21 maggio 2018 - 11:39

Orlando: «Pd al bivio, bisogna fermare chi si vuole alleare con Forza Italia»»

Il ministro della Giustizia al telefono con Tommaso Labate. Bonafede al suo posto? «Ha seguito le questioni della giustizia ma la pensa in maniera diametralmente opposta rispetto a me». Cambiare nome al Pd? «Non serve, dobbiamo ripensare alla rappresentatività piuttosto»

di tommaso labate

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Andrea Orlando, ministro della Giustizia, come vede Conte premier?
«L’identikit del prof. Conte lo conosco perché è un accademico noto, con un curriculum significativo dal punto di vista scientifico, dal punto di vista politico è più difficile farsi un’idea perché non ha avuto esperienza politica né diretta né indiretta: qui si tratterebbe di un passaggio dall’università alle istituzioni repentino. Più che dal professor Conte la preoccupazione deriva dalla lettura del contratto, perché sogna una serie di obiettivi demagogici con una serie di istanze oscurantiste. E questo secondo me deve essere la vera ragione della è preoccupazione, anche perché una serie di cose che indicano come obiettivo e economico e sociale non saranno realizzabili, anche se mettessero in atto uno scontro con l’Europa, e invece gli obiettivi sul fronte dei diritti, sul fronte della giustizia, sono obiettivi anche perseguibili, ma pericolos pensare che questo avvenga, perch si tratterebbe di un passo indietro di notevole portata».

La cosa che preoccupa di più Orlando?
«Più che una è che è proprio questo rapporto tra le sfere, penso che la situazione economica e sociale non possa essere risolta come indicato, e quindi credo che si ricorrerà ad un utilizzo simbolico del diritto penale, del tema dell’immigrazione, della comprensione dei diritti fondamentali. Questo mi pare il rischio più grosso: qualche traccia si trova, si minaccia di cancellare tutto ciò che è stato fatto sul fronte della giustizia per umanizzare la pena e rendere più rapido il processo, si propone di lavorare sull’immigrazione fissando un numero preciso di persone da mandare a casa. Simbolica perché irrealizzabile ma già immaginiamo un po’ di persone prese a caso e messe sugli aerei».

La palla è passata nelle scorse settimane dal Pd, si poteva evitare tutto questo?
« Io penso di sì ma questa non è più la stagione di discuterne, perché credo che la saldatura che avremmo potuto rendere più complicata tra destra e 5 Stelle, si trova in uno stato tale che determina un’evoluzione, cioè unendosi sono diventati qualcosa di diverso da quello che erano prima. Naturalmente, come sempre quando inizia un’esperienza di governo, staremo a vedere. Chi ha vinto l’assemblea del Pd? Più che vincere e perdere è cambiato un clima, perché l’ala renziana non è in grado di esprimere una linea chiara, forse anche per divisioni che esistono sulla prospettiva politica. Mi pare che dal fronte delle minoranze penso ci siano posizioni diverse ma c’è un’esigenza, che è quella di provare a costruire un’opposizione che guardi alle diseguaglianze».

Ripartire da Gentiloni?
«Non sono più per discutere di nomi, ma per guardare al partito che vogliamo costruire. Gentiloni è un punto di riferimento importante, ed è in questa fase è anche una figura che è in grado di superare un problema, cioè il fatto che noi abbiamo un partito con un consenso che va in una direzione un rapporto difficile con la società nel suo insieme. Gentiloni è in grado di tenere insieme le due cose, ma questo non è sufficiente, la transizione va usata in pochissimo tempo per sciogliere il nodo, come costruire un’opposizione al populismo e recuperare i voti che sono andati a loro. E questo non lo possiamo fare rimanendo nel limbo, o si ricostruisce una dialettica tra destra e sinistra, o si costruisce in qualche modo un blocco che si dice antipopulista ma che in realtà si colloca nel centro, costruisce un asse con Forza Italia e in qualche modo prefigura un partito che rappresenta le fasce incluse della società».

Un’opposizione congiunta con Forza Italia?
« Sui temi dei diritti chiunque è disponibile a opporsi va incrociati. Ma noi vogliamo fare un partito alla Macron, che raccolga un pezzo di destra moderata e sinistra moderata e rappresenta la parte più integrata della società, oppure vogliamo ricostruire un centrosinistra che guarda alla diseguaglianza sociale? Sono strade diverse e ognuna ha la sua ragionevolezza, credo che la primi rischi di agevolare tra grillini e destra».

Il piano di Renzi è quello di andare verso il partito unico con Fi?
«Non lo so, leggo che ci sono giornali che suggeriscono questa evoluzione, la trovo nel novero delle possibilità, ma la considero sbagliata perché temo che rischi di accentuare la saldatura tra populisti e destra, e poi l’Italia non è la Francia, quindi sinceramente la trovo velleitaria. Credo che anche nell’ala renziana ci siano perplessità rispetto a questa linea ma anche spinte in questa direzione: sarà interessante capire come si scioglie questo nodo, ma è un dibattito assolutamente legittimo».

Il Pd deve valutare anche l’idea di cambiare nome?
«No, credo che la crisi dei partiti derivi proprio dal fatto che i partiti non sono riusciti ad esercitare la loro funzione. Non cambierei il nome al Pd ma mi porrei il tema di come si allarga e come si amplia la democrazia rappresentativa anche con altre forme di partecipazione. Alfonso Bonafede alla Giustizia al suo posto, coma la vede? E’ una persona che ha seguito i temi della giustizia, che ha idee opposte rispetto a me, ma questo fa parte della dialettica democratica, mi sembra corretto attendere che sia ministro prima di esprimere un giudizio».

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