Francesco abbraccia 500 rom e sinti. I cittadini di seconda classe sono quelli che vi scartano. Si commuove ascoltandoli. Bassetti: la Chiesa italiana deve difenderli

Secondo il Papa, “è vero che ci sono cittadini di seconda classe, ma – ha chiarito – i cittadini di seconda classe sono coloro che scartano la gente perché non sanno abbracciare, vivono scartando e buttano fuori gli altri”. La società, ha osservato, “vive delle favole, pensa che quella gente è peccatrice”, ma “tutti siamo peccatori, facciamo degli sbagli quindi non posso lavarmene le mani vedendo finti o veri peccati altrui. Devo guardare i miei peccati e se vedo che un altro sbaglia strada, devo aiutarlo ad uscire dal peccato”. “La vera strada è la fratellanza, dire: ‘vieni la porta è aperta’, dobbiamo collaborare”, ha scandito il Pontefice che, a braccio, ha esortato: “niente distanze, a voi a tutti, e niente aggettivi generali”.

“Vi sono vicino e quando leggo sui giornali, come oggi, qualcosa di brutto, soffro”, ha confidato Francesco al popolo Rom e Sinti, ricevuto in udienza nel Palazzo Apostolico in occasione dell’incontro di preghiera promosso dalla Fondazione Migrantes. “Questa non è civiltà. L’amore è civiltà”, ha scandito il Papa che ha aggiunto: “avanti con l’amore”. “Mi fa arrabbiare il fatto che ci siamo abituati a parlare della gente con gli aggettivi: non diciamo ‘persona’, ma questo ‘è così’ e mettiamo l’aggettivo”, ha spiegato Bergoglio per il quale “questo distrugge, perché non si guarda alla persona”. “L’aggettivo è una cosa che crea distanza tra mente e cure, questo è il problema di oggi”, ha affermato Francesco sottolineando la gravità di questo atteggiamento.

La società, ha denunciato, “vive delle favole, pensa che quella gente è peccatrice”, ma “tutti siamo peccatori, facciamo degli sbagli quindi non posso lavarmene le mani vedendo finti o veri peccati altrui. Devo guardare i miei peccati e se vedo che un altro sbaglia strada, devo aiutarlo ad uscire dal peccato”. “La vera strada è la fratellanza, dire: ‘vieni la porta è aperta’, dobbiamo collaborare”, ha scandito il pontefice che, concludendo il suo discorso a braccio, ha esortato: “niente distanze, a voi a tutti, e niente aggettivi generali”.

“Discorsi d’odio, ma anche azioni violente contro le nostre comunità, sono in costante aumento e questa è per noi fonte di profonda preoccupazione”, hanno raccontato Dzemila, Miriana e Negiba, tre mamme che questa mattina hanno portato la loro testimonianza all’incontro del Papa con il popolo Rom e Sinti. “Alcune di noi vivono in alloggi non adeguati e sono vittime di sgomberi forzati organizzati dalle autorità in assenza di alternative adeguate”, hanno raccontato sottolineando che “anche le recenti norme, varate da chi è chiamato a governare, rendono più difficile la regolarizzazione di molte nostre famiglie, facendo cadere nell’invisibilità nuclei familiari che, anche se di origine straniera, vivono da decenni nel nostro Paese”. Tuttavia, hanno aggiunto, “guardiamo al futuro con speranza”. “Siamo donne e siamo mamme, e questo ci dà la forza di andare avanti per migliorare le condizioni di vita nostre e dei nostri figli”, hanno spiegato le mamme convinte del fatto che “solo insieme, creando alleanze, potremmo superare le barriere della diffidenza e della marginalizzazione”. “Sogniamo – hanno scandito – per l’Italia un risveglio di umanità. Un’Italia che abbracci le differenze, che si consideri fortunata per tutte le differenze e le culture che la compongono, che recuperi il valore della speranza”. La stessa speranza, hanno concluso, che “leggiamo negli occhi dei nostri figli e che le sue parole, Santità, ci hanno sempre consegnato in questi anni e che ci aiutano a credere in un Paese più umano, più giusto, più solidale”.

“I nostri fratelli Rom e Sinti non sono diversi perché il diverso è altro e l’altro non lo prendo neppure in considerazione. Loro invece sono unici e l’unicità è dono e ricchezza”, ha affermato da parte sua il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nel saluto con cui ha espresso a Papa Francesco il ringraziamento della Fondazione Migrantes e della Chiesa Italiana per “averci accolto come un Padre in questa casa che sentiamo anche nostra” in occasione dell’incontro di preghiera con il popolo Rom e Sinti. “Le vere distanze oggi sono quelle tra la testa e il cuore”, ha osservato il card. Bassetti che ha chiesto a Bergoglio di “aiutarci ad avvicinare queste distanze tra testa e cuore”.
“Siamo chiamati a sottolineare la nostra unicità piuttosto che la diversità: ognuno di noi è dono, ognuno di noi è ricchezza, se abbiamo come modello Gesù Cristo”, gli ha fatto eco Cristian Di Silvio, trent’ anni, sacerdote della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo che ha raccontato la sua storia “ordinaria, resa straordinaria dal fatto che Dio mi ha scelto da un popolo che vive una condizione culturale differente dagli stereotipi con cui siamo abituati a relazionarci”. “Sono un prete rom. Uno zingaro che diventa prete fa sempre notizia, un diverso, uno particolare”, ha confidato il sacerdote per il quale “ciò che ha reso ancora più straordinaria” la sua storia vocazionale è stato “il comprendere, nonostante mi dicessero il contrario, che non sono un diverso ma, come ognuno di noi presente in questa sala e non solo, unico e irripetibile”.