Per la serie delle Ninfee Monet realizza ben duecentocinquanta dipinti a partire dal 1883, quando si trasferisce in una modesta casa colonica a Giverny, vicino Parigi. Qui finalmente gli si presenta l’opportunità di realizzare un giardino con diverse specie di piante e fiori in cui include anche l’apertura di un bacino fluviale pieno di ninfee. Sormontato da un ponte di legno in stile nipponico che ancora oggi ne collega i due argini, lo stagno delle ninfee è circondato da un trionfo di fiori quali rose, iris, campanule, glicini, salici, tulipani ovvero tutte quelle specie di piante che diventeranno protagoniste dei dipinti dell’artista francese.

Ninfee: Monet e il suo sogno acquatico a Giverny

Nella sua casa di Giverny Claude Monet crea un piccolo paradiso: è qui che trascorre felice il resto della vita ed è sempre qui che riesce a dipingere in maniera incessante, lontano dal frastuono di una città come Parigi. È in questo nuovo inizio che il pittore francese trova quel leitmotiv che contraddistinguerà le ultime opere della sua vita, ovvero le ninfee. Monet, però, non è esente da un profondo tormento creativo anche durante la realizzazione di tale imponente ciclo pittorico. Non si sente pienamente soddisfatto dall’esito finale dei suoi dipinti, sui quali riversa tutta la sua insoddisfazione che, se da una parte funge da sprone per la ricerca di nuove idee e nuovi spunti, dall’altra rappresenta un ostacolo alla sua carriera artistica facendola ristagnare. Eppure, con le sue Ninfee Monet riscuote un grandissimo successo sia di pubblico che di critica. La prima parte del ciclo pittorico viene esposta nel 1909 alla Galleria Durand-Ruel, dove è elogiata da diversi critici.

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Fine Art / Collaboratore//Getty Images

Ninfee: Monet tra Impressionismo e Astrattismo

Ciò che preoccupa i critici è però la possibilità che un ciclo pittorico dalla produzione così vasta sarebbe stato disperso tra musei e collezioni private e che i posteri non avrebbero avuto l'opportunità di ammirarlo. Da qui nasce il progetto dello stesso Monet di esporre all’interno di un locale da erigere ex novo all’Hotel de Brion di Parigi dodici imponenti tele raffiguranti le Ninfee. Dell’impresa titanica restano le testimonianze del critico François Thiébault-Sisson del febbraio del 1918: Monet gli racconta come sono nate le sue ninfee e come sia riuscito a raffigurare gli effetti di luce che si creano sui fiori acquatici quando si cambia prospettiva. Effetti che mutano non solo da una stagione all’altra, ma di minuto in minuto, seguendo le increspature e i riflessi della superficie dell’acqua. Per riuscire a catturare i costanti piccoli mutamenti della natura e della luce, bisogna essere in grado di lavorare diverse tele in contemporanea per spostarsi dall’una all’altra non appena l’effetto appare. L’arte di Monet è infatti tutta incentrata nel cogliere l’impressione di un attimo: gli riesce bene dipingere in serie perché addestra l’occhio a captare e mettere su tela ogni più piccolo mutamento del paesaggio. Quel che il pittore cerca di ottenere, nel riportare su tela i suoi adorati fiori galleggianti, è la migliore visione d’insieme possibile che renda giustizia alle tonalità, ai giochi di luce dell’acqua e ai suoi riflessi. Nelle Ninfee Monet intende cogliere il soggetto nella sua immediatezza e nell’attimo non ripetibile.

Si deciderà più tardi di collocare le opere nelle due stanze ovali del pianoterra dell’Orangerie des Tuileries: disposte l’una vicino all’altra, l’idea sarà quella di formare un unico grande dipinto che scorra circolare lungo tutte le pareti della sala per ritornare su sé stesso e permettere all’osservatore di vivere appieno e lasciarsi trasportare magicamente a Giverny.

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Fine Art / Collaboratore//Getty Images

Le Ninfee, Monet e lo sviluppo dello stile

Con le sue Ninfee Monet è stato in grado di abbandonare ogni limitazione e ogni concezione figurativa: qui l’artista propone campi medi e primi piani privi di qualsiasi riferimento prospettico poiché sono solo i fiori a dominare la scena. Inoltre, trascende la poetica dell’Impressionismo rendendosi quasi precursore dell’astrattismo, dato il carattere visionario del suo ciclo pittorico. Proprio perché non vi sono riferimenti spaziali, lo spettatore finisce con il perdersi nel dipinto che sembra non avere un inizio né una fine poiché astrattamente svincolato dalla realtà oggettiva. È per tale motivo che le Ninfee rappresentano una sorta di spartiacque tra la corrente impressionista e quella astrattista. In questo ciclo di dipinti si evince anche come lo stile di Monet subisca un progressivo cambiamento: appone il colore sulla tela con pennellate lunghe e sinuose che non hanno intenti narrativi, piuttosto mirano a restituire al pubblico impressioni allo stato puro catturate secondo il suo modo di sentire. La scelta di tonalità cromatiche precise ha il puro intento di riportare l’attenzione sul gioco di luce naturale e ombre colorate che si ritrova in modo particolare nei quadri della serie Lo stagno delle ninfee. Qui Monet concepisce come un’unica armonia cromatica in cui prevalgono tinte ora rilassanti ora vivaci. I dipinti di tale ciclo sono dedicati a un angolo del giardino di Giverny con il ponte giapponese onnipresente che viene descritto in modo molto preciso e puntuale.