5 maggio 2024
Aggiornato 12:30
Terrorismo islamico

Il piano di Al Baghdadi per proseguire la Jihad in Europa e fare della Libia la nuova capitale dell'Isis

Lo sceicco Abu Bakr al Baghdadi, il leader dello Stato Islamico, ha scritto una serie di lettere nelle quali affida i suoi ordini allo stato maggiore dell'Isis

Lo sceicco Abu Bakr al Baghdadi, il leader dello Stato Islamico
Lo sceicco Abu Bakr al Baghdadi, il leader dello Stato Islamico Foto: ANSA/ WEB YOUTUBE ANSA

SIRTE - La Libia come nuova capitale per la Jihad targata Isis dopo le pesanti sconfitte subite di recente in Iraq e Siria. Sarebbe questo, il piano del leader dello Stato Islamico, lo sceicco Abu Bakr al Baghdadi, emerso da una serie di missive scritte di recente dallo stesso Califfo e visionate dal quotidiano panarabo al Sharq al Awsat, il quale afferma che i documenti sono stati sequestrati nei quartier generali dell'Isis in diverse parti della Libia. Ordini perentori ai combattenti sconfitti in Iraq e Siria di riorganizzarsi nel Sud della Libia, per attaccare Egitto, Tunisia e Algeria; severi moniti ai suoi seguaci nel Paese Nord africano di non fidarsi dai jihadisti nel Sinai egiziano; aiuti ai "fratelli" nel Mali; insistenti raccomandazioni per arruolare i bambini per creare una «nuova generazione» della Jihad globale. Sono solo alcune delle direttive del Califfo che sarebbe «ancora in vita», dalle quali emerge anche che al Baghdadi è o era in contatto con le cellule dormienti in Europa. Ma ecco punto per punto di questo emerge da questi documenti come spiegati dal quotidiano di proprietà saudita:

Le lettere e le date
«Asharq Al-Awsat ha visionato documenti sequestrati nei quartier generali dell'Isis in diverse parti della Libia, comprendenti lettere di al-Baghdadi a 13 dei suoi più alti collaboratori in Libia, alcune delle quali datate alla fine dello scorso anno, le più recenti alcune settimane fa», si legge sul sito online del giornale, precisando che i documenti sono in mano di «diverse autorità libiche ma anche dei leader del Gruppo Combattente libico», la filiale di al Qaeda nel Paese. Il giornale specifica che attualmente i documenti sono nelle mani sia delle forze che fanno a capo del governo d'Accordo nazionale guidato da Faez al Sarraj che da quelle dei loro rivali del generale Khalifa Haftar;

Chi ha trovato il "tesoro"
A mettere per primo su queste lettere definite «un tesoro», sono stati i jihadisti di al Qaeda in un «covo dell'Isis segnalato in una zona intensamente abitata» a Tripoli. Il giornale afferma che il nascondiglio si trovava «in una zona intensamente abitata tra Via Qarchi che si trovano sul litorale e il raccordo circolare di Tripoli». Segnalazione che sarebbe giunta «poche settimane dopo la caduta di Sirte", avvenuta nel dicembre del 2016. Nel «covo» si sarebbe svolta una riunione alla quale avrebbe parecipato 7 alti responsabili dell'Isis libica: due tunisini, due egiziani, un libanese, un algerino e un sudanese provenienti da Zuwara, al Zawia e Sabrahata a ovest della capitale. Al termine dell'incontro, i jihadisti di al Qaeda - secondo il giornale - hanno fatto irruzione dentro il covo arrestando «il proprietario dell'appartamento sudanese» e sequestrando «computer e documenti tra i quali le lettere di al Baghdadi».

Il nuovo stato maggiore dell'Isis
Poco prima della «caduta di Sirte», al Baghdadi avrebbe convocato in Siria il suo luogotenente, un iracheno di origini libiche indicato con il nome «Al Madhuni». E questi, accompagnato da altri 13 alti responsabili dell'Isis libica avrebbero raggiunto la Siria «via Tunisia poi la Turchia». Due mesi dopo al Baghdadi avrebbe inviato in Libia, lo stesso gruppo trattenendo però al Madhuni. Il giornale indica nomi e nazionalità del «nuovo stato maggiore": Hassan, libico e capo delle Brigate al hamza; Abdul Qader, marocchino, Fahmi e Makkawi, egiziani; Abu Haidera e El Euni, tunisini. Ed è proprio a questo gruppo, raccomandato a concentrarsi «nel sud della Libia», che sarebbero indirizzate le missive del Califfo.

L'ordine di decapitare titubanti e traditori
Un al Baghdadi tutt'altro che rassegnato alla sconfitta che ordina ai suoi seguaci libici di «tagliare le teste a titubanti e traditori». Ad alcuni capi locali dell'organizzazione che chiedevano di rivedere la strategia del terrore con decapitazioni e esecuzioni, il Califfo scrive: «Questa illusione non ha una briciola di verità", e avverte «sappiate che i nemici ci circondano da tutte le parti. La guerra è una situazione di emergenza che richiede la mobilitazione e la chiamata alla Jihad con tutti i mezzi morali e materiali perchè non posso accogliere chi vuole uccidermi con fiori e espressioni di benvenuto». Non avere compreso i cambiamenti avvenuti nel mondo, avrebbe determinato le sconfitte dell'Isis. E' la frase che indica una prima autocritica del Califfo: «Quello che sta avvenendo contro di noi in Siria e Iraq è una guerra imposta dai cambiamenti avvenuti nel mondo. Avremmo dovuto comprendere che i cambiamenti sono un fenomeno universale e non esiste sempre una posizione ferma e costante. Ma è difficile prevedere il futuro», scrive al Baghdadi senza precisare a quali cambiamenti si riferisce.

Prossima base della Jihad: la Libia
«Il prossimo campo di battaglia per la nostra Jihad sarà la Libia», scrive in un'altra missiva al Baghdadi per il quale il Paese Nord africano «sarà il prossimo Califfato dell'Islam dal quale sarà sventolato il vessillo della Jihad in Egitto, Tunisia e Algeria».Per il Califfo infatti la Libia «è strategica, soprattutto nel su meridione dove un esteso deserto, montagne e vallate rendono difficile agli aerei controllare il territorio». Ed è proprio nel Sud libico che sono stati segnalati arrivi di combattenti dell'Isis fuggiti dalla Siria e dall'Iraq, come ricorda al Sharq al Awsat. Come proseguire gli attacchi in Europa, è una questione che interessa molto il Califfo, per il quale migrare nel vecchio continente non è altro che «la prosecuzione della Jihad».

La prosecuzione della Jihad in Europa
In una delle lettere al Baghdadi conferma infatti che i suoi conoscono piuttosto bene quel che avviene sulle due sponde del mediterraneo ed anche gli attentati terroristici avvenuti in Europa. «I nostri Mujahddin in Turchia e Francia - scrive in una missiva - sanno quello che devono fare. Se le nostre comunicazioni con loro vengono interrotte, sapranno valutare la loro situazione ed il risultato di quello che fanno è affare loro». Poi sulla migrazione clandestina in Europa aggiunge: «Migriamo dalla terra dell'Iraq e della Siria non per amore della migrazione, né per timore della morte in quei posti, ma per la prosecuzione della Jihad e per elevare la nostra bandiera».

L'arruolamento dei nuovi bambini combattenti
In una delle sue numerose missive, il Califfo chiede ai suoi di dedicare particolare attenzione all'arruolamento di bambini, in quanto fondamentali per «creare una nuova generazione» destinata ad alzare la bandiera della Jihad globale ed evitare così la «scomparsa» dell'Isis.. Riferendosi alla presenza di bambini per assistere alle esecuzioni dei jihadisti, al Baghdadi scrive: «Questo rientra nell'ambito dell'educazione generale alla fede (...) e per insegnare loro la forza e la durezza, al fine di diventare il fondamento dell'organizzazione in futuro. Se non ci occupiamo dei piccoli e di allevarli con questo spirito (...) il nostro gruppo sparirà, perchè il nemico ci ha colpito molto rendendo necessaria la preparazione di una nuova generazione per alzare la nostra bandiera», spiega il Califfo in una delle lettere visionate dal quotidiano.