28 aprile 2024
Aggiornato 14:30
Politica

Case popolari prima agli italiani: stavolta la figuraccia la fa il Pd

La norma della Liguria stoppata perché «anticostituzionale». Il Pd esulta. E allora perché a Firenze il sindaco dem Nardella sta provando a imitarla?

Dario Nardella e Matteo Renzi a Firenze
Dario Nardella e Matteo Renzi a Firenze Foto: ANSA/UFFICIO STAMPA COMUNE DI FIRENZE ANSA

GENOVA - Prima gli italiani. Uno slogan che negli ultimi mesi sentiamo ripetere come un mantra e che sta per diventare uno dei motti del governo del cambiamento. Ma 'prima gli italiani' deve fare i conti con la Costituzione italiana che non prevede discriminazioni, in merito ai diritti, per chi sul nostro suolo non è nato. A constatare la rigidità della nostra Carta in merito al tema dei diritti è stata la Regione Liguria che si è vista respingere dalla Corte Costituzionale per «irragionevolezza e mancanza di proporzionalità» la norma, approvata nel 2017 dalla Giunta guidata dal forzista Giovanni Toti, che ha stabilito che gli stranieri, per poter partecipare all'assegnazione di un alloggio di edilizia pubblica - le cosiddette case popolari - debbano essere «regolarmente residenti da almeno dieci anni consecutivi nel territorio nazionale». Per questo l'articolo 4 della legge regionale 13/2017 è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale che ha accolto il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio. Paolo Gentiloni contro Giovanni Toti, quindi. E, in questo caso, ha vinto Paolo Gentiloni. Ha vinto il Partito democratico. Che, ora, giustamente esulta. Eppure ...

Eppure a Firenze il Pd vorrebbe imitare la Liguria
Partiamo con una considerazione. Il sindaco di Firenze non è un 'normale' sindaco del Partito democratico. Dario Nardella è il delfino di Matteo Renzi, il sindaco della rottamazione. Il nuovo che avanza. O almeno così si diceva. Ebbene, mentre il Pd ligure esulta per la sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato la norma che prevedeva un canale privilegiato agli italiani per l'assegnazione di una casa popolare, a Firenze il sindaco del Pd ha pensato bene meno di un mese fa di proporre una modifica ai criteri di assegnazione degli alloggi di edilizia pubblica. La proposta di Nardella? «Aumentare da 5 a 10 anni il periodo minimo di residenza per entrare nelle graduatorie». Ricorda qualcosa? Ancor più singolari le spiegazioni di questa modifica sulla quale evidentemente Nardella deve aver ragionato a fondo: «I criteri di assegnazione delle case popolari agli immigrati devono essere rivisti perché in alcuni quartieri periferici si rischia di creare ghetti, con un terzo di italiani e due terzi di extracomunitari». Poi, dopo aver constatato che «il modello francese delle banlieue è fallito» - anche se ci sarebbe da chiedersi dove sono le banlieue a Firenze - la precisazione, quasi a volersi scusare per l'uscita poco di sinistra: «Non metto in discussione l’accesso alle tutele sociali degli stranieri, ma la specificità del servizio, in questo caso quello delle case popolari nelle periferie». 

Le differenze tra il Pd ligure e quello fiorentino
E così, mentre Nardella ha pensato che per fermare l'emorragia di voti verso forze ritenute dal Pd «populiste» la strada migliore sia quella di inseguirle sul terreno della priorità degli italiani nell'accesso ai servizi, per Giovanni Lunardon, capogruppo democratico nel consiglio regionale ligure, portare da 5 a 10 anni il periodo minimo di residenza per uno straniero per entrare nelle graduatorie per l'assegnazione di una casa popolare sia «una norma strampalata e palesemente discriminatoria». Così, mentre a Genova un esponente del Pd esulta per la bocciatura di una legge della Regione Liguria, a Firenze un sindaco del Pd propone di approvare la stessa legge. Ma non finisce qui. Perché Lunardon nel criticare Toti e il centrodestra ha pensato bene di sottolineare come «i precedenti da cui imparare (puntando a ridicolizzare il governatore ligure, ndr) non mancavano, visto che già 5 anni fa la Valle d'Aosta si era vista bocciare una legge in cui si chiedeva agli assegnatari di aver risieduto nella Regione per almeno 8 anni». Da qui, la battuta sarcastica: «Toti non ha voluto fare tesoro degli errori altrui». Errori che ora il dem Nardella vorrebbe copiare.