29 aprile 2024
Aggiornato 17:00
Siria

La decisione di Trump scuote gli equilibri internazionali: via dalla Siria, tocca ad altri combattere

Gli Stati Uniti si ritireranno «il più velocemente possibile»: un ritiro «completo» e «rapido» delle truppe

Il presidente Usa Donald Trump
Il presidente Usa Donald Trump Foto: Michael Reynolds ANSA/EPA

WASHINGTON - Gli Stati Uniti si ritireranno «il più velocemente possibile»: un ritiro «completo» e «rapido» delle truppe. Questo quanto dichiarato da un funzionario Usa all'agenzia Afp, in condizione di anonimato, dopo le indiscrezioni su un imminente ritiro dal Nord-Est del Paese e l'indiretta conferma da parte del presidente Donald Trump, che ha citato in un tweet l'avvenuta sconfitta dell'Isis, ovvero la ragione per cui gli americani hanno inviato delle forze in Siria. Non solo: Trump avrebbe deciso di ritirare metà delle truppe di stanza in Afghanistan: 7mila uomini, riportano i media statunitensi, inizieranno a rientrare «nelle prossime settimane». «È tempo per gli altri a combattere» twitta. «Garantiremo una protezione delle forze in modo adeguato», ha affermato la fonte, sottolineando che si tratterà di «un totale ritiro». Trump ha scritto che il ritiro dalla Siria «non è una sorpresa. Ho fatto campagna su questo per anni e, sei mesi fa, quando ho detto pubblicamente di volerlo fare, ho acconsentito a restare più a lungo. Russia, Iran, Siria e altri sono i nemici locali dell'Isis. Stavamo facendo il loro lavoro. È ora di tornare a casa e ricostruire #MAGA (Make America Great Again)», il suo slogan, ovvero 'rendiamo di nuovo grande l'America.

Ritiro rapido

In precedenza, il Pentagono aveva perorato la causa di una più lunga permanenza militare americana in Siria, sostenendo che bisognava impedire un tentativo dei jihadisti di riprendere il possesso della regione, ma Trump ha segnalato più volte la volontà di riportare le truppe a casa dal Paese mediorientale appena possibile. «Abbiamo sconfitto l'Isis in Siria, il mio unico motivo per rimanere lì durante la presidenza Trump» ha scritto su Twitter The Donald, che in pieno stile patriottico a stelle e strisce ha assicurato: «Ora riportiamo i nostri ragazzi casa». «Gli Stati Uniti vogliono essere i poliziotti del Medio Oriente, non ottenendo nulla ma spendendo vite preziose e migliaia di miliardi di dollari per proteggere chi, nella maggior parte dei casi, non apprezza quello che facciamo? Vogliamo star lì per sempre? È tempo per gli altri di combattere» dice Trump senza mezze misure. Russia, Iran, Siria e molti altri «non sono felici» che gli Stati Uniti se ne vadano, «nonostante quello che dicono le fake news», perché ora dovranno combattere l'Isis e altri, «che odiano, senza di noi». E ancora: «Sto costruendo il più potente esercito del mondo, di gran lunga. L'Isis è spacciato».

2mila uomini

Il primo invio di militari Usa in Siria risale alla fine del 2015, con l'arrivo di un piccolo contingente di forze speciali, poi nei mesi successivi sono stati inviati altri uomini, per un totale stimato a circa 2mila unità complessive. In una brusca inversione di marcia, dunque, l'esercito «sta preparando» il ritiro delle sue forze dalla Siria nord-orientale. Secondo il Wall Street Journal, che cita fonti «a conoscenza della questione», si tratta di «una mossa che getta in subbuglio la strategia americana in Medio Oriente». Funzionari Usa avrebbero già «cominciato a informare i loro partner» nel Nordest siriano.

L'operazione turca

La decisione della Casa Bianca seguirebbe una telefonata della settimana scorsa tra il presidente americano e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan, che avrebbe minacciato di lanciare un'offensiva contro le forze curde siriane (SDF) sostenute dagli Usa e impegnate nella guerra contro i jihadisti dello Stato Islamico nell'Est della Siria. La settimana scorsa, il presidente turco Erdogan aveva annunciato che le «forze armate turche lanceranno a giorni una operazione militare ad Est dell'Eufrate», il grande fiume che divide in due la Siria, sottolineando che le truppe di Ankara «non prenderanno di mira le forze Usa presenti». Le forze democratiche siriane (SDF) sono un'alleanza guidata dalle Unita di Difesa del Popolo curdo (Ypg), che Ankara considera un gruppo terroristico e un'estensione in Siria del PKK, Partito - fuori legge per la Turchia - dei Lavoratori del Kurdistan turco.

I curdi pronti a rilasciare migliaia di combattenti Isis

Ora, le forze curde starebbero «discutendo seriamente» il rilascio di circa 3.200 combattenti stranieri dell'Isis e loro famigliari, secondo quanto rivela l'Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con sede a Londra che conta su una estesa rete di attivisti in tutto il Paese, che cita «diverse fonti degne di fiducia». I comandi politici e militari delle forze democratiche siriane (SDF, alleanza curda-araba sostenuta da Washington fino a ieri) «hanno tenuto una lunga riunione discutendo seriamente il rilascio di migliaia di elementi dell'Isis e di loro famigliari detenuti in carceri e campi profughi dell'SDF» dichiarano le fonti. Che hanno anche assicurato all'Osservatorio che si tratterebbe di «2.080 tra donne e bambini di 44 nazionalità non siriane e di circa 1.100» foreign fighter. L'ong riferisce inoltre che «la totalità dei paesi d'origine di questi foreign fighters, ad eccezione di un solo stato», si sarebbero rifiutati di rimpatriare i loro cittadini. Nel caso del via all'annunciata operazione turca contro le forze curde siriane, «l'SDF ritirerà tutti i suoi combattenti dai fronti con l'Isis e li trasferirirà a linee avanzate per affrontare l'esercito turco e le fazioni ribelle (siriane) che li sostengono».

«Cane pazzo» Mattis lascia

Non a tutti piace la decisione di Trump. «Cane pazzo» Jim Mattis, segretario alla Difesa, si è dimesso: secondo lui il lavoro in Siria non sarebbe finito, riporta il Washington Post. Il capo del Pentagono avrebbe cercato di spiegare a Trump che così ci saranno maggiore caos nella regione e futuri problemi per gli Stati Uniti. Ma a poco è servito. «Il presidente ha il diritto di avere un segretario della Difesa le cui vedute siano meglio allineate con le sue», ha scritto nella lettera di dimissioni consegnata alla Casa Bianca. «Credo sia meglio per me fare un passo indietro», ha scritto l’ex generale, sottolineando che dovrebbe esserci un «approccio non ambiguo» nei confronti di avversari come Cina e Russia. «Una convinzione fondamentale che ho sempre sostenuto è che la nostra forza come nazione è inestricabilmente legata alla forza del nostro sistema unico e completo di alleanze e partnership», ha detto riferendosi alla coalizione di 74 nazioni che combatte lo Stato islamico in Siria e Iraq. «Mentre gli Stati Uniti rimangono una nazione indispensabile nel mondo libero, non possiamo proteggere i nostri interessi o servire efficacemente questo ruolo senza mantenere forti alleanze e mostrare rispetto verso quegli alleati», ha continuato. Replica via Twitter il tycoon a capo degli Usa: «Il generale Jim Mattis sarà in pensione, con merito, alla fine di febbraio, dopo aver servito la mia amministrazione come segretario della Difesa negli ultimi due anni. Durante il mandato di Jim enormi progressi sono stati compiuti, soprattutto per quanto riguarda l’acquisto di nuovi equipaggiamenti».

L'appoggio di Putin. Netanyahu: «Ci difenderemo da soli»

Sul fronte internazionale il presidente russo Vladimir Putin ha plaudito al presidente statunitense: «Donald ha ragione». «Non vediamo segnali di ritiro delle truppe americane, ma ammettiamo che questo è possibile, soprattutto dal momento che stiamo percorrendo la via di una soluzione politica» del conflitto con la creazione di un Comitato costituzionale e, in questo senso, «la presenza delle forze statunitensi non è necessaria». Intanto Erdogan ha incontrato il suo omologo iraniano Hassan Rohani ad Ankara. A centro dei colloqui, che erano stati organizzati prima dell'annuncio di Donald Trump di ritirare le truppe Usa dalla Siria, la questione siriana. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato invece che Israele saprà difendersi da sola. «Studieremo il loro calendario, i loro metodi operativi e le ricadute che ci riguardano ma, in ogni modo, sapremo come proteggere la sicurezza di Israele e come difenderci».

Germania e Francia resteranno

Il ritiro unilaterale delle truppe americane dalla Siria rischia di nuocere alla guerra contro l'Isis e di «mettere a repentaglio i successi già conseguiti» contro l'organizzazione jihadista, ha commentato invece la diplomazia tedesca. «Non siamo i soli a trovare sorprendente il netto cambiamento di politica della parte americana. L'Isis si è ritirato ma la minaccia non è finita», ha detto in un breve comunicato il ministro degli Esteri Heiko Maas il cui Paese partecipa alla coalizione internazionale impegnata contro i jihadisti in Siria. «Il rischio è che le conseguenze dei questa decisione nuocciano alla lotta contro l'Isis», ha aggiunto, sottolineando che il gruppo islamista è «sempre attivo nell'Est della Siria». «La guerra all'Isis si decide a lungo termine militarmente ma anche civilmente», secondo Maas, che propone «sicurezza e ordine politico» per stabilizzare la Siria. La Francia «resta» militarmente impegnata in Siria, ha fatto sapere infine la ministra degli Affari europei Nathalie Loiseau. «Per il momento, noi restiamo in Siria».