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Vicenza, soffoca la moglie e si taglia la gola. Sulla porta ha scritto col sangue: “Scusami”

Bradley Joel Kinser, ex militare Usa, ha ucciso la moglie Leila Gakhirovan e poi si è tolto la vita tagliandosi la gola nella loro casa di Pozzoleone, in provincia di Vicenza. Sulla porta della loro camera da letto ha scritto col suo sangue:” Scusami”, le stesse parole trovate poi dai carabinieri in un post-it.
A cura di Ida Artiaco
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Emergono nuovi particolari sull'omicidio suicidio consumatosi nel pomeriggio di domenica, nel giorno di Pasqua, a Pozzoleone, in provincia di Vicenza. Bradley Joel Kinser, ex militare Usa, 44 anni da compiere a luglio, prima ha soffocato la moglie Leila Gakhirovan, casalinga 39enne di origini russe ma naturalizzata statunitense, con un cuscino e poi si è ucciso tagliandosi la gola. Un delitto che ha lasciato sotto choc tutta la comunità locale. A far scoprire i due corpi senza vita, il giorno dopo, è stato il prete della base Nato di Ederle, dove l'uomo lavorava come consulente alle dipendenze di una ditta esterna, insospettito dal fatto di non ricevere risposta a chiamate e messaggi, dopo che il killer più volte aveva dichiarato di essere pronto ad ammazzarsi a causa della depressione. Come hanno riferito gli inquirenti che si stanno occupando del caso, sulla porta della camera da letto della coppia Bradley ha lasciato il suo ultimo messaggio, scrivendo con il suo sangue: "I’m sorry", seguito dal simbolo del cuore e la parola "you". Le stesse scuse trovate poi dai carabinieri in un post-it.

Stando ad una prima ricostruzione fornita dalle forze dell'ordine, il delitto si sarebbe consumato domenica: dopo aver soffocato con un cuscino nel loro letto la moglie Leila, l'ex militare, a distanza forse di qualche ora, si è procurato ferite con un coltello da cucina su più parti del suo corpo, alle braccia e al collo soprattutto, lasciando per tutta la casa scie di sangue. Poi, una volta in bagno, ha deciso di farla finita recidendo la vena giugulare. È stato qui che il suo cadavere è stato scoperto in una pozza di sangue il giorno dopo, a Pasquetta, dopo che il prete della base della Nato, al quale il killer aveva confidato la propria depressione, ha lanciato l'allarme non ricevendo risposta alle sue telefonate. Al campanello non rispondeva nessuno, e nemmeno al telefono, che però gli investigatori hanno sentito suonare da dentro la casa. Di qui la decisione di sfondare la porta. Secondo i primi accertamenti del medico del Suem chiamato sul posto la donna doveva essere morta 24 ore prima, strangolata o più probabilmente soffocata, con un cuscino o forse con una mano sulla bocca. Sul suo corpo, tuttavia, non è stato registrato nessun segno di violenza. Sin dall'inizio l'ipotesi più accreditata è stata quella dell'omicidio suicidio, confermata dai nuovi particolari emersi nel corso degli accertamenti da parte degli inquirenti.

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