In questi giorni molti organi d’informazione hanno, giustamente, celebrato il ventennale dalla prima messa in onda de I Soprano, che fu trasmesso da HBO il 10 Gennaio 1999. Quando si parla dello show creato da David Chase con James Gandolfini nella parte del boss mafioso Tony Soprano, si va spesso incontro a diversi luoghi comuni, vuoi perché dopo 20 anni lo show ha raggiunto uno status per il quale sarebbe impossibile parlarne male, sia perché uno dei più grandi cliché sui Soprano è che abbia cambiato per sempre il mondo delle serie tv, senza poi però spiegarne le ragioni.

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All’epoca della sua creazione, lo showrunner David Chase era tutto fuorché entusiasta di rendere il suo progetto, che prevedeva un film con Robert De Niro, una serie tv. Come lo stesso Chase ammise a Vanity Fair: “Non volevo oltrepassare la linea da cinema a televisione solo per salvarmi il culo. La televisione è una conseguenza della radio. E la radio è tutto un bla bla bla. E lo stesso vale per la televisione: bla bla bla. È prigioniera del dialogo, è un film con persone che parlano in continuazione. Parole che lampeggiano ovunque. Quando i dirigenti HBO mi dissero che pensavano avessi una grande idea per una grandiosa serie TV io non stavo proprio morendo dalla voglia di sentirli parlare, perché la voce nella mia testa era: non me ne frega un cazzo - odio la televisione.”

Nonostante le premesse non fossero rosee lo show durò per ben 6 stagioni distribute in 8 anni, vincendo 21 Emmy e 5 Golden Globe e tenendo incollati allo schermo più di 12 milioni di americani la sera del 10 giugno 2007 per l’ultimo episodio “ Made in America”, che fu anche uno dei momenti di sperimentazione televisiva più alta, con il famoso fade to black finale di 10 secondi prima dell’inizio dei titoli di coda. In Italia la serie non ebbe gran fortuna, arrivò nel 2001 e si alternò tra Rai e Mediaset andando in onda a tarda notte, per poi essere riscoperta solo anni dopo, ma nel nostro paese resta principalmente un prodotto amato da critici e esperti del settore.

Ma perché e come I Soprano hanno cambiato la televisione, facendo da tramite verso quella che ora è vista come la Golden Age delle serie TV?

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Nel non semplice tentativo di ricondurre all’essenza una serie da 86 episodi da un’ora l’uno e con un elevato numero di trame, sottotrame, simbologie e parallelismi, I Soprano parla dell’impossibilità di definire una persona, per quanto bene o male questa possa fare, e di come sia realmente impossibile dirsi tutta la verità. Tony non riesce a essere sincero con nessuno: mente alla moglie Carmela, ai figli Meadow e AJ, ad amici e scagnozzi, mente allo zio-boss Junior, alla madre Livia, alla sua terapista ma sopratutto mente a sé stesso.

Tony è depresso e va in cura dopo aver avuto un attacco di panico - per il quale neanche lui riesce a trovare un reale motivo- nell’ormai iconico primo incontro con la Dottoressa Melfi. Durante la prima seduta, Tony Soprano dice due cose che riflettono lo zeitgeist dell’uomo di fine millennio: lamenta la sparizione del “strong, silent type” alla Gary Cooper, simbolo di virilità che faceva quello che doveva essere fatto senza farsi traviare dai propri sentimenti e infine, messo alle strette, confessa la natura della sua tristezza, rendendola universale: da quando uno stormo di anatre ha lasciato il suo giardino per migrare, si sente depresso.

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I Soprano sono uno show su un uomo che vorrebbe cambiare ma non ci riuscirà mai, e da questo punto di vista penso sia legittimo affermare che senza Tony Soprano non ci sarebbe stato nessun Walter White, nessun Don Draper, nessun Dexter, nessun Jimmy Mcnulty, nessun Nucky Thompson.

Prima dei Soprano il pubblico cercava personaggi moralmente conflittuali al cinema - ladri, gangster, poliziotti e politici corrotti e così via- ma nel salotto di casa, lo spazio era dedicato agli eroi virtuosi, alla serialità che ritorna ogni puntata allo stesso inizio.

I Soprano hanno creato una mitologia televisiva e per la prima volta il pubblico veniva a conoscenza della potenza ma sopratutto delle potenzialità del mezzo, chiedendosi non più a che punto si fosse ma dove si stesse andando con la storia; certificando il fatto che la serie avesse creato un universo dove personaggi credibili si muovevano in uno spazio che aveva preso una dimensione di realtà parallela e verosimile a tutti gli effetti.

Il mondo dei Soprano potrebbe andare avanti anche senza i suoi personaggi cardine, ed è proprio quello che lo show ha fatto nell’arco di 6 stagioni, facendo sparire o uccidendo brutalmente personaggi considerati irrinunciabili, anticipando il trend che si è venuto a creare anni dopo - con serie come Game of Thrones - dove l’eliminazione sistematica di personaggi principali è vitale per fare tabula rasa e far ripartire la narrazione da basi nuove.

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I Soprano è uno dei più grandi show nella storia della televisione e ha cambiato per sempre le regole del gioco grazie ad una scrittura dove testo, sottotesto e simbolismo vanno di pari passo, utilizzando production values cinematografici ed un cast talentuoso ma perlopiù sconosciuto, dimostrando come prendersi dei rischi a livello televisivo possa portare non solo ascolti e costosi spazi pubblicitari da affittare ma anche come un network via cavo possa creare cultura e discussioni intorno ad un proprio prodotto ed essere elevato a simbolo generazionale.

Oltre a tutti gli elementi in precedenza citati, la vera magia dei Soprano risiedeva senza dubbio nella figura quasi golemica di Tony Soprano, nelle sue esplosioni di violenza, rabbia, tenerezza, frustrazione, fragilità. Un articolo su Highsnobiety tira in ballo la famosa distinzione di Hitchcock fra sorpresa e suspance: la sorpresa è quando la bomba esplode, mentre la suspance è sapere che la bomba sia pronta a detonare, con lo spettatore che versa in un continuo stato di tensione. Questo è probabilmente ciò che ha reso i Soprano così irresistibili e iconici. Tony era la bomba, ed era sempre pronto ad esplodere.