Politica
21 Maggio 2018
Il neo deputato estense all'assemblea del Partito Democratico: «Congresso non sia resa dei conti, costruiamo un'offerta politica senza andare con il cappello in mano da nessuno»

Pd. Marattin: «Se pensiamo che basti attendere sulla riva del fiume abbiamo capito male»

di Redazione | 4 min

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«Le nostre parole d’ordine non devono essere protezione, devono essere opportunità e cambiamento». Così Luigi Marattin, neo deputato del Pd si è espresso durante l’assemblea del Partito Democratico di sabato 19 maggio.

Assemblea che, nella lettura dell’ex assessore al bilancio ferrarese, si è repentinamente spostata dall’analisi della sconfitta a un anticipo del futuro congresso, ma senza che le cose cambiassero: «Ci saremmo divisi ugualmente, così come ci divideremo al congresso», profetizza Marattin, che però rilancia.

«Di cosa è fatta la nostra opposizione, qual è la strategia che intendiamo darci? – chiede –
Se pensiamo di stare sulla riva del fiume e attendere il fallimento delle promesse populiste ad attendere di guadagnare la rendita in questo modo, abbiamo capito male. Quando gli italiani verranno delusi dal fallimento, non è che automaticamente voteranno per noi, voteranno per noi solo se avremo costruito alternativa credibile e forte»

«Sono 15 anni che alla nostra sinistra, a ogni appuntamento elettorale, qualcuno si stacca, ci dice che siamo servi dei padroni, dell’imperialismo… vanno alle elezioni, sono 15 anni che prendono il 2 o il 3% – incalza Marattin -. Quando si dice “facciamo nuovo centrosinistra” stiamo dicendo che dobbiamo rivolgerci di nuovo in quella direzione o no? Secondo me no».

Una direzione che per il deputato estense non è quella che sembra voler seguire il reggente Maurizio Martina, quella della “protezione”: «Era termine che usava spesso anche Bersani. Secondo la mia opinione, nel mondo ultimamente le offerte politiche si caratterizzano quasi tutte per quel termine lì, che è un termine di successo: c’è cambiamento in atto, ma non ti preoccupare, io ti proteggo, il cambiamento non riguarderà te».

Ma è esattamente ciò che – secondo Marattin – il Pd dovrebbe evitare: «Le nostre parole d’ordine non devono essere protezione, devono essere opportunità e cambiamento. Opportunità: perché il mondo che è cambiato completamente da metà anni Novanta, aprendo confini che per 45 anni erano stati stretti e che non fornisce pericoli ma opportunità per aziende, studenti, lavoratori, sistema economico che può aumentare salari e profitti con la produzione che aumenta. Però non tutti ce la fanno da soli, questo ci distingue dalla destra, perché c’è destra liberista nel mondo che dice “tranquillo ho le opportunità e vedrai che tutto fiorirà”. Noi diciamo “capiamo che queste opportunità non sono alla portata di tutti, allora io ti accompagno nel percorso, perché quelle opportunità le puoi cogliere soltanto se modifichi il tuo modo di comportarti, se tu impresa lavori diversamente, se tu sindacato pensi diversamente, se tu pubblica amministrazione lavori diversamente, se tu sindaco organizzi lo spazio pubblico diversamente: devi cambiare e io ti accompagno in quel cambiamento, tu non sarai solo in quel cambiamento».

Per Marattin i governi Renzi e Gentiloni si inseriscono esattamente in questo solco: «La miglior esperienza riformista che abbiamo mai avuto in Italia»

«Allora – prosegue Marattin – io voglio sapere se andiamo a fare congresso in cui ripetiamo gli errori del decenni scorsi, tutti contro uno come fu con Berluconi per 20 anni, adesso potrebbe essere il populismo, per cui ci mettiamo tutti insieme con un’offerta politica raccogliticcia e alla fine perdente, in cui andiamo con il capello in mano anche da chi ci vuole sputare in faccia; oppure se abbiamo la forza e il coraggio di costruire un’offerta politica che guardi ai prossimi decenni. Perché in questo paese l’offerta politica per troppo tempo è stata misurata su binari sbagliati. Nella Terza Repubblica, che non esiste secondo me, l’offerta politica è: tu sei quello che guarda un problema e dà la risposta di pancia o dai una risposta di testa e di cuore. Responsabilità contro slogan, orgoglio e prospettiva contro risposte semplicistiche. Quell’offerta politica come la costruiamo, con quali parole d’ordine, con quale personale politico e con quale forza ideale? Se questo non dev’essere – è la conclusione – e deve essere una resa dei conti, una caccia, una vendetta dopo la fine di un impero, quel congresso non mi interessa. Ma ho la speranza che possa essere un momento fondativo di un’offerta politica che noi costruiamo senza chiedere il permesso a nessuno e senza andare con il cappello in mano da nessuno».

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