchina due grandi protagonisti della stagione di Juve e Liverpool, come Douglas Costa e Roberto Firmino.

Lo spostamento chiave, che ha fatto virare Tite dal 4-3-3 (spesso un 4-1-4-1) al 4-2-3-1, sembra però essere quello di Coutinho al centro del cosiddetto «trivote» dietro la punta. Questa nuova posizione consente un continuo interscambio con Neymar che parte da sinistra per accentrarsi e che dopo tre mesi è rientrato con due gol magnifici segnati in due partite. Considerato che la propulsione su quella fascia parte da Marcelo, è proprio l’emisfero sinistro a creare le immagini più stimolanti e suggestive della Seleçao.

Davanti, il baby fenomeno Gabriel Jesus — quello che nel 2014 dipingeva di verdeoro i marciapiedi del suo quartiere prima delle partite — sembra l’indiziato per il ruolo di titolare nel debutto del 17 contro la Svizzera, a Rostov: la presenza di Neymar, leader tecnico ma anche morale del gruppo, toglie pressione a tutti gli altri, specialmente a un 21enne predestinato come l’attaccante del City. Ma l’alternativa — Firmino come «falso nove» per aprire gli spazi delle difese più chiuse — è altrettanto valida. E di fatto consente a Tite di avere due piani di gioco, diversi ed efficaci. Un Brasile a due facce, equilibrate, credibili, potenzialmente entusiasmanti. E senza maschere tragiche nel cassetto.

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