Sono passati quasi due mesi dalla notte del 12 agosto, quando Stromboli è stata invasa dal fango e dai detriti portati da una pioggia torrenziale, che ha messo l’isola nuovamente in ginocchio. Un disastro geologico ed economico evitabile, le cui radici affondano nella trascuratezza degli ecosistemi fragili, spremuti e abbandonati al termine della stagione turistica. Diventa quindi doveroso dedicare uno spazio, su una piattaforma che si occupa di progetti e paesaggio, naturale e umanizzato, alla condizione di un’isola ferita che sta provando faticosamente a rimettersi in sesto, cercando di mettere in piedi delle attività concrete di tutela del territorio.

L’isola era stata già drammaticamente ferita dall’incendio del 25 maggio, causato dai fuochi accesi in una giornata di scirocco per le riprese di una serie televisiva, che provocarono la perdita di numerosi ettari di vegetazione, rendendo il terreno fragile ed esposto a un prevedibile rischio idrogeologico. Ancora una volta, a mettere in difficoltà l’isola non è il vulcano, che ogni giorno manifesta la sua attività, ma l’incuria del territorio; una criticità che l’Italia si trova ciclicamente ad affrontare – le tragiche notizie che hanno coinvolto le Marche in questi giorni ne sono l’esempio. Catastrofi che si consumano in poche ore e a cui fa seguito un coinvolgimento mediatico ed emotivo di breve durata. Poi, il silenzio.

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Ma Stromboli è ancora in difficoltà. Si temono le prossime piogge, si continua a non dormire tranquilli. Ora che le strade e le abitazioni sono state messe in sicurezza, si sta faticosamente provando a mettere in opera una serie di provvedimenti, avanzati sin dalle ore successive al nubifragio dalle guide vulcanologiche e dalle associazioni attive sull’Isola; proposte concrete su cui impostare un progetto a lungo termine di prevenzione del territorio. Possono diventare un auspicabile modello di riferimento per una politica di tutela dei territori fragili?

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GIOVANNI ISOLINO//Getty Images

Il primo, immediato intervento è stato il ripristino dell’’attività escursionistica, l’attrattiva principale attorno a cui si muovono, a catena, le forze economiche dell’isola. Le guide vulcanologiche e alpine, insieme agli operai della Forestale, hanno lavorato a tempo di record per aprire un nuovo sentiero, sfruttando il tracciato di un’antica strada comunale utilizzata per le attività agricole e poter così raggiungere i 400 metri di altitudine, da cui poter assistere all’attività vulcanica. L’intervento è stato indispensabile per non interrompere il flusso turistico e continuare a offrire i servizi di accoglienza e ristorazione. L’obbiettivo sul lungo periodo però, è quello di aprire più strade poderali possibili, per creare una rete di circuiti di evacuazione e poter rispondere in maniera efficace alle situazioni d’emergenza. Come sottolinea Mario Zaia, meglio noto come “Zazà”, storica guida dell’Isola, “abbiamo ripreso subito a lavorare, ma sarà comunque necessario mettere in sicurezza anche gli altri due percorsi escursionistici, il Sentiero Natura e l’antica mulattiera, oggi resi inagibili dal nubifragio, con la speranza che passata l’emergenza e ricucite le ferite più esposte, non si torni a pensare solo al proprio orticello”.

Gli altri interventi interessano la terra e la sua cura, attraverso un lavoro di antropomorfizzazione del territorio impostato in un’ottica di prevenzione, che deve necessariamente partire dalla sensibilizzazione degli abitanti alla conoscenza del territorio e del suo passato agricolo.

“Bisogna impostare progetti consapevoli della realtà su cui si innestano, ovvero un contesto vulcanico dove l’acqua è poca e preziosa”, dichiara Mario Pruiti, guida vulcanologica che insieme agli altri colleghi dell’isola si prende cura del territorio, cercando un dialogo proficuo anche con le istituzioni: “Il lavoro “di zappa” e il rapporto rispettoso con la terra, a Stromboli come a Ginostra, rimane necessario”, aggiunge Pruiti, “Non si possono aprire aziende “bio e radical-chic” che prevedono tonnellate di acqua e di vetro, bisogna confrontarsi con la realtà dell’isola, altrimenti i costi di gestione sono insostenibili”.

L’obbiettivo comune delle attività di prevenzione è quello di lavorare a partire dalle reali esigenze e disponibilità dell’Isola con soluzioni concrete, cercando il coinvolgimento della comunità; i progetti su grande scala rischiano altrimenti di essere inconcludenti e rallentare le attività più urgenti. Alcune associazioni, come Attiva Stromboli e La Scuola in mezzo al mare, hanno unito le forze, sotto il nome di Stromboli.live, per aprire una raccolta fondi e sostenere un programma di interventi agricoli e valorizzazione ambientale. Ad oggi sono stati raccolti 50.000 euro, che saranno investiti in attività come la piantumazione delle colture autoctone, la cura degli ulivi danneggiati dall’incendio e il ripristino dei muretti a secco, antichi supporti agricoli ancora oggi efficaci nel mitigare i danni idrogeologici.

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Fabrizio Villa//Getty Images

Stromboli.live vuole guardare avanti e lavorare sulla progressiva sensibilizzazione delle generazioni più giovani al passato agricolo del territorio – fatto di terrazzamenti di vite, capperi, olivi e fichi d’india - per avviare un’attività agricola consapevole del proprio passato e remunerata, da svolgere anche nei mesi invernali, quelli più “scarichi”, che prevede la manutenzione dei terreni privati, la radicazione dei rampicanti infestanti, il ripristino delle antiche cisterne per la raccolta dell’acqua, l’attivazione delle produzioni locali, come la Malvasia o l’olio, sono i punti su cui insiste l’associazione. L’ulivo diventerebbe “un pretesto” per attivare una serie di operazioni sociali e di valorizzazione del patrimonio strombolano. Come dichiara Paolo De Rosa, in prima linea nel progetto: “Ci impegniamo per dare una svolta a una visione che si è acutizzata negli ultimi anni. Qui c’è il turismo del mare e del sole condito dal vulcano, ma questa è una terra. Conosciamo solo un turismo stagionale, che ha fatto diventare stagionale anche la manutenzione delle case e della terra: si è indebolito il concetto di paese”.

Il recupero di un rapporto consapevole con la terra, per Stromboli e per i territori fragili ed esposti, assume quindi una valenza plurima e attiva un circuito proficuo: oltre a offrire lavoro all’uomo, può contribuire a mitigare i rischi causati dagli incendi e idrogeologici e a rinforzare il valore identitario con il territorio in cui si vive. Si spera che quelle che Stromboli sta faticosamente mettendo in piedi possano essere delle linee di condotta per un modello d’intervento, svincolato per quanto possibile dai programmi politici e che si radichi nel tessuto sociale del luogo, che conduca alla sensibilizzazione e la valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale.

Senza prevenzione, sarà impossibile evitare l’emergenza. L’acqua continua a cadere e Stromboli ha ancora bisogno di attenzione e di essere curata, a partire da chi la abita.

Per saperne di più sul programma di prevenzione e la raccolta fondi: stromboli.live