C’è stato un momento nel quale sembrava che i Pokémon dovessero conquistare la Terra. Turbare - al pari di fumetti, romanzi, cinema e pornografia - le menti e l’anima dei più giovani. Una qualche mossa audace per pervertirli e portarli, a seconda della visione, verso il satanismo, la pederastia, il comunismo, l’asocialità e un buon numero di altre problematiche relazionali, sociali, religiose, morali, sessuali e politiche. A volte tutte insieme.

Così non è e non è mai stato, ovviamente. Al massimo hanno spinto centinaia di migliaia di bambini, preadolescenti, adolescenti, giovani adulti e adulti fatti e finiti all’accumulo compulsivo e ossessivo di diverse bizzarre creaturine, tenute chiuse e sigillate dentro le comode pokeball e allenate forzatamente per compiere manovre specifiche secondo i desiderata del possessore. O mi confondo con il circo?

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Ad ogni modo, i Pokémon hanno cambiato l’immaginario e l’inconscio collettivo mondiale. Se sembra esagerato, facciamo un passo indietro. A partire dai tardi anni Novanta, le bestiole di Satoshi Tajiri e Ken Sugimori hanno ibridato la bizzarria intrinseca - soprattutto agli occhi occidentali - della cultura orientale con una prosaicità commerciale che ha fatto scuola, infettando l’esistente. Dai collezionabili ai cartoni (quelli animati), passando per gli immancabili e classici giochi sulle piattaforme Nintendo, queste tenerose creature hanno avuto un impatto tale nella formazione di buona parte della popolazione consumista mondiale che quasi sicuramente un paio di leader mondiale sono, oggi, ai loro comandi. They live.

Come se non bastasse, non contenti di essersi riprodotti a dismisura lungo decine e decine di titoli, e aver creato un indotto paragonabile a quello di un grosso Stato, non più tardi di un paio di anni fa hanno definitivamente esploso il loro mondo narrativo (dalla storia tutt’altro che idilliaca, tra l’altro, nonostante le apparenze) fino a portarsi all’apice delle possibilità e dei loro sogni: hanno invaso la realtà.

Con Pokémon Go hanno cioè costretto noi poveri bipedi urbanizzati a scendere in strada e, tremendo, camminare. Scatenando così l’ira funesta degli esagitati di turno, qualche incidente di percorso a chiunque non guardi dove va e la preoccupazione mediatica di ordinanza, sono riusciti a far digerire al grande pubblico un’ulteriore forma di schiavitù veicolata attraverso i nostri cellulari. Essi vivono, appunto.

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In pratica, mi correggo, sono i dominatori incontrastati del globo. In quando fedele, fedelissimo schiavo, colgo quindi l’occasione per complimentarmi della loro ennesima venuta al mondo. Ecco a voi: Pokémon: Let's Go, Pikachu! e Let's Go, Eevee!, i nuovi gemellini piovuti su Nintendo Switch, in forma di remake sui generis.

La virtù principale del gioco sta in una mossa semplice e geniale: cercare di rilanciare il franchise in una piattaforma di successo, al confine tra mobile, console casalinga, mobilità ibrida e passaggio di testimone. Con Nintendo Switch potete difatti giocare un po’ dove vi pare, e persino muovere tutti i bei risultati ottenuti su Pokémon Go mentre cercavate di non finire nel fiume o sotto a una macchina. L’esperienza è peraltro servita ed è stata integrata e rivisitata, anche a livello di meccaniche, in questo nuovo capitolo.

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Un gioco che brilla per l’accessibilità, la facilità d’uso, le migliorie e gli aggiustamenti rispetto ai precedenti capitoli e, per i meglio corazzati, le inaspettate potenzialità ludiche e tattico-strategiche. Perché il mondo dei Pokémon non è così coccoloso come appare e, soprattutto, Loro ci guardano sempre.

Dimenticavo: l’anno prossimo esce anche un film che sembra la versione contemporanea di Chi ha incastrato Roger Rabbit?, quel Pokémon: Detective Pikachu che vedrà anche la partecipazione della voce di Deadpoo… pardon, Ryan Raynolds. Talmente delirante che potrebbe funzionare.

Inchinatevi dunque a queste dolci, tenere, vincenti creaturine. Prima che sia troppo tardi e vi urlino addosso: “Gotta catch’em all”.

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