5 luglio 2018 - 18:12

Facebook censura la Dichiarazione di Indipendenza americana per razzismo

L’algoritmo non ha riconosciuto il post come un contenuto storico e l’ha rimosso. Nel mirino la frase «selvaggi indiani senza pietà» riferita agli indiani d’america. Poi le scuse

di Michela Rovelli

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Per festeggiare il 4 luglio, l’Independence Day, una giornale con sede in Texas chiamata The Vindicator ha deciso di postare sulla sua pagina Facebook alcuni estratti di una antica copia della Dichiarazione di Indipendenza. Il documento, redatto da Thomas Jefferson, risale al 1776. Scorrendo le foto a corredo del post, gli autori si sono accorti che ne mancava una, la parte 10. Anche grazie a una notifica di Facebook, dove li informava che il contenuto violava gli standard della piattaforma. A causa di riferimenti di incitamento all’odio e razzisti.

Il problema di questo paragrafo della Dichiarazione di Indipendenza, che l’algoritmo di Facebook ha trovato non appropriato, si riduce a tre parole: «merciless Indian Savages», ovvero «indiani selvaggi senza pietà». Jefferson, nel lontano diciottesimo secolo, si riferiva così agli Indios, ancora considerati un nemico da sconfiggere e intellettualmente sottosviluppati rispetto alla popolazione bianca. Ma, come sottolinea il direttore del The Vindicator Casey Stinnett: «Sfortunatamente lui come molti altri coloni di quei tempi non avevano una grande visione dei Nativi Americani». Certo è che l’algoritmo di Facebook non è stato in grado di capire che quel testo si riferiva a un periodo storico molto lontano, ma lo ha giudicato in base al puro contenuto, estrapolandolo dal contesto. «Un robot allenato a identificare un linguaggio politicamente scorretto non è abbastanza intelligente da capire quando è parte di un significativo documento storico», ha sottolineato il vice direttore Reason Christian Britschgi.

Poco dopo Facebook si è accorto dell’errore e ha tolto la censura al post. Con tanto di scuse alla pagina: «Sembra che abbiamo sbagliato e rimosso qualcosa che ha condiviso su Facebook che non andava contro gli standard della comunità», si sono visti notificare al The Vindicator. Tutto a posto, quindi. O quasi. Rimane l’eterno problema di dare la gestione dei contenuti a un algoritmo che — in modo indipendente, ma decisamente non affidabile — può decidere cosa è accettabile permetterci di avere in bacheca e cosa no. È accaduto con fotografie storiche (ha fatto scandalo quando ha oscurato «The Terror of War», l’immagine simbolo della guerra in Vietnam), con quadri (L’Origine del Mondo di Gustave Coubet ad esempio) e ora con un documento storico. E sembra che, nonostante gli sforzi del social network, proprio non voglia imparare a distinguere arte e letteratura da insulti e pornografia.

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