15 luglio 2018 - 23:01

Mondiali, cosa resterà di Russia 2018? Messi e Neymar i flop. Le stampelle di Tabarez

Istantanee dalla Coppa del Mondo, passando più da chi ha perso che da chi ha vinto, in un calcio comunque da rifondare. Ricordandoci anche dell’assenza dell’Italia

di Aldo Cazzullo, inviato a Mosca

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Cosa resterà del Mondiale 2018?

Innanzitutto: la stampella di Tabarez, segno della sua dignità e della sua forza morale.

Ma anche le sceneggiate di Suarez, che si conferma a ogni occasione pessima persona, e le rotolate di Neymar, che hanno offuscato la «bicicletta» e altri giochi di prestigio.

Il «geyser sound» dei tifosi islandesi, già sentito agli Europei, stavolta imitato da mezzo mondo.

Il volto impotente e stranito di Messi, che segna caterve di gol al Getafe e al Levante ma nelle partite importanti con la sua Nazionale evapora.

I tatuaggi di Sampaoli, la cresta del portiere della Corea del Sud, la tinta giallo pannocchia di Nagatomo.

La giovinezza e l’allegria delle tifose — mai così tante — censurate dalla Fifa.

La punizione di Ronaldo, il rigore (sbagliato) di Messi, gli scatti di Mbappé: i Mondiali 2018 in 10 foto
La segno, state sicuri che la segno

Il delirio di Maradona in tribuna (non c’è nessuno che gli voglia bene e lo porti via?).

I colombiani capelloni Higuita e Valderrama che passeggiano a bordo campo come due killer usciti da un film di Tarantino.

La rabbia congenita di Lukaku: «Quando segno sono un belga; quando non segno sono un belga di origine congolese».

Il panciotto del c.t. inglese Southgate, il penultimo dandy (l’ultimo è il nostro presidente del Consiglio Conte).

Le preghiere non esaudite di Salah.

L’uscita a capo chino di Sergio Ramos, killer di Salah nella finale di Champions.

L’ultima recita di don Andres Iniesta.

Lo stadio di San Pietroburgo: un disco volante atterrato tra la Neva e il golfo di Finlandia.

Il rigore del russo Smolov contro la Croazia, che tenta penosamente il cucchiaio e viene parato da Subasic da terra.

L’incongrua statua di Lenin accanto allo stand di una carta di credito.

I marabout inutilmente portati dalle squadre africane: tutte eliminate al primo turno.

Il pianto di James Rodriguez e Edinson Cavani, costretti da un infortunio a tifare invano per i compagni eliminati.

La barba a mezzo petto del difensore svedese Durmaz, perseguitato sul web per il fallo da cui è nato il gol di Kroos: se vuoi marcare la tua diversità, ti tratteranno da diverso. Bravi però i compagni a difenderlo.

Il bacio dei croati al fotografo seppellito nell’abbraccio collettivo a Mandzukic.

«God salve the Queen» intonata dagli inglesi sconfitti.

L’aquila a due teste di Xhaka, il berretto da cosacco mimato da Szyuba, le acclamazioni dello stadio Luzhniki per Putin, le grida belluine di Vida inneggianti all’Ucraina e maledicenti la Serbia: è stato anche un Mondiale politico. Per calare un velo sui dirigenti di Belgrado, che hanno paragonato la Var ai processi contro i criminali di guerra dell’ex Jugoslavia.

Spagna-Portogallo 3-3 e Francia-Argentina 4-3: partite d’altri tempi, in mezzo a tante altre giocate in trenta metri e decise da rimpalli e autogol.

Il pallone un po’ troppo leggero e le conseguenti papere dei portieri: su tutti, Caballero e il leggendario Muslera.

Il tiro da fuori di Pavard, che se ci riprova altre venti volte non gli riesce più.

I panama dei tifosi di Panama e la loro esultanza per il primo gol segnato ai Mondiali (undici quelli subiti).

L’astinenza inconsueta di Lewandowski e quella solita di Sterling, che non segna mai, ma proprio mai.

Le mamme dei francesi, in particolare quelle di Pogba e Mbappé, scatenate in tribuna.

Il tifoso peruviano, che si chiama ovviamente Miguel, ingrassato di 25 chili per aver diritto a un biglietto in quota disabili.

I tifosi messicani — moltissimi i messicani — che cantano Cielito Lindo — «Ahi ahi ahi ahi...» — lungo le strade di Mosca per la gioia dei passanti.

L’inutilità della Danimarca: ha passato il turno, è uscita ai rigori contro i croati finalisti, e non ha fatto nulla che si ricordi, tranne la gioia di Schmeichel padre per le parate del figlio.

La Russia: Paese tanto rude e faticoso, quanto bello e affascinante. I tassametri non sono ancora stati inventati, ogni corsa in taxi va contrattata; e Uber può metterti nelle mani di un pazzo. Quasi nessuno conosce una sola parola di qualsiasi lingua occidentale. Per il resto, organizzazione perfetta. E pulizia tipica dei regimi: non una cartaccia per terra.

L’Italia: gli assenti hanno sempre torto. Il calcio, con o senza Cristiano Ronaldo, è da rifondare.

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