Lettere al Direttore
2 Marzo 2018

Attenzione alla patente di antifascista

di Redazione | 3 min

Folco Quilici, che ci ha da poco lasciati, nel suo libro autobiografico “Tobruk” scrive che Giorgio Bassani ricevette personalmente dal direttore della Biblioteca Comunale “Ariostea” l’invito a non mettere più piede nei locali di via Scienze in quanto ebreo.

Tale direttore, scrive Quilici, si sarebbe poi riciclato nel dopoguerra come agguerrito antifascista.

Credo che nell’80° anniversario delle infauste leggi razziali (1938-2018) sarebbe bene ricordare anche episodi di tal fatta!

Visto che è tornato di moda parlare di antifascismo mi chiedo altresì quanti furono coloro che, al momento opportuno, decisero di cambiare casacca. Per motivi ideali? Ritengo che qualche dubbio sia lecito.

Vittorio Foa, in una delle ultime interviste televise, raccontò che durante la Resistenza (e specialmente verso la fine, quando la sconfitta del fascismo appariva certa) molti intellettuali si avvicinarono a chi combatteva per la libertà, schierandosi dalla parte dei partigiani. “Ma non ne ricordo uno – diceva Foa – che avesse protestato contro le leggi razziali nel 1938”.

E che dire di Delio Cantimori (che addirittura scrisse parole di elogio per il nazismo) di Paolo Fortunati (che fu a Padova capo ufficio stampa della federazione provinciale del PNF, a Ferrara fu docente fondò la Scuola di Perfezionamento in Scienze Corporative e a Palermo diresse l’Istituto Fascista di Cultura), il quale passò dalla camicia nera alla bandiera rossa, tanto da essere eletto per ben cinque volte al Senato nelle liste del PCI?

Il nome di Paolo Fortunati non risulta nell’elenco dei professori universitari che rifiutarono di giurare fedeltà al regime, nè constano sue parole di riprovazione nei confronti delle leggi razziali o di solidarietà nei confronti dei colleghi ebrei costretti a lasciare la cattedra.

Eppure divenne preside della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Bologna e al suo nome venne intitolato il Dipartimento di Scienze Statistiche del medesimo ateneo…

Un’ultima parola (me l’elenco dei “riciclati” sarebbe lungo…) per ricordare la vicenda di Gaetano Azzariti.

Già presidente del famigerato “Tribunale della Razza”, operò un triplice salto mortale perchè, dopo la caduta del fascismo, si riciclò quale collaboratore di Togliatti quando “il migliore” divenne ministro della Giustizia, salvo “mollarlo” allorchè De Gasperi estromise i comunisti dal governo (1947). E così, con il beneplacito della D.C., riuscì a raggiungere il massimo traguardo diventando presidente della Corte Costituzionale!

Aggiungo, per chi non lo sapesse, che il suo busto troneggiava fino a poco fa nel salone d’onore della Consulta! Ora – e dopo molte proteste- con ipocrisia tutta italiana, al posto del busto (ufficialmente rimosso perchè bisognoso di non meglio precisati “restauri”) c’ è una bella pianta che ricopre il vuoto lasciato dalla scultura…

Non solo, ma per aggiungere ipocrisia all’ipocrisia, assieme al busto di Azzariti  (par condicio?) è stato inviato al “restauro” anche il busto dell’incolpevole Enrico De Nicola…

Non si sa mai…avrà pensato qualcuno.

Onore agli antifascisti veri, come Gobetti, Amendola o i fratelli Rosselli, che furono antifascisti quando ci voleva dell’autentico coraggio e un’elevata dose di virtù civili per combattere il regime dominante. Ma facciamo attenzione a dare la patente di antifascista ai premi Nobel del cambio di casacca che sono riusciti a fare carriera per ben due volte: prima come fascisti e poi come antifascisti.

Rino Bonora

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