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La strada dei Samouni (2018)

Recensione

La Strada dei Samouni – Recensione: un film documentario sull’Operazione Piombo Fuso vista dal punto di vista dei bambini

La Strada dei Samouni review

La piccola Amal è tra i sopravvissuti della famiglia Samouni dopo le barbarie perpetuate dall’esercito israeliano nel 2009 nella striscia di Gaza. Il 6 gennaio i militari entrano nella povera casa dello zio Talal, dove sono chiusi tutti i membri della sua famiglia, in cui lei aveva trovato rifugio dopo la morte del padre. Lui era stato ucciso poco prima, dopo aver aperto la porta agli invasori senza aver opposto resistenza. Alla fine dell’operazione militare saranno almeno 29 le vittime della strage oltre ai feriti più o meno gravi.

Il documentarista Stefano Savona racconta il dramma palestinese mischiando il reale con le animazioni

Inizia con il primo piano di Amal che gioca nervosamente con i suoi capelli ricci “La strada dei Samouni”. Lei mostra al regista il luogo in cui si trovava l’albero di sicomoro secolare della sua famiglia. Si prosegue con le immagini della costruzione della nuova casa e della moschea. Incontriamo così tutta la sua grande famiglia fatta di cugini, zie e bimbi di tutte le età. Il gruppo si prepara a festeggiare il matrimonio tra due cugini. Sono passati nove anni da quel giorno terribile che ha lasciato ad Amal una scheggia in testa.

La narrazione prosegue a ritroso e alterna immagini reali a meravigliose animazioni in bianco e nero di Simone Massi. I toni diventano sempre più drammatici via facendo e si passa dai piccioni che volano nel cielo agli elefanti colpiti da palle di argilla che poi diventeranno missili. Quello che era un piccolo villaggio agricolo nella striscia di Gaza diventerà un mucchio informe di macerie.

La Strada dei Samouni documentario

Savona sceglie di usare le animazioni per la parte più cruda della storia, senza peraltro perdere di potenza nel racconto. I poveri contadini chiusi nelle loro case tutti insieme, anche se non in carne e ossa, trasmettono al pubblico la loro disperazione. Al pari, sono estremamente reali i soldati israeliani che irrompono nella casa di Amal, uccidendone il padre a bruciapelo. Il cerchio si chiude con la immagini delle abitazioni viste dai droni prima della loro distruzione, con le voci timide di un ufficiale che non vorrebbe sparare su civili inerti.

La strada dei Samouni: un urlo straziante sulle vittime innocenti del conflitto israelo/palestinese

Non è la prima volta che l’autore affronta questo tema. Lo aveva già fatto con il documentario “Piombo fuso” uscito nel 2009 anno della strage. Del resto, Savona era tra i pochi videomaker presenti sul posto subito dopo l’accaduto. La chiave di lettura scelta, però, in questa seconda opera è molto più personale, quasi antropologica; anche perché, lui ha avuto modo di conoscere bene la famiglia di Amal, seguendola e frequentandola per almeno nove anni.

Il film si chiude con un matrimonio e una nuova casa in costruzione per una giovane coppia. Dopo tutto, la vita va avanti anche grazie al coraggio di gente semplice come i Samouni che non accettano il supporto né di Hamas né di Al Fatah che si spartiscono il potere in questa terra di nessuno che è Gaza.

Resta tuttavia l’angoscia e la rabbia per una guerra infinita che da troppo tempo segna la vita di bambine come Amal e i suoi cugini. “La strada dei Samouni” ha vinto a Cannes l’Oeil d’Or 2018, il massimo riconoscimento alla Quinzaine des Realisateurs per il documentario, confermando il valore del suo autore.

Ivana Faranda

Trama

  • Regia: Stefano Savona
  • Genere: Documentario, colore
  • Durata: 128 minuti
  • Produzione: Italia, Francia, 2018
  • Data di uscita: 8 ottobre 2018
  • Distribuzione: Cineteca di Bologna

la strada dei samouni locandina

La camera di Savona in “La strada dei Samouni”, coadiuvata dalle illustrazioni di Simone Massi, è la porta attraverso cui il dramma si fa materia, pellicola. Siamo tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009; la striscia di Gaza viene bombardata dall’esercito israeliano: la famiglia Samouni viene decimata, lasciando figli senza genitori. L’illusione della pace è lontana.

La strada dei Samouni: quando l’animazione dà voce al dramma

 

Savona dirige un documentario denso e urgente, terzo film italiano premiato a Cannes 2018 assieme a “Lazzaro felice” e “Dogman”. Il regista riesce a entrare a Gaza a strage avvenuta, passando dalla frontiera egiziana. È qui che il filo inizia a dipanarsi: Savona inizia a raccogliere materiale, lo accumula, cerca di montare una narrazione. Un’operazione complessa: le riprese sono scarne, non abbastanza per raccontare l’eccidio e la violenza.

L’opera si propone di essere “presa di coscienza”, occhio vigile su realtà furbamente ignorate. C’è un desiderio urgente di verità, una fame di fatti e giustizia, nel lavoro di Savona. Al centro dell’opera, il punto di vista delle vittime, il loro racconto, i loro morti, il lutto incancellabile. Il regista raccoglie interviste e memorie, le inanella per ricostruire. È un lavoro di recupero, lento e rigoroso, di formazione di una voce: quella troppo flebile delle vittime della follia israeliana.

La strada dei Samouni: ieri e oggi, macerie e ricordi

Stefano Savona si reca sul luogo della strage e vi fa ritorno un anno dopo, in occasione del matrimonio di uno dei superstiti della famiglia; inizia a dipingere un ritratto di famiglia attraverso ricordi flebili e sfumati, destinati forse a scomparire. C’è la piccola Amal, tornata nel suo quartiere. Poche immagini e sensazioni vivide, prima della strage: un albero di sicomoro, ora scomparso; il profumo del caffè; i giochi tra fratelli. La guerra ha raso a zero tutto, spazzando via ogni germe di speranza. Quello che resta, tra voci incrinate e occhi espressivi, è il vuoto, l’assenza.

 

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