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Torino, mistero sulla morte del boss della Cosa Nostra romana: “Si è suicidato col lenzuolo”

Giacomo Cascalisci, arrestato con un maxiblitz in marzo, era nell’ospedale torinese delle Molinette da sabato per una serie di cure. I dubbi del genero che ha sporto denuncia per omicidio colposo: “Non si sarebbe mai suicidato”. Il 53enne era a capo della “Cosa Nostra Tiburtina”.
A cura di Biagio Chiariello
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Giacomo Cascalisci, ritenuto un esponente di spicco della mafia romana, è stato trovato morto in carcere nello speciale reparto dell'ospedale Molinette di Torino, dove era ricoverato. Il boss della ‘Cosa Nostra Tiburtina‘ si sarebbe tolto la vita, secondo quanto riferisce il Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria. Cascalisci, 53enne, , "aveva partecipato alla normale attività e non aveva dato alcun segno di squilibrio: aveva fatto anche alcuni esami e consumato regolarmente la cena" aggiunge il Sappe. Quando però si sono fatte le 20,40, ora delle somministrazione della terapia serale, il detenuto non ha risposto alle chiamate degli infermieri e si è scoperto che l'uomo si sarebbe stretto al collo un lenzuolo legato al telaio del letto inclinabile, per poi azionare il dispositivo e restare soffocato. La Procura ha subito disposto l'autopsia dal momento che alcune circostanze dell'episodio sarebbero ancora da verificare. Il primo referto si limita a parlare di "morte per asfissia".

Dubbi dei parenti sul suicidio

“Mio suocero non si sarebbe mai ucciso”, afferma ora il genero di Giacomo Cascalisci. La famiglia ha già sporto denuncia ai carabinieri di Tivoli per omicidio colposo. “Giacomo stava male e lo sapevano –  dice il parente  – La moglie aveva già presentato almeno quattro istanze per chiedere che fosse fatto uscire dal regime carcerario duro a cui non poteva sopravvivere. Ormai pesava 40 chili e nessuno ha fatto nulla. Per questo dico che non si è suicidato”. La famiglia del detenuto  ha parla di diversi episodi che proverebbero le mancate cure al loro caro in carcere. “Non stava bene, sono stati i medici a dire che non poteva restare in carcere”, ripete il genero. Cascalisci sabato era stato trasferito a Torino nel reparto delle Molinette, “ormai troppo tardi”, denuncia ancora la famiglia.

Chi era il boss Giacomo Cascalisci

Originario di Tivoli, Giacomo Cascalisci era ritenuto dagli investigatori il capo dell'associazione a delinquere di "stampo mafioso“ sgominata a marzo con l’arresto di 39 persone. Le accuse per tutti, residenti tra Tivoli e Guidonia, erano di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio aggravata dall'utilizzo del metodo mafioso. Secondo quanto accertato dagli investigatori il boss 53enne si poneva come unico punto di riferimento per tutto il sodalizio criminale tiburtino. A lui i due reggenti delle due piazze di spaccio, una a Villanova e una a Tivoli Terme, riportavano i profitti giornalieri.

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