Attualmente, la legge in Pakistan vieta i matrimoni al di sotto dei 16 anni per le ragazze e 18 per i ragazzi. Per i genitori che infrangono il Child Marriage (Restraint) Act è prevista una pena corrispondente a un mese di prigione e una multa di 1000 rupie (9 euro). Una sanzione che definire soft è un eufemismo, e che, dati alla mano, non ha impedito al drammatico fenomeno delle spose bambine di svilupparsi e raggiungere dimensioni allarmanti. Secondo i dati Unicef, infatti, il 70% delle ragazze in Pakistan vengono obbligate a sposarsi prima dei 16 anni e nelle regioni del nord-ovest del Paese, al confine con l'Afghanistan, si stima che il 50% dei matrimoni coinvolga bambine tra gli 8 e i 13 anni. Numeri spaventosi che hanno accelerato l'esigenza di portare l’età legale delle nozze dai 16 ai 18 anni e di inasprire la condanna per chi non rispetta la legge (tentativo fallito nel gennaio 2016 perché bloccato da un organo religioso che analizza la compatibilità di una legge con l’Islam). Una priorità imprescindibile in termini di salvaguardia dei diritti umani in un Paese finito al penultimo ultimo posto in termini di diritti e parità di genere nel rapporto del World Economic Forum del 2018 (ma che vuole reagire).

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E la legge approvata dal senato nei giorni scorsi e finalmente in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia (UNCRC), di cui il Paese è firmatario (e che considera ogni essere umano di età inferiore ai 18 anni un bambino), potrebbe essere la svolta epocale che tutte le giovani donne pakistane stavano aspettando, ma non solo. Come riportato dai maggiori organi di stampa, lunedì 29 aprile il Senato ha approvato la legge che modifica l’età minima per contrarre matrimonio, elevandola da 16 a 18 anni, portando così il Paese al passo con altri Stati musulmani "moderni" come Turchia, Egitto e Bangladesh (nel dettaglio, i voti contrari sono stati 5 contro 104 a favore ma con l’astensione del partito di governo il Pakistan Tehreek-e-Insaf). Una riforma che soprattutto prevede per i trasgressori una pena fino a 3 anni di carcere e una multa di almeno 100mila rupie (630 euro).

La riforma Child Marriage Restraint Bill, pensata per ridurre "il rischio del matrimonio infantile prevalente nel Paese" e salvare "la donna dallo sfruttamento" (e proposta dalla senatrice Sherry Rehman), è stata fortemente criticata dai fondamentalisti perché "in contrasto con quanto stabilito nel Corano che prevede il matrimonio già durante la pubertà". Adesso la palla passa all’Assemblea nazionale con la speranza che lo slancio di apertura e modernizzazione del Paese non si riveli essere l'ennesimo buco nell'acqua. "L’approvazione della legge è molto positiva, tuttavia la sua attuazione sarà altrettanto importante e se il governo mancherà di renderla efficace come stato in passato per altre leggi, pochi ne beneficeranno", spiega infatti Nasir Saeed, a capo del Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement (Claas), organizzazione impegnata nella difesa dei cristiani perseguitati in Pakistan. Perché #EndChildMarriage non può che essere l'unica strada percorribile.

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