Attualità
27 Novembre 2018
A Grisù le curatrici del dossier sul traffico di stupefacenti in regione: "Mafie soprattutto italiane, che convivono con criminalità straniera: rende conveniente la spartizione"

Libera e i rischi del narcotraffico: “Può modificare l’assetto delle nostre democrazie”

di Redazione | 3 min

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“Di acqua si parla solo quando accadono i disastri. Quello che spesso non fa l’uomo è programmare interventi necessari e quanto mai urgenti”. Così Stefano Calderoni, presidente del Consorzio Bonifica pianura di Ferrara, sulla gestione delle risorse idriche nel territorio estense. “Ecco cosa dovrebbe fare un bravo sindaco: pianificare una strategia in grado di risolvere problemi futuri”

Come funziona il narcotraffico a Ferrara e in Emilia-Romagna? A fornire dati e spunti di riflessione su uno dei principali temi di attualità è la rete di associazioni Libera, ospite alla Factory Grisù assieme ai giornalisti Nicola Bianchi e Daniele Predieri di fronte a una nutrita platea composta soprattutto da studenti.

Libera, come noto ai più, è nata nel 1995 su iniziativa di don Ciotti per contrastare le mafie, e da anni si occupa di studi sui business dei gruppi criminali oltre che di attività pratiche, come il riutilizzo degli immobili sequestrati. In questo caso protagonisti dell’incontro erano Sofia Nardicchione e Sara Tanzarella, assieme al referente del coordinamento ferrarese Donato La Muscatella.

E sono proprio Nardicchione e Tanzarella, che hanno curato il dossier di Libera sul narcotraffico in Emilia-Romagna, a fornire i primi spunti di riflessione.

In primo luogo per quello che riguarda la provenienza dei gruppi criminali, tema molto dibattuto nelle ultime settimane a Ferrara a proposito dell’esistenza o meno di una mafia nigeriana. Secondo Nardicchione la filiera degli stupefacenti è molto complessa e consente la presenza contemporaneamente anche di più gruppi criminali con diverse funzioni.

“Ci sono innanzitutto le mafie italiane – afferma la responsabile di Libera -, e in particolare la ‘Ndrangheta, che dispone anche di basi in Sudamerica per potersi occupare di tutta la filiera, dalla produzione allo spaccio, oltre naturalmente a Camorra, Cosa Nostra e alla mafia pugliese. A queste, si aggiungono gruppi stranieri più o meno organizzati a seconda del contesto, che a volte si occupano solo dello smercio finale e altre volte anche dell’approvvigionamento”.

Il motivo di questa convivenza pacifica secondo Nardicchione sta nel fatto che il mercato degli stupefacenti non si è ancora saturato: “Nella relazione della Direzione Nazionale Antimafia si dice che il narcotraffico è un’attività che richiede un’organizzazione trasversale, che rende più conveniente la spartizione dei profitti piuttosto che i contrasti interni. Un esempio classico è l’eroina, che non arriva in grandi quantità come la cocaina e quindi non appena c’è, viene subito consumata, ed è uno dei motivi per cui i casi di overdose tendono a concentrarsi”.

E che il narcotraffico non sia un problema che riguarda solo i consumatori di droghe, trova conferma anche nella riflessione conclusiva della responsabile di Libera sull’impatto di questo business criminale sul resto della società.

“Spesso ci si chiede dove vanno a finire quei soldi. A Bologna qualche anno fa ci fu il sequestro di due ristoranti che appartenevano a Leonardo Marte, noto per i sequestri in Aspromonte e che ritroviamo a Bologna al centro di un traffico di cocaina. I soldi delle attività criminali erano stati reinvestiti in attività legali, con ricadute sul territorio ma costruite con soldi sporchi. Secondo la Direzione Nazionale Antimafia, questo può modificare l’assetto stesso delle moderne democrazie liberali: ci dice che se l’attuale trend rimarrà invariato, ci porterà a un mercato in cui anche i servizi e le merci essenziali ci vengono forniti da soggetti criminali”.

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