21 ottobre 2018 - 07:07

Juventus, ultrà, ‘ndrangheta: le intercettazioni su «Report»

L’anticipazione dell’inchiesta di Report

di Renato Franco

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Non è ancora andata in onda, ma fa già discutere da giorni. La prima inchiesta di Report (ogni lunedì su Rai3 alle 21.15) mette sotto la lente di ingrandimento la Juventus: secondo la ricostruzione del programma sotto scudetti e vittorie ci sarebbe un mondo opaco di rapporti tra dirigenti bianconeri, ultrà e ‘ndrangheta, un sistema di bagarinaggio e legami con la criminalità organizzata che vale milioni di euro in nero.

«Il calcio viene sempre raccontato con i toni dell’epica e della tragedia — spiega Sigrfido Ranucci, volto e mente di Report —, il romanzo sportivo nasconde sempre tutto. Ma il calcio si è snaturato ormai da tempo, il tifoso è diventato cliente, il business è cresciuto in modo incredibile, ed è inevitabile che arrivino anche le infiltrazioni della criminalità organizzata». Il bagarinaggio è fonte di veri guadagni: «Si parla di 1 milione e mezzo di euro che vanno a singoli gruppi di ultrà. Tutto in nero, esentasse. Va a finire che questa gente la trovi nelle liste del reddito di cittadinanza». Paradosso amaro di un Paese in cui «lo stadio è zona franca. Noi metteremo insieme i tasselli di un mosaico frammentato: il mostro si è intuito, noi lo mostreremo intero».

Al centro della puntata ci sono anche intercettazioni e testimonianze indite. Si parlerà del misterioso suicidio di Raffaello Bucci «ex ultrà accusato di riciclaggio, assunto come elemento di contatto tra dirigenza, forze dell’ordine e gruppi della tifoseria i cui leader fanno capo alla criminalità organizzata».

Nella prima puntata si rivela la connection di Luca Parnasi, l’uomo che voleva costruire lo stadio della Roma. Un sistema che il costruttore avrebbe alimentato, secondo le accuse, con tentativi di corruzione e finanziamenti a fondazioni riferibili a Lega e Pd. Non solo calcio, però, perché in questa stagione le inchieste di Report toccheranno anche i finanziamenti pubblici all’editoria, il crollo del ponte di Genova, il male e il futuro della sanità, l’evasione da 6 miliardi di iva di grandi aziende petrolifere.

In epoca di social media il passo lungo dell’inchiesta fa più fatica ad attecchire sull’attenzione brevilinea delle nostre coscienze? «I messaggi diretti dei leader politici sono diventati un aspetto nefasto del mondo della comunicazione di oggi. Ci invadono di video e selfie sui social senza possibilità di contraddittorio. Gliene ho mandato uno anche io, ma non mi hanno mai risposto».

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