Oggi lo diamo per scontato ma c’è stato un tempo non troppo lontano in cui l’idea di andare su internet a guardare qualcun giocare ai videogiochi era piuttosto stramba. Il ruolo di Pewdiepie, lo youtuber con più iscritti al mondo al suo canale (nel momento in cui scriviamo), è stato importante nella definizione e ascesa di un genere poi diventato business: il gaming “passivo” come forma di intrattenimento.

A dare fama a Felix Kjellberg, vero nome del 29enne svedese, furono soprattutto i suoi “jump-scare”, reazioni spaventate a videogiochi horror. Nato nel 2010, il canale crebbe velocemente: ecco un suo profilo su VICE nel 2014; eccolo l’anno successivo ospite del Late Show di Stephen Colbert; eccolo nel 2017 accusato di antisemitismo e simpatie d’estrema destra – un attimo: andiamo per gradi.

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Circa un paio d’anni fa ha cominciato a dipingersi attorno allo youtuber un’aura politicamente inquietante, alimentata prima da qualche mossa ambigua e poi da veri e propri scandali. Lo scorso anno, per esempio, un suo video gli è costato una partnership con Disney e lo stesso YouTube, in seguito alla denuncia del Wall Street Journal dei suoi comportamenti antisemiti (quando pagò degli sconosciuti su Fiverr per fargli scrivere “Morte agli ebrei” su un cartello e danzarci attorno).

In quei mesi si parlò anche del facile uso che Pewdiepie faceva di Hitler e della svastica, dettagli non da poco visto che, sempre nel 2017, dopo lo scandalo del WSJ, non si trattenne dal dare del “n*gger” a un altro giocatore durante un live-streaming. Una lunga serie di scandali con cui arriviamo alla scorsa settimana, quando ha consigliato un video di un canale apertamente vicino al nazionalismo bianco, riaccendendo il dibattito.

Se lo svedese ha da sempre smentito d’aver simpatie naziste (“nazi stuff”, come le chiama), è interessante notare come negli ultimi mesi si sia avvicinato pubblicamente a un pezzo di alt-right, la “nuova destra” americana che ha trovato in Trump un’espressione politica, come dimostra l’inaspettata collaborazione tra Pewdiepie e Ben Shapiro, una delle personalità più note di quest’area politica, che ha prodotto questo “epico” video sui meme con più di 6 milioni di visualizzazioni.

E qui veniamo al punto: chi ha radicalizzato Pewdiepie? Chi ha spinto uno svedese amante dei videogiochi a… questo? La risposta, in linea con l’epoca che stiamo vivendo, è complessa, preoccupante e tende ad avere a che fare con gli algoritmi.

Innanzitutto è necessario ricordare quanto la cosiddetta alt-right abbia pescato dalla comunità gaming, come dimostra Gamergate, una grande campagna nata nel 2014 come protesta per alcuni interessi in gioco tra recensori e sviluppatori di videogame, e trasformatasi in una caccia all’uomo - pardon: alla donna - dai contenuti misogini e razzisti. Il nesso tra Gamergate e alt-right è evidente, come dimostra il fatto che personaggi come Mike Cernovich e Milo Yiannopoulos siano nati proprio in quei giorni infuocati, durante i quali decine di persone ricevettero centinaia di minacce di morte e stupro, o furono “doxate”.

Il nemico: MSM

Ogni rivoluzione ha bisogno di un nemico. Le nuove personalità del web ne ha uno piuttosto chiaro, che curiosamente condividono con i populisti di tutto il mondo: i media mainstream, o MSM. Basta guardare la citata ospitata di Pewdiepie da Colbert per annusare la crisi imminente: da un lato un medium enorme, ricchissimo ma morente, ingessato e “politicamente corretto” in quanto profondamente regolato; dall’altra un tizio che ha accumulato un seguito gigantesco giocando a Happy Wheels. Quasi inevitabili le frecciatine, le battute sulla bassezza dei secondi rispetto ai primi, che riecheggiano quelle dei “grandi” verso i “piccoli; peccato abbiano finito per alienare queste nuove leve, sottovalutandone l’influenza e costringendole all’isolamento nel “loro” mondo.

Il rischio, l’esagerazione, il drama sono elementi basilari della cultura di YouTube. Non occorre conoscere l’oeuvre dei fratelli Jake e Logan Paul per capire come l’intrattenimento offerto dalla piattaforma si basi sulla promessa continua di un qualcos'altro che sarà più grande, più nuovo, più emozionante. Oh, e sempre, perché, per citare Jake Paul, acerrimo nemico di Pewdiepie e mezzo mondo, “It’s Everyday Bro”. Da qui il mondo delle televisioni, giornali e riviste che risulta bizzarro e arcaico, pieno di palinsesti, giornalisti, editor, fact-checker, tecnici: è l’ancien régime, è affogato nelle sue stesse regole e non capisce nulla di internet.

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Nella sua ospitata da Colbert, intrappolato in quel completo che sembra un costume da adulto noioso, Kjellberg dice quasi subito “fuck”, ispirando una domanda del giornalista, proprio sul numero di parolacce nel suo canale. In pochi secondi, ecco i due mondi in collisione che si confrontano sull’argomento che più li divide, i limiti verbali e di condotta. La cultura del gaming è nata in forum, chat private e ambienti come 4chan, non conosce limiti e norme, anzi li rifiuta inseguendo l’eccessivo – o l’edgy, come lo chiamano. Il rifiuto del politicamente corretto è basilare, quindi, e a questo si richiama Pewdiepie quando cerca di difendere le sue trovate più estreme trattandole come “battute”. Le battute a cui lui è abituato includono parole come “n*gger”, da sempre, basta che “il contesto” sia chiaro. E allora perché non usarla? Non siamo mica sulla CBS!

L’algoritmo radical

In tutto questo, come anticipato, l’algoritmo di YouTube gioca una sua parte nel raccomandare video sempre più affini agli interessi (veri o presunti) degli utenti, finendo spesso per inserire contenuti problematici tra i “raccomandati”. La studiosa Zeynep Tufekci ha definito la piattaforma “il grande radicalizzatore” sul New York Times, tentando una metafora alimentare: "Youtube ha creato un ristorante che serve cibo sempre più zuccheroso e grasso [...]. Col tempo i nostri gusti si abituano al sapore e vogliono cibo ancora più zuccheroso e unto, che il ristorante ci serve subito".

Il quadro non è rassicurante: un’intera generazione si sta formando su YouTube, piattaforma che può diventare un agente di radicalizzazione. Il sito Quartz ha per esempio spiegato come la teoria della flat earth, la buffonata dei terrapiattisti insomma, si sia diffusa pericolosamente anche grazie alla funzione “autoplay” di YouTube: poniamo il caso siate delle persone scettiche e amanti della “contro-informazione”; l’algoritmo potrebbe finire per consigliarvi contenuti sempre più estremi e quindi interessanti. E farebbe bene, perché il suo obiettivo è l’engagement – tenervi occupati a consumare minuti di video.

Come ha spiegato a Esquire Ryan Broderick, giornalista di BuzzFeed da anni attento alle frange più estreme del web, “quando, come Pewdiepie, produci contenuti per un pubblico perlopiù molto giovane, fatto di ragazzi gamer, c’è questa ricerca dell’edgy, del tagliente e rischioso, che è una corsa al ribasso”. Quando i MSM bussano poi alla porta e denunciano questo processo di estremizzazione, il risultato che ottengono è di accelerarne e aumentarne la portata. “Non associo Pewdiepie con l’alt-right”, continua Broderick, “ma per molti giovani può fungere da portale verso quel mondo, specie quando i giornalisti ne parlano male e poco precisamente. Credo che le pubblicazioni mainstream facciano spesso più danni che altro quando trattano YouTube”.

Forse è così che Felix è finito tra le mani di Ben Shapiro a discernere di meme “epici”: per frustrazione e desiderio di rivalsa verso i MSM, vecchi e polverosi. Il problema è che, con il complice aiuto di YouTube, questa sua crociata personale rischia di coinvolgere milioni di giovani desiderosi di ribellione.