Barba lunga e aria un po’ hipster, giacca da giovane professore, voce profonda e sicura. Julian Fuks è uno dei più brillanti scrittori brasiliani di nuova generazione, pluripremiato e selezionato dalla rivista letteraria Granta per rappresentare il futuro della letteratura del Brasile. La sua ultima opera, A Resistencia, racconta la fuga degli intellettuali argentini durante la dittatura militare. Tra coloro che in quegli anni scapparono dall’Argentina c’erano anche i genitori di Julian, che così nacque in Brasile, figlio di due generazioni di esuli, visto che già i suoi nonni – ebrei – erano precedentemente fuggiti dalla Romania per scampare alla follia dell’antisemitismo.

Oggi, con la recente vittoria di Jair Bolsonaro alle elezioni presidenziali brasiliane (quello che chiama “gentaglia” i suoi avversari e dice che se ne dovranno andare dal Brasile; quello che sostiene che l’errore della dittatura militare brasiliana sia stato torturare invece di uccidere), Julian Fuks parla della necessità di una nuova resistenza da parte di artisti e intellettuali e della possibilità di “combattere le armi con i libri”. Eppure ammette, come molti suoi colleghi, di aver paura di dover autoesiliarsi dal Brasile, anche se mai avrebbe pensato che il suo destino finisse per assomigliare tanto a quello della sua famiglia.

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"Intorno a me vedo un’escalation di violenza preoccupante", confessa Julian. "Non sto pensando di lasciare il Paese immediatamente, ma mi sto seriamente chiedendo se e quando dovrò farlo. È chiaro che questo governo punta a controllare e soffocare la cultura, bloccando ogni investimento e mettendo in pericolo la libertà artistica. Eppure, gli artisti e gli intellettuali non sono la categoria più in pericolo: a patirne veramente le conseguenze saranno neri, poveri, gay. È soprattutto per loro che è tempo di resistere". Per questo, all’indomani della vittoria del Partito Social Liberale, Julian Fuks ha scritto un “Manifesto della letteratura per la democrazia, per la libertà e per l’empatia”, che in pochi giorni ha raccolto centinaia e centinaia di firme di intellettuali di tutto il mondo.

La paura però resta. "La situazione è seria", spiega Julian. "Quando un presidente come Bolsonaro va al potere, sappiamo benissimo come può andare a finire, perché ci siamo già passati. Temo per la vita di molti amici, giornalisti, omosessuali, che si sentono minacciati in maniera veramente forte e diretta. Per questo credo che sia mio dovere restare qua e combattere quello che sta avvenendo".

Artista e gay: una combinazione pericolosa

Non fa mistero della sua volontà di andarsene invece Ligiana Costa, famosa cantante, ricercatrice e musicologa brasiliana. Lesbica e militante del movimento LGBT, vorrebbe lasciare il Paese prima che la situazione degeneri, ma in questo momento non può perché, pur avendo vissuto molti anni in Europa, non ha il passaporto europeo.

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foto di Gilberto Abucarma Moreschi

"Questo non è solo un governo di estrema, è un governo con forti tratti di fascismo, che istiga all’odio verso artisti, gay, neri, indigeni e anche verso le donne, soprattutto verso quelle che non rispondo ai loro canoni estetici e comportamentali. Tutto ciò autorizza simbolicamente e moralmente i Brasiliani a diventare 'assassini' del proprio vicino di casa, anche perché l’unica proposta per la sicurezza fatta da questo governo è quella di armare la popolazione", spiega Ligiana. "Sono lesbica, convivo con una donna, e credo seriamente che ci siano pericoli reali per la nostra vita e per la nostra incolumità. La situazione è gravissima: è probabile che andrò via dal Brasile non appena ne avrò l’occasione".

Il pericolo è il tuo vicino

Sfrutterà la fortuna di avere una doppia cittadinanza un’altra giovane intellettuale brasiliana, Francesca Cricelli, poetessa e ricercatrice a San Paolo. È stata lei qualche anno fa a recuperare le lettere inedite che Giuseppe Ungaretti scrisse al suo grande amore brasiliano, Bruna Bianco, e che furono poi pubblicate per Mondadori l’anno scorso.

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Courtesy Francesca Cricelli

Sin da quando era piccolissima, Francesca ha sempre viaggiato e vissuto in tutto il mondo, quindi il prossimo spostamento non avrebbe comunque tardato ad arrivare: "Il degenerare della situazione politica però mi ha costretto ad abbreviare i tempi e il prossimo anno, subito dopo la presentazione della mia tesi di dottorato, mi trasferirò a Reykiavik, in Islanda. In questo momento la situazione brasiliana è gravissima: Jair Bolsonaro ha già dimostrato di voler far retrocedere la nostra cultura in maniera inimmaginabile, e di voler fare la guerra ad artisti, musicisti e scrittori".

Anche secondo lei, il pericolo principale è l’effetto che Bolsonaro e le sue parole hanno sulla gente comune: "In una delle sue trasmissioni live sul cellulare, Bolsonaro ha detto chiaramente: 'chi non è con noi deve andarsene dal Brasile o sarà arrestato'. Io stessa, questa settimana, ho dovuto sentirmi dire dalla mia vicina di casa: 'meglio che ve ne andiate tu e gli altri 47 milioni'. Mi spaventa che la gente per strada abbia perso la testa e si senta autorizzata ad aggredire sia verbalmente che fisicamente chi non condivide le stesse idee. Amo profondamente il mio Paese ed è una ferita immensa vedere cosa succederà qui. Lotterò in ogni modo possibile per oppormi a questa barbarie, ovunque sarò nel mondo".

Solidarietà da Parigi

Lotta a distanza per il suo Paese anche Leonardo Tonus, professore di letteratura e cultura brasiliane alla Sorbona di Parigi. Vive in Francia da trent’anni, ma è rimasto molto legato al Brasile, e si è già dichiarato disponibile ad accogliere le richieste di aiuto di molti parenti e amici che lavorano nella cultura e nel giornalismo, e che dopo la vittoria di Bolsonaro hanno chiaramente espresso la volontà di autoesiliarsi in Europa. "La campagna del presidente eletto era in gran parte basata sulla sfiducia e il disprezzo per giornalisti e produttori culturali. È probabile che questa sfiducia e questo disprezzo portino a un significativo declino (o addirittura alla completa scomparsa) del sostegno del governo alle azioni culturali, o, peggio, alla censura basata sulle scelte ideologiche del governo".

Pur vivendo all’estero, il professor Tonus è convinto che la nuova situazione politica brasiliana possa inficiare la sua libertà di espressione: "Da molti anni lavoro sulla rappresentanza sociale delle minoranze in campo letterario brasiliano. La maggior parte delle mie ricerche si concentrano su questioni che sono state bistrattate dalla campagna presidenziale: diritti delle donne, questioni razziali e di genere, transculturalità, migranti e rifugiati politici. Sono spesso invitato a partecipare a conferenze o incontri in Brasile. Mi chiedo quali siano le garanzie di libertà di espressione attualmente offerte dall'attuale presidente eletto".

Tonus ha un’idea piuttosto chiara di come questo governo agirà contro la cultura, in quello che lui definisce il pericolosissimo “cocktail molotov” formato dalla duplice base ideologica della campagna di Bolsonaro, che – a suo dire – associa un oltraggioso neoliberismo a una posizione dichiaratamente neofascista: "Non credo che sperimenteremo un ritorno alla dittatura militare come quella degli anni Sessanta. Questa repressione si manifesterà, a mio parere, in un modo più subdolo, ogni giorno, dagli attori sul posto o peggio dalla società civile".