19 dicembre 2018 - 12:09

Valiant Hearts: The Great War, torna il videogioco «diverso» sulla Prima Guerra Mondiale

Per il centenario dalla fine del conflitto, un’edizione più moderna graficamente e da giocare anche su Switch in versione portatile, del gioco che racconta uno dei capitoli più bui della storia

di Mario Petillo

Valiant Hearts: The Great War, torna il videogioco «diverso» sulla Prima Guerra Mondiale
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È inaspettato e tremendamente inatteso il tempismo col quale Carlo Calenda, ex ministro dello sviluppo economico, è intervenuto sull’importanza del medium videoludico in questi giorni: è curioso perché non solo l’ha fatto nel pieno del Lucca Comics & Games, la manifestazione più importante d’Italia per quanto riguarda la diffusione dei media d’intrattenimento, ma l’ha fatto anche a pochissimi giorni dal ritorno di un videogioco che quattro anni fa aveva mostrato all’intero mercato videoludico in che modo così profondo fosse possibile raccontare la storia, nello specifico la Prima Guerra Mondiale. Parliamo di uno dei capitoli più bui della nostra storia, raccontato da Valiant Hearts: The Great War, che sta per tornare in una edizione più moderna graficamente e da giocare anche in versione portatile, grazie a Nintendo Switch.

Quattro anni di storia

Valiant Hearts: The Great War nella sua versione originale era stato pubblicato nel 2014, per ricordare il centesimo anniversario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale: realizzato da Ubisoft Montpellier, il videogioco in questione era stato anche inserito nel programma commemorativo Mission due Centenaire da parte della Commissione Francese, confermando l’importanza e il valore del prodotto, che aveva come principale obiettivo quello di omaggiare i 70 milioni di persone coinvolte nello scontro del primo conflitto mondiale. La storia che si mette in (video)gioco e che quattro anni fa aveva fatto enormemente parlare di sé, anche in ambito accademico: perché nell’ottobre del 2014, a Milano, l’Università degli Studi si era mossa per celebrare l’arrivo di Valiant Hearts: The Great War su PlayStation 4, Xbox One, Pc e smartphone e tablet. La forza, d’altronde, del videogioco che partiva da un’idea di Yoan Fanise e Simon Choquet-Bottani, era sì nel raccontare la storia, ma anche nell’intenzione di approfondire il lato umano del conflitto armato: senza mai mostrare il vero nemico, Valiant Hearts ci metteva dinanzi all’unico vero avversario, ossia il concetto di Guerra. Pur concentrandosi, quindi, sul conflitto tra Francia e Germania, l’avversario ultimo è ben più grande di quanto possiamo pensare: non c’è una bandiera, non c’è uno schieramento, bensì un concetto contro il quale combattere.

Un racconto tragico ma reale

Ma quindi, cos’era e cos’è Valiant Hearts e cosa dobbiamo aspettarci dal suo ritorno su Nintendo Switch, quattro anni dopo? Quattro personaggi, quattro soldati, collegati da un filo conduttore che è rappresentato dal nostro protagonista: un cane, Wolf. L’unico ad avere gli occhi in tutto il gioco: una scelta stilistica che non può far meno di colpire e affascinare, perché l’animale a quattro zampe è l’unico che può osservare il mondo con animo candido e puro, guardando la guerra per quello che realmente è. Non capisce cosa sta accadendo perché è chiaramente estraneo al conflitto e alle dinamiche che lo hanno fatto scoppiare: osserva cercando di salvare quante più vite possibili, proprio come accadeva durante la Prima Guerra Mondiale. Una riproposizione storica che, quattro anni fa, venne definita dal Professor Alfredo Canavero, docente di storia contemporanea impegnato particolarmente sulla didattica della Prima Guerra Mondiale all’Università degli Studi di Milano, un progetto di didattica per l’appunto. Il racconto si muove dal 1914 al 1918, spostandosi dal suolo francese verso le tappe più terribili del conflitto. Le storie che si susseguono lasciano al videogiocatore la possibilità di scoprire la Guerra attraverso diversi occhi e diverse realtà: la più toccante delle vicende raccontate era sicuramente quella di un giovane soldato tedesco e una ragazza francese, separati dal conflitto poco prima delle nascita del figlio. Karl viene spedito al fronte e con lui c’è anche il padre della ragazza, Emile, pronto ad arruolarsi nell’esercito francese. La giovane ragazza resta da sola con il figlio appena nato, nelle campagne vicino St. Mihiel, ad attendere il ritorno del padre e dell’uomo amato. Ci sono le loro storie in Valiant Hearts, ma anche quella di Anna, una giovane veterinaria alla ricerca del padre rapito dai tedeschi, ma anche quella di Freddy, un americano arruolatosi nell’esercito francese perché la guerra gli ha già strappato ciò che di più caro aveva. Il tutto è raccontato senza scrupoli, per dare un senso di crudeltà all’intera vicenda, ma anche di verità: il gas cloro, le maschere realizzate con dei panni che venivano imbevuti d’urina, le trincee, l’infilarsi nei cunicoli dei campi di battaglia, il combattere le malattie, il vincere la fame: Valiant Hearts racconta gli orrori del conflitto anche con delle fotografie che mettono sotto i riflettori quanto accaduto in quei quattro anni di un conflitto atroce. Un modo diverso, interattivo e a suo modo affascinante di raccontare un capitolo della nostra storia che altrimenti si dovrebbe limitare esclusivamente ai libri scolastici.

Il miglior manifesto per il medium

Con uno stile che rassomiglia quasi a un classico dell’animazione francese, Valiant Hearts si ritrova a raccontare la Prima Guerra Mondiale mettendoci nelle mani un videogioco che richiede l’interattività, l’attenzione al gameplay, con dei momenti scanzonati, ma con altri che ci metteranno dinanzi anche a situazioni di vita quotidiana, come quando nei panni di Emile dovremo andare a scavare dei cunicoli nel fango armati esclusivamente di un mestolo; oppure ritrovarci alla guida di un taxi che Anna ha saputo rubare nella capitale e con il quale setaccia il campo di battaglia alla ricerca di feriti da salvare. Ogni sequenza, anche quella che vi terrà impegnati di più con il videogioco vero e puro, sarà al servizio della narrazione e punterà a portare avanti quella vicenda che fa da perno a tutto ciò che gira attorno. La guerra procede, anche mentre noi temporeggiamo per rispettare i dettami della giocabilità, e sotto i nostri occhi i campi di grano finiscono distrutti dai bombardamenti, dalle fucilate delle trincee e dagli assalti con le baionette: nulla si risparmia, in Valiant Hearts. Nemmeno la storia, che grazie al lavoro di Ubisoft Montpellier si ritrova raccontata in una maniera mai banale, con un vero e proprio fumetto in movimento, caratteristico in ogni sua forma e fortemente reale e tangibile. C’è la volontà di mostrare i reperti storici, le foto del fronte e tutta la documentazione che ci è stata tramandata dalla Prima Guerra Mondiale: reperti che a oggi andrebbero cercati nei musei e negli istituti che mantengono intatta la memoria del conflitto mondiale. Valiant Hearts, invece, lo fa in un’unica soluzione, con un videogioco unico, raro e prezioso, che sposa quell’aspetto didattico che in questo medium giovane, ma estremamente desideroso di mostrare le unghie, si fa sempre più forte e preponderante. Questo è il miglior manifesto in risposta a Carlo Calenda, al quale piuttosto che replicare con le parole, dire che il videogioco è un medium capace di una espressività unica, vanno preferiti i fatti. Lo dimostra anche la Storia.

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