La tutela dei bambini nati a seguito di gestazione per altri (Gpa), detta anche maternità surrogata o – dispregiativamente - utero in affitto, è il tema del giorno. Tema alimentato dalla circolare del ministro dell’Interno che, richiamando una recente pronuncia della Cassazione, vieta la trascrizione di certificati di nascita esteri a seguito di Gpa; dalla bocciatura, da parte della commissione politiche europee del Senato, della proposta di regolamento dell’Unione europea sul certificato Ue di filiazione, teso a garantire diritti uniformi al di là delle legislazioni nazionali, quindi anche ai figli di coppie omogenitoriali transfrontaliere; da dichiarazioni di esponenti di Fratelli d’Italia, con ignobili graduatorie di disvalore tra pedofilia, donazione di organi e maternità surrogata. Siccome nel dibattito pubblico c’è confusione tra Gpa e diritti dei minori, vanno chiariti alcuni punti.

La Gpa è vietata in Italia

La Gpa è la tecnica di procreazione medicalmente assistita mediante cui una donna decide di portare avanti una gravidanza per conto di una persona o di una coppia. La Gpa è vietata in Italia, Francia, Spagna e Germania, mentre è permessa in Belgio e Grecia, purché non a pagamento, e comunque con restrizioni. In altri Paesi – Russia, Ucraina, Armenia, Bielorussia, Georgia e altri, nonché alcuni Stati americani – essa è consentita, gratuitamente o a pagamento, nel rispetto di talune condizioni. La maternità surrogata in Italia costituisce reato ai sensi della legge 40 del 2004, che punisce con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con una multa da 600mila euro fino a un milione di euro chiunque «realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o embrioni o la surrogazione di maternità». La Corte costituzionale afferma che la Gpa offende «in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» e che il divieto di tale pratica è un principio di ordine pubblico.

Nonostante il divieto, cittadini italiani ricorrono alla Gpa in Paesi ove essa è consentita, quindi nel rispetto della legge locale. In questi casi, si pone il problema del riconoscimento in Italia della genitorialità acquisita al di fuori dei confini nazionali, non essendone regolata la trascrizione. Ed è un problema che, pur investendo coppie sia eterosessuali che omosessuali, pone queste ultime in una condizione di maggiore difficoltà a fronte di un certificato di nascita con l’indicazione di due genitori dello stesso sesso, uno dei quali ovviamente non può essere biologico. Il riconoscimento della genitorialità mira a tutelare l’interesse del minore alla continuità giuridica del rapporto con entrambi i soggetti che hanno condiviso la decisione di farlo venire al mondo, e non può dipendere dalla modalità procreativa utilizzata.

La carenza di tutela del minore

«C’è un percorso di riconoscimento dei figli che passa dall’adozione in casi particolari, è questa la strada che devono intraprendere» ha affermato Eugenia Roccella, ministra per la famiglia, in una recente intervista, riferendosi ai genitori non biologici. L’istituto della “adozione in casi particolari” è stato introdotto dalla legge n. 184 del 1983 (art. 44) per realizzare il diritto del minore ad una famiglia quando non ricorrano le condizioni per l’adozione piena (o legittimante). L’adozione particolare, consentita tra l’altro in casi di “impossibilità di affidamento preadottivo” (art. 44), può permettere la formalizzazione del rapporto di fatto con il compagno/a della madre o del padre in una coppia omogenitoriale, essendo vietata al genitore non biologico l’adozione piena.

Nell’intervista, Roccella ha richiamato la Corte di cassazione a sezioni unite che, da ultimo nel dicembre 2022, ha definito l’adozione in casi particolari come strumento idoneo a soddisfare «l'ineludibile esigenza di assicurare al bambino nato da maternità surrogata gli stessi diritti degli altri bambini nati in condizioni diverse», dando riconoscimento giuridico «al legame di fatto con il partner del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo» e poi ha concorso all’accudimento del bambino. Dunque, tale tipo di adozione assicurerebbe a quest’ultimo la tutela «richiesta dai principi convenzionali e costituzionali».

La ministra ha forse dimenticato di citare la Corte costituzionale, che sostiene l’opposto: l'adozione in casi particolari, pur costituendo «una forma di tutela degli interessi del minore certo significativa», non è «del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali». Innanzitutto, questa adozione «non attribuisce la genitorialità all'adottante»; inoltre richiede, «per il suo perfezionamento, il necessario assenso del genitore biologico (...), che potrebbe non essere prestato in situazioni di sopravvenuta crisi della coppia, nelle quali il bambino finisce per essere così definitivamente privato del rapporto giuridico con la persona che ha sin dall'inizio condiviso il progetto genitoriale, e si è di fatto preso cura di lui sin dal momento della nascita».

Pure se il genitore non biologico, dopo essersi assunto la responsabilità di provvedere al bambino nel progetto di procreazione, cambiasse idea, il minore non potrebbe tutelarsi, chiedendo la costituzione del rapporto genitoriale tramite adozione. Pertanto, la Corte ha rivolto un monito al legislatore affinché provveda alla «ormai indifferibile individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore». Ma il legislatore è finora rimasto inerte, non colmando la carenza di garanzie rilevata dalla Consulta.

La tutela dei bambini nati da Gpa

Con la citata pronuncia del dicembre 2022, la Corte di Cassazione, nell’affermare che la pratica della maternità surrogata è contraria all'ordine pubblico, ha negato la trascrivibilità automatica del provvedimento straniero di attestazione della genitorialità derivante da Gpa. Secondo i giudici, «nella non trascrivibilità si esprime la legittima finalità di disincentivare il ricorso alla pratica della maternità surrogata»: la delibazione dell’atto estero di accertamento della genitorialità verso chi sia privo di legame biologico con il bambino ratificherebbe «in maniera indiretta e surrettizia una pratica degradante».

Giorni fa il Ministero dell’Interno, come accennato, ha inviato una circolare ai prefetti nella quale ha riportato le conclusioni della Cassazione e li ha invitati a «fare analoga comunicazione ai sindaci, al fine di assicurare una puntuale e uniforme osservanza» di quanto disposto dai giudici. Alcuni sindaci, infatti, a fini di certezza del diritto per i nati da Gpa all’estero, colmavano il mancato intervento del legislatore trascrivendo i certificati stranieri di nascita, anche qualora vi fosse l’indicazione di due genitori dello stesso sesso: ora non possono più farlo.

L’Unione europea, considerate le differenze di legislazioni tra Stati membri in tema di riconoscimento della filiazione, vorrebbe garantire diritti uniformi con una proposta di regolamento. Vi rientrerebbero i figli delle famiglie omogenitoriali che, riconosciuti in uno Stato membro, «possono perdere diritti di successione o di mantenimento in un altro Stato membro o il diritto a che uno dei genitori agisca come loro rappresentante legale in un altro Stato membro per questioni quali cure mediche o scolarizzazione». Nella proposta si afferma che le norme «sull'accertamento della paternità in situazioni nazionali sono e rimarranno di competenza dei singoli Stati». Ma il Senato ha votato contro, come detto, richiamando il limite dell’ordine pubblico di cui alla citata sentenza del dicembre scorso.

Nel mentre si attende l’intervento normativo chiesto dalla Corte costituzionale per dare maggiori tutele ai minori nati all’estero da Gpa,  un disegno di legge di Fratelli d’Italia appena incardinato in Parlamento configura tale pratica come “reato universale”. Ciò solleva molti dubbi. Ma questa è un’altra storia.

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