La famiglia è la rete di relazioni biologiche, culturali,affettive che nessuno slogan politico può davvero pensare di ingabbiare in definizioni limitate agli interessi di parte, perché racchiude in sé i microcosmi delle singole umanità che include.
La società, in continuo mutamento anticipa richieste che la politica insegue faticosamente e spesso in modo fallimentare.
Non è possibile contenere quello che essa è in poche frasi fatte. Così come non è possibile definire il singolo essere umano in poche e spesso anacronistiche parole.
Nella famiglia ci sono innanzi tutto le persone, con i loro evidenti limiti e potenzialità, e socialmente parlando, diritti e doveri.
La legge 194 ha posto fine alle stragi di donne, spesso giovanissime, costrette all’aborto clandestino perché abbandonate a se stesse nella gestione di maternità involontarie. In questo contesto la controparte maschile, è sempre stata latitante, come se i figli li facessero le donne da sole. Ancora oggi, troppo spesso purtroppo, la sessualità femminile è sempre sotto il giudizio sommario e superficiale del “se l’è cercata, portava la minigonna, era troppo brutta per essere stuprata”.
La mancanza di responsabilità di una parte della società che ancora si ostina a sciorinare luoghi comuni rende alcune leggi preziose e non negoziabili. Magari ce ne fossero di più a sostenere e supportare le persone che compongono le famiglie.
Maggiori diritti dovrebbero comportare però anche maggiori doveri, maggiore assunzione di responsabilità. Il fatto che le famiglie abbiano problemi non significa che “la famiglia” è il problema. O che modelli nuovi siano la soluzione. Almeno non quando quella soluzione va a ledere altri diritti, fondamentali per tutti gli esseri umani.
Per quanto riguarda le famiglie di “nuova” concezione, infatti, è ipocrita parlare di “amore” quando questo “amore” ha un prezzo. Un prezzo che compra altri esseri umani.
L’Amore non compra e non vende. L’amore si dona,a prescindere da ciò che si ottiene in cambio. Amare non preclude niente.
Ma maternità surrogata, uteri in affitto, contratti terribili che obbligano le madri surrogate a sottoporsi a terapia ormonali devastanti, a non avere nessun contatto con i bambini “prodotti” con questa terribile pratica, ad abortire se il committente lo richiede, non hanno niente a che vedere con l’amore.
Laddove c’è una domanda ci sarà sempre un’offerta, legale o illegale. Come per la prostituzione. Cambogia, India, Sudamerica, i paesi dove la tratta di esseri umani soddisferà questa domanda di “amore”. Perché questo è il mercato milionario della surrogacy: 2 miliardi di dollari l’anno.
In Italia la GPA è vietata è vero, ma sappiamo bene come si fa: si va all’estero, si compra il pacchetto e si torna a casa per la registrazione. La cronaca propone ogni giorno queste richieste di registrazione di “figli di due padri (o di due madri)”.
Una orribile interpretazione di un pseudo “diritto alla genitorialità” che passa attraverso la mercificazione.
Mentre in Senato giace una richiesta di legge “per il diritto a conoscere le proprie origini” di tante persone adottate.
In queste contraddizioni, tra diritti e diritti, c’è il grande dilemma di questa società che chiama “diritto” il proprio desiderio di possesso.
Il congresso di Verona non può dare risposte sulla Famiglia. Il congresso di Verona e le manifestazioni opposte avrebbero dovuto fare e farsi delle domande. Su quali esseri umani vogliamo diventare.

di Mira Carpineta