LA SERA ANDAVAMO A PALAZZO GRAZIOLI – CECCARELLI: "DA PUTIN CHE LANCIAVA LA PALLINA A DUDÙ FINO ALLE RAGAZZE CON LE FARFALLINE, LA MAGIONE ROMANA DEL CAV È STATO IL SIMBOLO DELL'ASCESA E POI DELLA CADUTA DI BERLUSCONI" – LA FEROCE LITE VERDINI-BRUNETTA: “SE CONTINUI, TI SPUTO IN FACCIA” E IL BERLUSCA: “SIGNORI, VI RICORDO CHE SIETE A CASA MIA”, L'ENORME TORTA DI COMPLEANNO FATTA RECAPITARE DA LELE MORA DA CUI SPUNTÒ FUORI UNA VISTOSA MODELLA POLACCA E L'INTERMINABILE BARZELLETTA SULLA “MELA CHE SA DI FICA” – IL LIBRO

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Filippo Ceccarelli per “il Venerdì - la Repubblica” - Estratti

 

palazzo grazioli palazzo grazioli

Però siccome a Roma anche le pietre hanno un'anima, e quest'anima a sua volta s'identifica con quella di chi abita fra quelle mura di pietra, ecco che alla fine Palazzo Grazioli era diventato stanco e un po' triste, polveroso e addirittura tetro come può sembrarlo un edificio cinquecentesco che ne ha viste tante. 

 

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E tuttavia fra i berlusconologi accreditati ancora regna la più aggrovigliata incertezza sulla data cui far risalire il declino di quel luogo. Per alcuni fu quando, la sera del 12 novembre 2011, mentre il Cavaliere andava a dimettersi al Quirinale, Valerio Staffelli attraversò la bolgia sospingendo un tapirone king size con la pretesa che fosse accolto nella residenza sulla quale s'era incardinato il ciclo del potere berlusconiano.

 

palazzo grazioli selfie nei bagni palazzo grazioli selfie nei bagni

Per quanto festoso, quella sera l'ingorgo umano davanti a Palazzo Grazioli destava preoccupazione, al punto che il prefetto di Roma, giunto in incognito, ordinò di evacuare discretamente gli appartamenti presidenziali facendo defluire il personale dall'uscita posteriore, per paura di un saccheggio.

 

Altri appassionati della materia fanno invece risalire il tramonto della magione alla decadenza del suo illustre affittuario dal Parlamento, sempre a novembre ma del 2013. Da poco s'era letto che il Cavaliere era moroso, incredibile a dirsi, forse perché chi aveva il compito di saldare la mensilità l'aveva mollato abbracciando l'ambigua collocazione di Alfano, proclamatosi nel frattempo "diversamente berlusconiano".

 

palazzo grazioli selfie nei bagni palazzo grazioli selfie nei bagni

Era il tempo di Dudù che imbruttiva Capezzone e si precipitava ad acchiappare la palletta lanciatagli da Putin. Il Cerchio magico dominava quelle stanze purificate dalle cene eleganti delle farfalline e dagli archeo-selfie delle ragazze-immagine nel bagno del Cavaliere.

 

Fatto sta che venne improvvisato un comizio lì sotto; Berlusconi pianse calde lacrime miste a rabbiosi spropositi d'immortalità, «io non muoio nemmeno se mi uccidono».

Faceva un freddo cane, ma lui si presentò dal palchetto con giacca e maglioncino a girocollo, la solita uniforme per dimostrare termica imperturbabilità ed eterna gioventù.

Ma proprio quella volta, grazie a un binocolo, si scoprì che sotto il Cavaliere indossava qualcosa di strano, forse una muta da sub o magari un giubbotto anti-proiettile: sia l'una che l'altra ipotesi segnalavano come tutto comunque stesse scivolando ormai su un piano inclinato.

 

berlusconi berlusconi

Palazzo Grazioli, oltretutto, era sempre stato un posto molto vivo e perfino ridente nella sua stralunata varietà di situazioni e personaggi che via via, da Loredana Lecciso a don Benzi (con due ex prostitute dell'Est), da Bud Spencer all'Ape regina, dai capi di Stato esteri alla nuora del senatore Razzi, vi mettevano piede.

 

Della fantasmagorica ospitalità e di parecchio altro ancora è fedele testimonianza il recentissimo volume Presidente, una battuta (Marlin) di Vittorio Amato e Giovanni Lamberti, due ormai ex "ragazzi di via del Plebiscito" che per dovere giornalistico, ma anche con grande divertimento e ora con nostalgia, giorno e notte, col gelo e sotto il solleone, hanno presidiato per anni Palazzo Grazioli bonariamente descrivendone la rutilante epopea.

 

Chi l'ha vissuta da lontano e di sguincio, ma con diligente nevrosi accumulativa, si trova oggi in imbarazzo a selezionare quelle che nella sua memoria potrebbero considerarsi le sfavillanti pietre miliari di un percorso cui forse è ancora troppo presto per dare un senso. La "notte barocca" o "casino della libertà", che all'inizio degli anni duemila vide allestire lì il più affollato vertice di maggioranza della storia politica italiana.

 

berlusconi putin berlusconi putin

Oppure l'interminabile barzelletta sulla «mela che sa di fica» che il Cavaliere recitò ex cathedra, a due voci e diverse intonazioni dialettali, dinanzi ad alcuni sindaci con fascia tricolore; il tutto avveniva nel "Parlamentino" che Berlusconi si era fatto costruire e attrezzare al pianterreno con tribunette su misura dall'architetto Pes; e per estremo salto nel vuoto, sopra la sua testa c'era una riproduzione de Il buon governo di Ambrogio Lorenzetti.

 

Ancora: la feroce lite Verdini-Brunetta, con Bossi all'ingresso che sentiva le urla rimbombare in sala da pranzo: «Se continui, ti sputo in faccia!» gridava il toscanone, mentre il piccolo, ma pugnace veneziano gli si scagliava contro, fino a quando il Cavaliere non riuscì a sedare la rissa grazie all'accorato appello: «Signori vi ricordo che siete a casa mia». Come pure l'assalto dei Centri sociali con due secchioni di letame o l'enorme torta di compleanno fatta recapitare da Lele Mora da cui spuntò fuori – Happy birthday, Mr President! – una vistosa modella polacca in seguito convertitasi e che oggi fa la volontaria al santuario di Medjugorje.

berlusconi pascale berlusconi pascale

 

Molte storie, diverse leggende, troppe visioni e anche alcune allucinazioni sono, a ripensarci, così belle che sembrano inventate per un soggetto cinematografico. Il circo felliniano sotto Palazzo Grazioli, pieno di matti in costume, Superman, il Messicano, er Pomata, i sosia, non uno, ma due tentativi di autocombustione per protesta, la piccola monaca che recapitava in portineria una busta con su scritto "confidential"; la Gatta egizia di marmo sul cornicione sotto la finestra dell'ufficio della segretaria Marinella e il vero gatto Miele che giocava con un sorcio meccanico cui il Cavaliere ai tempi della "spallata" aveva dato nome Romano, inteso come Prodi.

 

berlusconi palazzo grazioli 8 berlusconi palazzo grazioli 8

I giornalisti schiacciati all'angolo quando usciva qualche blindata e l'urlo: «Attenti ai piedi!»; la Ferrari dell'editore Angelucci che sgommava nel cortile, tra le magnolie dietro cui nottetempo si nascondeva, in attesa che gli ultimi ospiti se ne fossero andati, l'onorevole e magistrato Ferri, detto "il Geco".

 

E però a una certa, come si dice a Roma, basta. 

 

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