20 febbraio 2019 - 21:53

Melegnano, un’altra scritta razzista contro Bakary. Il papà: «Vorrei parlare con la persona che le ha fatte»

La famiglia del giovane di origine senegalese ha chiesto al ministro dell’Interno Salvini di condannare quanto è accaduto

di Annalisa Grandi e Francesco Gastaldi

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Melegnano (Milano) «All’inizio pensava a uno scherzo, ora inizia ad avere paura». Lorenzo ha 27 anni ed è il fratello maggiore di Bakary Dandio, che di anni ne ha 21 e da tre vive a Melegnano, con la famiglia che lo ha adottato. In Italia ci era arrivato 5 anni fa, dal Senegal, con un barcone. Fino a qualche giorno fa la sua era una bella storia di integrazione, poi sono comparse quelle scritte davanti al cortile dove vive. Prima «Pagate per questi negri di m...», poi «Ammazza al negar», con una svastica.

Due episodi a distanza di pochi giorni che hanno fatto scoppiare il caso Melegnano. Paolo Pozzi e Angela Bedoni, i genitori di Bakary, sono molto conosciuti in questa cittadina a sud di Milano. Lui fa l’educatore in un Sert, lei l’insegnante. Nel 2004 la loro vita era stata sconvolta dalla tragedia della figlia Lucia, 17 anni, morta la notte di Natale, falciata da un Suv mentre era sul marciapiede a festeggiare con le amiche. A Melegnano tutti si erano stretti intorno a Paolo e Angela. Che oggi, a distanza di quindici anni, si trovano a fare i conti con il razzismo contro quel ragazzo che da ottobre è ufficialmente loro figlio.

Bakary l’hanno conosciuto nel centro di accoglienza dove facevano volontariato, lei insegnava italiano e lui arteterapia. Un ragazzo schivo, che era subito entrato nel cuore di entrambi. «Era arrivato in Italia come rifugiato — racconta al Corriere il papà Paolo —, ma rischiava di finire in un dormitorio. Si è rivolto a un sacerdote e noi abbiamo dato la nostra disponibilità ad accoglierlo temporaneamente. Poi le cose sono andate diversamente, insomma ci siamo piaciuti». Di lì la decisione di portare avanti l’iter per l’adozione. Intanto Bakary studia, fa sport, vince gare di atletica con la squadra del Melegnano. Una vita normale, forse anche felice. «Ma quando ha visto questa seconda scritta sul muro del cortile si è spaventato — continua il papà — anche perché stavolta c’è una minaccia, non solo un insulto razzista. Ci fa rabbia che un ragazzo che lotta per trovare un nuovo equilibrio poi rischi di perderlo perché qualcuno decide di scrivere una cosa del genere». «Bakary ne ha già passate tante, nel suo Paese prima e poi in Libia», sospira la mamma.

«A Melegnano finora non era mai avvenuto niente di simile, nessuno aveva mai rivolto insulti razzisti a nostro figlio, anzi è stato accolto bene. Ha tanti progetti, vuole finire la terza media, continuare con il calcio e l’atletica: ha vinto i campionati nazionali della sua categoria, non ha intenzione di arrendersi». Non si sono arresi neanche i suoi genitori, che per la seconda volta hanno presentato denuncia per le scritte razziste. «In questi anni, dopo la tragedia di Lucia, abbiamo provato a lasciare un mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato. Purtroppo c’è chi, anche tra i politici, ha voluto trasformare l’immigrazione in un problema mettendo in difficoltà tante famiglie come la nostra. Al ministro Salvini chiediamo che condanni quanto avvenuto perché la violenza nasce anche da episodi come questo».

In serata Salvini ha risposto. «Rispetto il dolore di una mamma, abbraccio suo figlio e condanno ogni episodio di razzismo — ha detto —. Ma la signora rispetti la richiesta di sicurezza e legalità che arriva dagli italiani: bloccare gli scafisti e fermare l’immigrazione clandestina non è razzismo o tantomeno fascismo».

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