7 giugno 2018 - 15:56

Danny Rose: «Ho avuto la depressione, la Nazionale mi ha salvato»

Il difensore del Tottenham ha parlato per la prima volta del male psicologico che lo ha afflitto: un infortunio, il lutto e il razzismo. Ma sempre più atleti ammettono il male di vivere

di Simona Marchetti

shadow

Il primo grido d'allarme era arrivato tre anni fa, quando il sindacato mondiale aveva rivelato che un calciatore su tre soffriva (o aveva sofferto in passato) di depressione. Una parola che nel calcio - come pure nello sport in generale, vedi la recente indagine de L'Equipe sul legame fra tennis e depressione - è sempre stata considerata alla stregua di un tabu, quasi che soldi, successo e popolarità dovessero essere una sorta di antidoto al malessere psicologico.

In realtà è vero il contrario, ma se in passato gli atleti preferivano tacere, spesso per evitare di dover affrontare il giudizio dell'opinione pubblica, negli ultimi tempi molti di loro hanno deciso di non nascondersi più. E dopo la rivelazione di Michael Phelps di aver pensato al suicidio nei momenti più duri della sua battaglia contro la depressione, ora vinta, mercoledì è toccato al calciatore della Nazionale inglese Danny Rose affrontare il delicato argomento e quella che doveva essere una classica (e di solito noiosa) conferenza stampa di preparazione al Mondiale di Russia si è trasformata invece in una lunga e commovente confessione a cuore aperto.

In cura con gli antidepressivi. «Non è un segreto per nessuno che in questa stagione al Tottenham ho passato dei momenti difficili - ha detto Rose - che mi hanno portato ad allontanarmi dal club e a vedere uno psicologo, che mi ha diagnosticato la depressione, di cui nessuno ha mai saputo nulla fino ad ora, nemmeno i miei genitori. Sono stato in cura per alcuni mesi con gli antidepressivi, cosa di cui era a conoscenza solo il mio agente, ma adesso ne sono fuori, sto bene e non vedo l'ora di arrivare in Russia». Ad innescare la sua personalissima discesa agli inferi è stato il modo in cui gli Spurs hanno gestito l'infortunio al ginocchio del gennaio del 2017.

«Mi dissero che non mi serviva l'intervento - ha continuato il difensore - e non so quanti antidolorificiho preso e quante iniezioni di cortisone ho fatto per cercare di rimettermi a posto e rientrare in squadra, fino a che, dopo quattro mesi, mi sono dovuto operare comunque ed è stato difficile». Ma a sconvolgere il già fragile equilibrio di Rose sono stati anche alcuni eventi accaduti nella sua vita personale. «Mio zio si è impiccato proprio durante la mia riabilitazione, altra cosa che non sa nessuno; poi ad agosto dell'anno scorso mia mamma è stata vittima di pesanti insulti razzisti a casa, a Doncaster ed infine qualcuno è entrato a casa della mia famiglia con una pistola e ha quasi sparato in faccia a mio fratello e tutti questi episodi hanno contribuito a scatenare la mia depressione. Ero sempre nervoso e mi arrabbiavo per qualunque cosa, non volevo più giocare a calcio né fare la riabilitazione o uscire e ogni volta che dovevo farlo, quando poi tornavo a casa, mi mettevo a letto a dormire».

La salvezza. Ed è stata proprio tutta questa concatenazione di eventi a spingere il calciatore a vedere uno psichiatra e uno psicologo per farsi aiutare a rimettere a posto i pezzi del puzzle, come pure ad allontanarsi dal Tottenham per continuare la riabilitazione al St George's Park, sotto le cure della Football Association e, in particolare, del fisioterapista Steve Kemp. E alla fine di questo tormentato percorso è arrivata la convocazione per la Russia, quasi inaspettata visti i pochi minuti giocati in stagione. «So di essere stato molto fortunato ad essere stato inserito in squadra - ha concluso Rose - la Nazionale è stata la mia salvezza al mille per mille e farò il possibile per ripagare la fiducia di tutti quanti, a partire da Southgate e dallo staff medico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT