OGGETTO: La corsa alla colonizzazione dello Spazio
DATA: 06 Febbraio 2021
Russia, Cina e Stati Uniti, ma anche privati cittadini miliardari come Elon Musk e Jeff Bezos, già si proiettano in un’altra dimensione, su nuove galassie, per ribaltare gli equilibri geopolitici in terra o anticipare i mercati del futuro.
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Per comprendere l’importanza della corsa allo spazio non dobbiamo guardarla con occhi velati dal sogno del progresso scientifico o dal desiderio di maggior benessere per l’umanità, ma leggerne gli avvenimenti come risposte ad obiettivi militari. Un ottimo esempio in tal senso è l’uso che la Russia ha fatto, durante la guerra in Siria, della sua tecnologia nello spazio per migliorare l’azione bellica. Immagini dettagliate sono state trasmesse in tempo reale grazie a potenti telescopi ad alta risoluzione, coadiuvati dai satelliti Kondor, utili in caso di oscurità o maltempo, e conversazioni nemiche sono state intercettare grazie ai satelliti spia ELINT; il tutto è pronto per essere integrato con potenti sistemi difensivi antimissile. È in questo genere di tecnologie che risiede il cuore delle operazioni nello spazio.

Mentre Mosca lavora a nuovi modi per neutralizzare i satelliti americani in orbita, gli Stati Uniti stanno ideando un sistema per intercettare missili balistici e difendere quegli stessi satelliti, essenziali sia per le organizzazioni civili che per le forze armate. In un mondo sempre più multipolare gli USA sanno per esperienza che lo spazio è un terreno di competizione fondamentale per il potere e il prestigio internazionale, al punto che l’ex presidente Donald Trump ha creato una vera e propria “Space Force” che avrà il compito di difendere gli interessi degli Stati Uniti in tal senso. E la minaccia questa volta non è solo Russa. Infatti, Mosca è solo al terzo posto nel lancio di satelliti in orbita, dopo Stati Uniti e Cina (pur superando quest’ultima per numero di satelliti militari attivi). Pechino sta dando vita ad un programma spaziale molto ambizioso: ha inviato una terza sonda sulla Luna e sta puntando a Marte. Possiamo attribuire parte del successo tecnologico cinese in questo ambito anche al suo monopolio sulle terre rare di cui, fino agli anni Novanta, erano gli Stati Uniti il maggiore produttore. Le loro caratteristiche, infatti, rendono i magneti più potenti e leggeri, e gli permettono di mantenere le proprie proprietà ad alte temperature, diventando indispensabili in innumerevoli settori tecnologici, specialmente quello militare e aerospaziale. 

L’esplorazione dello spazio è certamente importante per la Cina per quanto riguarda il riconoscimento internazionale (essendo una generazione indietro nella corsa allo spazio rispetto alla Russia e agli Stati Uniti sarebbe una dimostrazione del suo successo), ma, anche in questo caso, dobbiamo guardare soprattutto al potere militare. Da questo punto di vista Pechino sta avanzando velocemente, cercando di imporsi come avanguardia. E, se è vero che il programma spaziale russo è affaticato da sanzioni internazionali che bloccano l’importazione di tecnologie e componenti dall’Europa, la Cina non ha esitato a intervenire. Mentre gli Stati Uniti guardano agli alleati europei per un progetto comune, di recente l’Agenzia Spaziale Russa ha firmato un protocollo d’intesa con Pechino per sostenere l’esplorazione della Luna. Lavoreranno rispettivamente sulla sonda orbitante Luna 26 e sulla missione Chang’e-7. Il Programma Chang’e è un progetto sviluppato dall’Agenzia spaziale cinese (CNSA), e prevede una serie di orbiter lunari, lander, rover e missioni per la raccolta di campioni, lanciate a bordo dei loro vettori “Lunga Marcia”. L’obiettivo è aprire la strada amissioni con personale umano. La mai terminata, ma se mai ampliata, Guerra Fredda si staspostando al polo sud della Luna, con Cina e Russia che vogliono raccogliere dei campioni di superficie e gli USA che vorrebbero usarla come punto d’atterraggio per il progetto Artemis: unprogramma di volo spaziale con equipaggio umano portato avanti da NASA, aziende private e partner internazionali come ESA (Agenzia spaziale europea), JAXA (Japan Aerospace eXploration Agency) e la CSA(Canadian Space Agency); lo scopo del progetto è, anche in questo caso, riportare gli esseri umani sulla Luna, oltre che gettare le basi perché le società private possano costruire un’economia lunare e portare l’umanità su Marte.

I programmi spaziali cinese e russo sono coesi e hanno come obiettivo quello di aumentare la propria potenza nazionale. Negli Stati Uniti, invece, piaccia o meno, l’interesse privato è importante almeno quanto quello pubblico, e lì i galli competono per il controllo del pollaio. Il movente della recente lite tra Elon Musk e Jeff Bezos riguarda la posizione di gruppi di satelliti in orbita attorno alla terra per migliorare ed espandere le telecomunicazioni. Musk, il padre di Space X (Space Exploration Technologies Corporation, azienda aerospaziale statunitense creata nel 2002), che vuole lanciare in orbita undici mila satelliti, ne ha già spediti un migliaio in fase di beta test, e ha clienti impazienti negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito. Dal canto suo, Bezos (fondatore di Amazon e di Blue Origin, società di start up per voli spaziali) ha ottenuto il permesso di lanciare 3236 satelliti, ma Musk vorrebbe trasferire più in basso i suoi, rovinando i piani del rivale. Inoltre, tutti e due parlano di voler portare gli esseri umani a vivere nello spazio, spartendosi le mete di colonizzazione: la Luna, favorita da Bezos, e Marte, che Musk sogna di conquistare. Questi due aspiranti “imprenditori galattici” però devono fare i conti con la Russia, la Cina e una domanda: di chi è lo Spazio? 

Fin dai primi tempi della Guerra Fredda lo spazio ha assunto un ruolo fondamentale nell’immaginario umano e per gli equilibri geopolitici. La scienza dei razzi era nata nei laboratori della Germania nazista e i vincitori ne cannibalizzarono i segreti, iniziando la lotta per il controllo dei cieli. Per questo, probabilmente tra le grasse risate dei partecipanti, solo tra il 1967 e il 1975 sono stati ratificati ben cinque trattati che avrebbero dovuto regolare e instradare la corsa allo spazio e i suoi obiettivi. Prendiamo come modello il primo della serie: “Trattato sulle norme per l’esplorazione e l’utilizzazione, da parte degli Stati, dello spazio extra-atmosferico, compresi la Luna e gli altri corpi celesti”, ratificato il 27 gennaio 1967. Gli stati partecipanti, preso atto dell’importanza, dal punto di vista del progresso per il genere umano tutto, dell’esplorazione dello spazio, avrebbero dichiarato che il benessere dell’umanità sarebbe dovuto essere il principale obiettivo. Per questo l’esplorazione dello spazio avrebbe dovuto avere scopi pacifici, senza riguardo per il potere scientifico o tecnologico di un singolo paese sugli altri. Questo, in nome dello sviluppo di una cooperazione internazionale volta al progresso dell’umanità intera. 

Nel corso degli anni sempre più Paesi hanno aderito a questi trattati ma è evidente che competizione, sfruttamento delle risorse e accumulo di potere sono in realtà gli obiettivi che muovono i vari Stati che si rincorrono per marcare il territorio nel sistema solare. Emblematico in questo senso è l’“Executive Order On Encouraging International Support for the Recovery and Use of Space Resources”, una delibera, firmata dall’ex presidente americano Trump, che in pratica dà il via libera allo sfruttamento, anche da parte di privati, di risorse lunari e di altri corpi celesti, soprattutto asteroidi, indipendentemente dalla volontà degli altri Paesi (si parla di collaborazioni possibili solo con “like-minded countries”). Ormai la colonizzazione degli astri somiglia sempre meno alla trama di un avvincente film di fantascienza e sempre più ad una realtà prossima di cui dovremmo preoccuparci, senza che il fascino del superare i confini della terra ci distragga dal pressante moltiplicarsi di satelliti e stazioni a scopi bellici. È evidente la necessità di rinegoziare dei trattati che regolino il diritto internazionale nello spazio, che mettano dei freni a questa nuova corsa all’oro e impongano una riflessione sull’opportunità che dei privati abbiano accesso a tecnologie di tale fondamentale importanza per il futuro dell’umanità.


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