Il cristiano che si crede perfetto è orgoglioso, e pecca di superbia. La domanda di Papa Francesco: “vanno incolpati gli sbagli o le storie di abbandono?”

“L’atteggiamento più pericoloso di ogni vita cristiana è l’orgoglio. È l’atteggiamento di chi si pone davanti a Dio pensando di avere sempre i conti in ordine con Lui. Come quel fariseo della parabola, che nel tempio pensa di pregare ma in realtà loda sé stesso davanti a Dio”. Così Papa Francesco, in uno dei passaggi della catechesi pronunciata in piazza San Pietro, riprendendo il ciclo di catechesi sul “Padre Nostro” e incentrando la sua meditazione su “Rimetti a noi i nostri debiti”, dal brano biblico della Prima Lettera di San Giovanni Apostolo, 1, 8-9.

“Ci sono peccati che si vedono e peccati che non si vedono. Ci sono peccati eclatanti che fanno rumore, ma ci sono anche peccati subdoli, che si annidano nel cuore senza che nemmeno ce ne accorgiamo”, ha così spiegato Francesco. “Il peggiore di questi è la superbia, che può contagiare anche le persone che vivono una vita religiosa intensa. C’era una volta, nel 1600, tempo del giansenismo, un gruppo di suore che erano perfettissime, e si diceva di loro che erano purissime come gli angeli, ma superbe come i demoni. È una cosa brutta. È il peccato che divide la fraternità, che ci fa presumere di essere migliori degli altri, che ci fa credere di essere simili a Dio. E invece davanti a Dio siamo tutti peccatori e abbiamo motivo di batterci il petto, come quel pubblicano al tempio”.

Il Pontefice ha infatti spiegato ai fedeli accorsi in Vaticano che “come abbiamo bisogno del pane, così abbiamo bisogno del perdono. Ogni giorno. Il cristiano che prega chiede anzitutto a Dio che vengano rimessi i suoi debiti, cioè i suoi peccati. Questa è la prima verità di ogni preghiera: fossimo anche persone perfette, fossimo anche dei santi cristallini che non deflettono mai da una vita di bene, restiamo sempre dei figli che al Padre devono tutto”. E “se tu vuoi ingannare te stesso dì che non hai peccato. Ti stai ingannando”, ha affermato il Papa, sottolineando che “anche se a tutti capita di attraversare giorni difficili, dobbiamo sempre ricordarci che la vita è una grazia, è il miracolo che Dio ha estratto dal nulla”.

Il nodo centrale della catechesi del Pontefice risiede nel fatto che “anche se riusciamo ad amare, nessuno di noi è capace di farlo con le sue sole forze”, perché “l’amore vero” è quello che “si può amare solo con la grazia di Dio. Nessuno di noi brilla di luce propria. C’è quello che i teologi antichi chiamavano un “mysterium lunae” non solo nell’identità della Chiesa, ma anche nella storia di ciascuno di noi. Come la luna, che non ha luce propria ma riflette quella del sole. Anche noi siamo così, non abbiamo luce propria, ma quella che abbiamo è riflesso della luce di Dio”, ha proseguito Francesco. “Se ami è perché qualcuno, all’esterno di te, ti ha sorriso quando eri un bambino, insegnandoti a rispondere con un sorriso. Se ami è perché qualcuno accanto a te ti ha risvegliato all’amore, facendoti comprendere come in esso risiede il senso dell’esistenza”.

Per questo “la gente che si crede perfetta, che critica gli altri, è gente orgogliosa: nessuno di noi è perfetto, nessuno. Al contrario il pubblicano, un peccatore disprezzato da tutti, si ferma sulla soglia del tempio, non si sente degno di entrare, e si affida alla misericordia di Dio. E Gesù commenta: «Questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato», cioè perdonato, salvato. Perché non era orgoglioso ma riconosceva i suoi limiti e peccati”.

Quindi, in conclusione, ha affermato Bergoglio, “fatta salva la responsabilità, che è sempre personale, ti domandi qualche volta chi debba essere incolpato dei suoi sbagli, se solo la sua coscienza, o la storia di odio e di abbandono che qualcuno si porta dietro. È il mysterium lunae: amiamo anzitutto perché siamo stati amati, perdoniamo perché siamo stati perdonati. E se qualcuno non è stato illuminato dalla luce del sole, diventa gelido come il terreno d’inverno. Come non riconoscere, nella catena d’amore che ci precede, anche la presenza provvidente dell’amore di Dio? Nessuno di noi ama Dio quanto Lui ha amato noi. Basta mettersi davanti a un crocifisso per cogliere la sproporzione: Egli ci ha amato e sempre ci ama per primo”.

F. G.