Lettere al Direttore
5 Novembre 2018

La laicità, teniamo viva la discussione

di Redazione | 5 min

Alcuni anni fa ha avuto una certa fortuna l’espressione “paese normale”: Ora [..] si può guardare avanti, con fiducia e speranza. Fiducia in un’Italia oggi meno nervosa di ieri, più ottimista, che chiede alla sua classe dirigente cose semplici e chiare: stabilità, tranquillità, normalità. Nella speranza che finalmente possa arrivare il cambiamento: un cambiamento dolce che dia agli italiani la certezza di un futuro sicuro.

Scriveva così, Massimo D’Alema. Al di là della profezia (sulla cui concretezza sarebbe troppo facile ironizzare), forse si può dire che la scelta dell’espressione (“paese normale”) non è stata molto felice.

I termini per un’analisi possono essere diversi, s’intende – e uno sceglie quello che ritiene più opportuno: alcuni concetti sono però altrettanto incerti come quello della ‘normalità’ (l’Italia è un paese “moderno”?), altri invece hanno forse una presa più concreta. Se ci chiedessimo, per esempio, a che punto siamo con l’antifascismo (vedi Predappio, l’altro giorno, le minacce a Berizzi ecc.) potremmo essere molto netti nella risposta.

Ma l’area che interessa qui, e sulla quale vogliamo spendere alcune parole, è un’altra: la laicità. Lasciamo quindi da parte gli altri contenitori (normalità, modernità, antifascismo).

A inizio settembre la libreria Feltrinelli (via Garibaldi) ha esposto in vetrina un cartello: “calendario laico di settembre”. I giorni segnalati in questo ‘calendario’ erano: 8 settembre, 16 settembre, poi il 21, il 27 e infine il 28 settembre. Un elenco quanto meno insolito.

L’8 settembre – si leggeva in vetrina – è la giornata internazionale dell’alfabetizzazione, il 16 è dedicato alla protezione della fascia di ozono, il 21 è la giornata della pace, il 27 la giornata del turismo, il 28 la giornata internazionale per l’accesso all’informazione.

Tutto molto interessante, peccato che in settembre la giornata della laicità per eccellenza, da diversi decenni, è il 20: la liberazione di Roma, cioè la fine del potere temporale.

Si può parlare di laicità in Italia sorvolando su questo piccolo particolare? Ma soprattutto, si parla di laicità in questo paese?

A fine novembre è in programma a Ferrara una giornata di studio sulla laicità. Forse qualche risposta verrà fuori da questa iniziativa. Nel convegno sono previste tre relazioni: la laicità nel pensiero politico europeo; la laicità e la Costituente; la laicità e la scuola. I relatori sono due docenti dell’università di Ferrara (Alberto Castelli, Michele Pifferi) e un’avvocata di Roma (Natalia Paoletti). A organizzare la giornata – insegnanti di scuola media. L’obiettivo del corso è quello di scavare nella storia del novecento da una parte, e nella storia presente dall’altra.

Per quanto riguarda il presente, in maniera più specifica, si vuole indagare all’interno di uno spazio ben delimitato: non ‘l’ospedale’ (dove la laicità rimane un riferimento necessario per molti di noi), non ‘le religioni’ – e anche qui l’esame non sarebbe privo di interesse: quali culti sono riconosciuti dallo stato e quindi quali vantaggi fiscali sono previsti ecc. Non ci pare un punto irrilevante (i beni immobili di proprietà della Chiesa, per esempio, giusto per citare un’altra vexata questio, sono beni privati come quelli di un cittadino normale e quindi soggetti a tassazione oppure hanno giustamente goduto in passato dell’esenzione dall’Ici? E oggi qual è la situazione?).

Non si indagano neppure alcuni aspetti della vita quotidiana: il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso è ormai da anni al centro del dibattito, ma potremmo citare anche l’abbigliamento/velo (o il costume da bagno per le ragazze musulmane ecc.) Nel convegno di fine novembre al centro della discussione c’è un’altra questione: la scuola. D’altra parte il convegno è organizzato proprio da una scuola (la scuola media Tasso, nello specifico, anche se il corso si tiene al liceo Roiti) e quindi si capisce.

Ora, sarebbe molto interessante sapere – nel contesto delle scuole ferraresi – la situazione concreta e reale per quanto riguarda: presenza dei crocifissi nelle aule; modalità reclutamento insegnanti di religione; presenza materia alternativa; numero alunni che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica.

L’unico dato immediatamente reperibile è (forse) l’ultimo: basta consultare il portale del Miur, o il sito del provveditorato degli studi di Ferrara, o addirittura semplicemente qualche pubblicazione del Comune. Sono in crescita o in diminuzione gli studenti e le studentesse che non si avvalgono dell’ora di insegnamento della religione cattolica?  Ma anche gli altri punti ci sembrano interessanti: in quante scuole ferraresi c’è il crocifisso? E in queste scuole c’è in tutte le classi? Ma chi decide se il crocifisso deve esserci oppure no? Il dirigente? I professori? I bidelli? I genitori degli studenti? O è “un caso” avere o non avere il crocifisso in classe? Se fosse semplicemente “un caso”, non sarebbe questa una bizzarria della nostra normativa? E i ragazzi non italiani come reagiscono (se reagiscono)? Per capirci: se c’è una classe di 25 ragazzi, di cui 8 ferraresi, 5 europei (Moldova, Romania, Albania), 4 africani (Marocco), 8 asiatici (Pakistan, Cina) – quale tipo di interrelazione si crea? E come funziona l’ora di alternativa all’insegnamento della religione cattolica? C’è veramente l’ora alternativa, o prevale lo studio assistito? Nel Pof (il documento che illustra il piano dell’offerta formativa della scuola – la carta di identità delle scuole, per intenderci) quali scuole della provincia di Ferrara puntano sulla laicità in maniera netta e precisa? O per essere schietti: c’è qualche scuola che parla espressamente di laicità?

Questi sono solo alcuni degli spunti che ci vengono in mente, sollecitati dal programma del convegno citato sopra. E abbiamo sorvolato completamente sulle prime due relazioni, dal taglio storico – e quindi forse più per addetti del settore. Ma è chiaro che l’Assemblea Costituente è un passaggio decisivo della nostra storia recente (un compromesso storico, venne definito, l’accordo tra Pci e Dc) come è altrettanto suggestivo mettersi a scavare nel pensiero politico europeo, al fine di capire perché abbiamo perso di vista un orientamento laico chiaro e deciso – se mai c’è stato.

Il punto vero riguarda il nostro presente, una cosa che tocca tutti e tutte, non solo gli storici che passano gli anni negli archivi a studiare l’illuminismo francese o quelli che decifrano manoscritti e codici antichi, alla ricerca delle radici europee. Tenere viva la discussione sulla laicità, e chiudiamo, ci pare una cosa necessaria. Ben venga quindi un convegno su questo argomento, e per di più un convegno organizzato dal ‘basso’, e non da qualche fondazione (senza nulla togliere alle fondazioni). E speriamo che sia una discussione a più voci, magari con la partecipazione degli amministratori e delle autorità – anche quelle religiose. Perché il significato primo della laicità ci pare questo – permettere a tutti e tutte di partecipare alla costruzione del bene pubblico.

P.S.

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