Gerusalemme, città santa delle tre religioni, e la politica degli stati che va in senso opposto (di. M. Castellano)

Il Papa ed il Re del Marocco hanno sottoscritto, nel corso della recente visita del Pontefice a Rabat, una Dichiarazione Congiunta sul tema della Città di Gerusalemme, sacra alle tre religioni monoteiste. Apponendo la propria firma in calce a questo documento, Maometto VI si è pronunziato nella sua qualità di Presidente del Comitato “Al Quds”, nome che designa Gerusalemme in lingua araba e significa – tradotto letteralmente – “la Santa”. Tale carica è stata attribuita al Sovrano essendo egli discendente diretto del Profeta Maometto.

L’altro Capo di Stato di fede islamica che può vantare tale origine, cioè il Re Abdallah di Giordania, non ha potuto assumerla in quanto ciò avrebbe potuto essere interpretato come una ripresa della rivendicazione territoriale su Gerusalemme, cui già suo padre Hussein aveva da tempo rinunziato in favore del costituendo Stato palestinese.
Il Re Hashemita si limita a corrispondere di tasca propria lo stipendio ai dipendenti del “Wafd”, termine che designa nell’Islam l’amministrazione dei beni religiosi, nel caso specifico delle due Moschee situate sulla Spianata del Tempio, dette dai Musulmani il “Nobile Santuario”, essendo quello il luogo da cui il Profeta Maometto spiccò il volo per visitare il Paradiso, montando il suo cavallo di nome “Al Burika”. Secondo alcuni, da questo viaggio ultraterreno avrebbe tratto ispirazione Dante Alighieri per comporre la “Divina Commedia”.

Il Comitato “Al Quds” si può definire propriamente come una Organizzazione Internazionale non Governativa, che il Re del Marocco guida non in quanto Capo di Stato, ma in virtù del suo titolo di “leader” religioso: esso riunisce infatti le massime Autorità spirituali dell’Islam.
Se da un lato il Comitato esprime naturalmente posizioni contrarie a molte decisioni adottate dal Governo di Israele – in quanto a suo avviso esse alterano lo “status quo” del Luoghi Santi di Gerusalemme, risultando dunque in conflitto con il suo carattere di Città sacre per le tre religioni monoteistiche, dall’altro lato questo organismo – non avendo carattere propriamente politico – si astiene dal pronunziarsi sul contenzioso territoriale che vede contrapposto lo Stato Ebraico e l’Autorità Nazionale Palestinese.

Il Papa – apponendo la propria firma alla Dichiarazione Congiunta di Rabat – non ha dunque alterato la linea di neutralità cui si è sempre attenuta la Santa Sede in una disputa di Diritto Internazionale.
Al riguardo, il Vaticano ha per molto tempo avanzato una proposta di internazionalizzazione dei Luoghi Santi: sia di quelli israelitici, sia di quelli musulmani, sia di quelli cristiani.

Questa posizione si collegava con i vari piani di spartizione del territorio che componeva a suo tempo l’ex Mandato Britannico sulla Palestina.
Tutti questi piani, redatti dalle Nazioni Unite, vennero però respinti dagli Arabi.
Essi prevedevano la costituzione di uno Stato Ebraico accanto ad uno Stato Arabo, mentre Gerusalemme avrebbe goduto di un particolare “status” neutrale di Città Aperta e posta sotto tutela internazionale.

Da quando i negoziati diretti, in seguito arenati, instaurati tra Israeliani e Palestinesi hanno cominciato precisamente a prendere in considerazione un regolamento bilaterale del contenzioso territoriale, la Santa Sede non ha più insistito sulla sua proposta originaria, limitandosi ad auspicare il rispetto – garantito mediante appositi atti di Diritto Internazionale – verso tutti i Luoghi Santi, la libertà di culto e di accesso per i pellegrini e i residenti appartenenti alle diverse confessioni religiose.
Rimane comunque irrisolto il problema di definire in termini giuridici tali garanzie, la cui soluzione dipende da un accordo tra le parti in conflitto.

La possibilità che ciò avvenga, da quando Netanyau, sostenuto dalla maggioranza dei suoi concittadini, si è dichiarato contrario in linea di principio alla costituzione di uno Stato palestinese – il che comporterebbe un accordo di partizione territoriale – risultano ormai praticamente nulle.
La parola passa dunque inevitabilmente – per così dire – dalla politica alla religione, o meglio alle diverse religioni.
Che cosa significa, in questo senso, il documento sottoscritto a Rabat?
Ricordiamo che esso reca esclusivamente la firma di una Autorità spirituale cristiana e di una Autorità spirituale islamica: manca dunque l’adesione di quella israelitica.
Il testo è stato tuttavia redatto – come tengono a sottolineare i rappresentanti della Santa Sede – in modo tale che il suo contenuto non urtasse la sensibilità e le giuste esigenze dei seguaci dell’altra fede detta “abramitica”.

E’ anche probabile – benché naturalmente ciò non sia trapelato in modo ufficiale – che si sia tenuto conto dei loro suggerimenti, pervenuti in modo riservato alle Parti contraenti. Ed è interessante notare come la pubblicazione del documento non abbia causato alcuna obiezione da parte degli ambienti israeliti più influenti.

Ricordiamo anche che il Marocco è tra i pochi Paesi Arabi che hanno stabilito rapporti diplomatici con lo Stato di Israele, e la Casa Reale ha da sempre posto sotto la sua protezione la locale Comunità Israelitica.

Posiamo dunque concludere che siamo in presenza di un tentativo di separare due distinte valutazioni in merito alla complessa questione di Gerusalemme: da una parte, quella riguardante la valutazione della sua funzione spirituale – su cui si sono espressi concordemente Cristiani e Musulmani, senza però sollevare obiezioni di principio da parte degli Israeliti – e dall’altra parte quella attinente al contenzioso squisitamente politico sullo “status” giuridico da attribuire alla Città Santa.
Non si tratta soltanto di stabilire dei principi, ancorché della massima importanza. L’attuale tendenza del mondo all’affermazione delle distinte identità, siano esse nazionali, regionali o religiose, determina inevitabilmente due conseguenze: il frazionamento territoriale e la conseguente moltiplicazione dei conflitti.

Di qui l’esigenza che esistano dei luoghi – anche fisici – destinati all’incontro, tutelati – più che da un particolare “status” giuridico, comunque difficile da concordare – dal loro stesso trascendente valore spirituale.

 

 

Mario Castellano