«Cameyi è morta? È proprio lei? No, non può essere. Prego Allah»

2 Minuti di Lettura
Venerdì 30 Marzo 2018, 05:04
LA FAMIGLIA
ANCONA Piange, si dispera e stringe tra le mani la foto della figlia scomparsa otto anni fa. «Spero non sia lei. Prego Allah che non lo sia», ripete in un italiano stentato tra le lacrime e il dolore Fatema Begum, la mamma di Cameyi Mosammet, la 15enne bengalese il cui destino potrebbe essere legato al ritrovamento delle ossa umane a pochi metri dall'Hotel House di Porto Recanati, dove la minorenne era stata immortalata da alcune telecamere all'epoca delle indagini.
La scoperta macabra fatta mercoledì mattina potrebbe coincidere con la fine dei punti interrogativi che dal 2010 costellano la vita dei familiari di Cameyi. Fatema non ha mai perso la speranza di ritrovare sua figlia viva. Proprio per questo, quando mercoledì Silvia Mainardi ed Elisabetta Micciarelli, docente e dirigente delle scuole Marconi frequentate all'epoca dalla 15enne, le hanno paventato la possibilità del ritrovamento di Cameyi, è scoppiata a piangere. Un pianto disperato e inconsolabile. «È morta? È proprio lei?» chiedeva insistentemente anche ieri, rannicchiata nel suo appartamento di via Petrarca, dove vive con i suoi tre figli, due maggiorenni e uno ancora minorenne, dopo la morte del marito, avvenuta a pochi mesi dalla scomparsa della 15enne.
Un pensiero fisso
Fatema parla poco la nostra lingua, ogni pensiero è per Cameyi. Conserva i suoi vestiti, gli oggetti personali, i libri di scuola. Tutti in scatole relegate in cantina. Mostra le foto della figlia, fin da quando era piccina. Stringe una delle ultime, quella che nel 2010 aveva fatto il giro d'Italia per segnalare la scomparsa della minore. «Non conosceva nessuno fuori da Ancona» dice grazie a un'interprete. «Non può essere tornata in Bangladesh, il suo passaporto lo aveva subito preso la questura». Le forze dell'ordine, nelle ultime 24 ore, non hanno bussato alla porta della famiglia Mosammet. Il dna dei componenti era stato prelevato nel 2010 per una eventuale comparazione con quello della 15enne. «Pensiamo possa trattarsi di Cameyi» sospira il 28enne Asik, raggiunto al telefono. È lui, il figlio più grande, a prendersi cura della famiglia, lavorando saltuariamente al cantiere. I suoi fratelli hanno 21 e 17 anni. Studiano e anche loro aspettano notizie.
E le attende l'associazione Penelope che dal 2010 segue i Mosammet, offrendo assistenza legale e supporto psicologico. La presidente Giorgia Isidori: «Bisogna attendere gli accertamenti sul dna. Se dovessero essere positivi, dovremo capire cosa è stato fatto e cosa non è stato fatto in questo periodo, interrogandoci se la zona dove sono state trovate le ossa era stata veramente battuta palmo a palmo all'epoca delle indagini».
Federica Serfilippi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA