A 37 anni, una decina dei quali vissuti un po’ in apnea, Isabella Ragonese ha imparato ad abitare dentro ogni film come si sta nelle case molto amate. «Prima ero animata da una specie di frenesia, volevo imparare, mettermi alla prova. Ora ho bisogno di piantare le radici, lavorare su progetti in cui mi riconosco». Film che difende come figli, se il loro percorso è in qualche modo a rischio. Sotto scacco, come accade ora a La grande madre, film per la tv in cui interpreta Agnese Ciulla, ex assessora palermitana ai servizi sociali che mise a punto lo strumento del tutoraggio volontario dei minori non accompagnati. Uno strumento entrato nella legge, che ora permette la presa in carico da parte di privati cittadini dei tanti piccoli migranti che sbarcano senza genitori, curandone così diritti, percorsi scolastici, benessere. Una forma creativa di integrazione che rese, tra il 2014 e il 2016, il capoluogo siciliano un esempio di accoglienza.

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Laura Sciacovelli
Isabella Ragonese, 37 anni.


La grande madre avrebbe dovuto andare in onda in questi mesi ma, proprio come la fiction di Beppe Fiorello su Riace, è diventato una specie di caso politico in Rai, perché affronta il tema scottante dell’integrazione. Isabella Ragonese, palermitana e coraggiosa come Agnese, più che arrabbiata è rattristata, incredula. «Capisco la paura: è un istinto molto umano, ma l’umanità sta anche nella disponibilità a sentire l’altro, a provare empatia: riflessi che dovrebbero riuscire istintivi; se ciò non accade più vuol dire che abbiamo bisogno di un’educazione emotiva. A questo servono film come La grande madre».

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Isabella Ragonese sul set del film La grande madre.

Vista dal borgo del Nordest dove è ambientato il suo prossimo film, tratto dal romanzo d’esordio del giovane Giacomo Mazzariol, Mio fratello rincorre i dinosauri (Einaudi), Palermo ora sembra lontana. Eppure anche questa è una piccola storia di educazione emotiva: quella di un ragazzo alla scoperta dei “superpoteri” di un fratellino Down. In una famiglia dove «c’è l’idea che se uno sbaglia l’altro lo sostiene. Come su questo set, in cui io e Alessandro Gassmann siamo mamma e papà: è bella questa sensazione di comunità, c’è un’assemblea ogni volta che si deve decidere qualcosa, interessante in questo clima di individualismo imperante».

Una storia esemplare scritta da un ragazzo.

«Giacomo mi ha convinto che l’età è solo un dettaglio anagrafico: riesce a persuaderti che tutte le cose, belle o brutte, che ha attraversato sono comunque opportunità, paletti che ti mettono davanti a un bivio: puoi subirli e lamentarti o fare qualcosa di diverso».

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Isabella Ragonese con Alessandro Gassmann sul set di Mio fratello rincorre i dinosauri, film tratto dall’omonimo romanzo d’esordio di Giacomo Mazzariol (Einaudi).

La stessa cosa che deve aver pensato Agnese, di fronte ai tanti minorenni soli portati dal mare.

«In una scala più grande, anche Agnese ha preso atto di un’emergenza e ha proposto la sua soluzione, forse una goccia nel mare, ma mi piace lavorare su questi piccoli eroi, che cercano di fare qualcosa di straordinario nell’ordinario».

Agnese l’ha conosciuta?

«È una forza della natura, una donna piena di luce e di grazia. Era un po’ in imbarazzo quando veniva sul set, non faceva che chiedere: ma perché fate un film su di me?».

Ora, agli occhi di molti, la sua risulterebbe una scelta scomoda.

«Nel film c’è un momento molto bello: quando Agnese si trova a spiegare ai suoi figli perché dedichi tutto quel tempo ad altri ragazzi. Lo fa in maniera semplice, cerca le parole più cariche di emotività. A molti adulti servirebbe ascoltare le sue parole. Questa in fondo è la funzione di un genitore, o comunque di un adulto. Perché c’è un punto della vita in cui, che tu abbia figli o meno, devi trasmettere qualcosa a quelli che vengono. Saper spiegare per esempio perché, se qualcuno ti bussa alla porta, non puoi fare finta di niente».

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Laura Sciacovelli
Abito in nappa con nodo, Tod’s. Gioielli Cartier.

Un riflesso di umanità che spesso resta lettera morta.

«Da siciliana, noto che le persone che si trovano davvero dentro le emergenze non possono fare altro. Il Sud racconta storie molto diverse da quelle che si leggono sui social».

Quali?

«Storie di gente ancora capace di empatizzare, non per buonismo, ma perché la vita, senza sentimenti ed emozioni, non so quanto valga la pena di essere vissuta. Provo dispiacere e tenerezza per chi è insensibile a questi capitomboli dell’anima: oggi è un atto di coraggio emozionarsi (la voce, impercettibilmente, si incrina)».

Serve un’educazione emotiva, dice. A chi tocca?

«Gli insegnanti sono fondamentali. Non scorderò mai la mia prof di greco: spiegava Saffo da trent’anni e ogni volta si emozionava. Non ricordo nulla delle desinenze, ma ho ancora nelle orecchie le sue parole, il suo trasporto. E poi servono il cinema, i libri: ogni storia ci rende più ricchi, ci aiuta a vivere».

Mi piace dare voce ai piccoli eroi che cercano di fare qualcosa di straordinario nell’ordinario

Ci aiuta come?

«Entrare nelle vite degli altri aiuta a capire che quello che ci succede è accaduto a molte persone prima di noi, ci insegna a dare un nome alle cose, a indagare sulle nostre pulsioni profonde, compresa l’acredine, il livore che spesso coviamo. La paura dello straniero. Ci costringe, di fronte agli atti di solidarietà, a interrogarci».

Come hanno fatto molti palermitani di fronte all’impegno spassionato di Agnese.

«L’invenzione del tutoraggio è rivoluzionaria: ha cambiato quasi più le vite dei tutori che quelle dei ragazzi. Ho un’amica volontaria che per il ragazzo che seguiva ha ricominciato ad andare a teatro, a girare la città e i suoi musei, un po’ come quando invitiamo qualcuno a casa e abbiamo voglia di fargli vedere le cose belle. Abbiamo passato un Natale insieme, è stato strano: nessuno di quei silenzi tristi delle feste obbligate, abbiamo dato davvero il meglio di noi».

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Laura Sciacovelli
Isabella Ragonese indossa un trench oversize, Weily Zheng; completo Seventy; camicia in seta Intimissimi. Gioielli Cartier.

Come si è sentita nei panni di “grande madre”?

«Come le ho detto, figli o no, a un certo punto, da adulti, diventiamo tutti genitori, questa cosa la sento molto: pensare ai ragazzi vuol dire avere un’idea di futuro».

Quante madri ha interpretato nella sua carriera?

«È incredibile: sono sempre o incinta o piena di figli. Ai miei lo dico sempre: se nella vita non sono riuscita a laurearmi, al cinema ho preso due lauree e ho avuto una gran quantità di figli».

È diventata anche una specie di guru anti-molestie alla Tv delle ragazze, nei panni della professoressa Isabetta Ragonelli.

«Ma sa che mi chiamano anche nelle scuole? Il tono ironico di quel tormentone – si può fare/non si può fare – è stata una bella provocazione, ma spiegava anche bene il fatto che circoscrivere e dare un nome agli abusi non toglie nulla al gioco della seduzione».

La sua prof dice che i maschi sono “de coccio”, come l’hanno presa?

«I giovani bene. Accanto al mio intervento passava anche un meraviglioso sketch sulla dura vita del maschio alfa: per molti di loro è stato un sollievo sentirsi dire che non sono obbligati a corrispondere a un cliché: sono profondamente convinta che coinvolgendo gli uomini ogni antagonismo possa essere superato».

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Laura Sciacovelli
Isabella Ragonese in blazer e abito monospalla con spacco, MaxMara. Gioielli Cartier.


«Per loro è difficile. Sono cresciuti in un clima più tossico. Ma pure noi abbiamo subito secoli di cliché e battute sulle donne: le suocere, le racchie, le mogli rompiballe... Se per una volta scherziamo un po’ noi, con garbo e intelligenza, provate a stare al gioco».

(Styling Amelianna Loiacono. Foto di Laura Sciacovelli. Ha collaborato Ginevra De Dominicis. Trucco using Clinique e capelli Giovanni Iovine @WM management. Per la location si ringrazia Sweet Inn, sweetinn.com).