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Invasione islamica è una bufala: solo un terzo degli stranieri è di religione musulmana

Dal dossier Statistico Immigrazione 2017 elaborato Centro Studi Idos si evince che i musulmani in Italia sono circa il 3% della popolazione italiana, pari a un terzo dell’intera presenza straniera (1,6 milioni di persone). Oltre il 50% vengono dall’Africa.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nel dossier Statistico Immigrazione 2017 elaborato Centro Studi Idos e Confronti, presentato oggi a Roma, il dato che emerge è quello dell'appartenenza religiosa degli immigrati: nel 2016 la maggioranza degli immigrati arrivati in Italia è di religione cristiana, il 53%. E la prevalenza di cristiani è un trend che persiste, fin dall'inizio degli anni duemila. Gli ortodossi sono i più numerosi (1,5 milioni, seguiti da cristiani cattolici (poco meno di un milione) e poi dagli evangelici e dai fedeli di altre fedi cristiane (oltre 250mila) . Un calcolo fatto su una presenza di stranieri in Italia di 5 milioni nell'ultimo biennio.

Ma nel 2016 non si è registrata la tanto temuta ondata di musulmani in ingresso nel nostro Paese. I musulmani sono pari a un terzo dell'intera presenza straniera (1,6 milioni di persone). Come recita il rapporto, se consideriamo circa gli ultimi 30 anni, solo nella metà degli anni Novanta la componente musulmana è cresciuta lievemente. La composita comunità islamica ha il suo perno in Africa, con oltre il 50% dei membri (a partire dai marocchini e poi gli immigrati provenienti da Egitto, Tunisia e Senegal), ma sono importanti anche altre provenienze, sia europee (Albania) sia asiatiche (Bangladesh e Pakistan). L’incidenza dei musulmani fra gli stranieri residenti conosce il picco del 40% in Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. Invece, i musulmani  in Italia sono circa il 3% della popolazione italiana, un valore inferiore al 4,5-5% stimato a livello Ue e al 7,5% della Francia.

Discreta la presenza di fedeli di religioni orientali (tra gli altri, induisti 150.800 e 3,0% del totale, buddhisti 113.900 e 2,3%), senza contare i gruppi religiosi minori e gli atei. A farla da padrone comunque è il pluralismo religioso: a Roma si trovano la moschea più grande d'Europa, quella di Monte Antenne e il Tempio di Settebagni, della comunità mormone (Chiesa di Gesù e dei Santi degli ultimi giorni); a Milano si trova invece il Centro Culturale Ikeda per la Pace di Milano della comunità buddhista, inaugurato nel 2016. Questi centri, oltre a rappresentare un importante puntello identitario, funzionano anche come porte d'accesso nel nostro Paese, fungendo da "facilitatori" verso un in inserimento in una società in cui una pacifica convivenza interculturale si fa sempre più urgente.

Anche alla luce di questi dati e di queste considerazioni, seguendo la logica che una società più integrata è una società più sicura, lo scorso 1 febbraio era stato siglato al Viminale il "Patto nazionale per un Islam italiano", firmato dal ministero dell'Interno e dalle organizzazioni musulmane cui fanno capo le moschee. Il patto, come ha spiegato Minniti serve a proseguire l'azione di contrasto dei fenomeni di radicalismo religioso; proseguire nell'impegno di garantire che i luoghi di preghiera e di culto possano essere accessibili a visitatori non musulmani; rendere pubblici nomi e recapiti di Imam, guide religiose e personalità in grado di svolgere efficacemente un ruolo di mediazione tra la loro comunità e la realtà sociale e civile circostante; adoperarsi concretamente affinché il sermone del venerdì sia svolto o tradotto in italiano; assicurare massima trasparenza nella gestione e documentazione dei finanziamenti. Il Patto, a giudizio di Minniti "È frutto di un incontro di libere volontà, dove non c'è alcuna supremazia e questa è la migliore garanzia perché regga. Considero il testo uno straordinario investimento sul futuro del nostro Paese".

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