L’omaggio di Papa Francesco ai migranti romeni che hanno portato i loro valori in Italia e negli altri paesi

“Rendo omaggio ai sacrifici di tanti figli e figlie della Romania che, con la loro cultura, il loro patrimonio di valori e il loro lavoro, arricchiscono i Paesi in cui sono emigrati, e con il frutto del loro impegno aiutano le loro famiglie rimaste in patria”. Papa Francesco ha reso omaggio ai migranti romeni nel suo primo discorso, nel palazzo presidenziale di Bucarest.

“Pensare a questi fratelli e sorelle che sono all’estero è un atto di patriottismo, di fratellanza, è un atto di giustizia. Continuate a farlo!”, ha aggiunto a braccio “Per affrontare i problemi di questa nuova fase storica, per individuare soluzioni efficaci e trovare la forza per applicarle l’appello di Francesco – occorre far crescere la positiva collaborazione delle forze politiche, economiche, sociali e spirituali; è necessario camminare insieme e proporsi tutti con convinzione di non rinunciare alla vocazione più nobile a cui uno Stato deve aspirare: farsi carico del bene comune del suo popolo”.
Francesco si è anche soffermato sulle “trasformazioni rese necessarie dall’apertura di una nuova era”, che negli ultimi trent’anni “hanno comportato – insieme alle positive conquiste – il sorgere di inevitabili scogli da superare e di conseguenze non sempre facili da gestire per la stabilità sociale e per la stessa amministrazione del territorio”.

“Penso, in primo luogo, al fenomeno dell’emigrazione, che ha coinvolto diversi milioni di persone che hanno lasciato la casa e la Patria per cercare nuove opportunità di lavoro e di vita dignitosa”, ha proseguito Francesco declinando il primo di questo “scogli”: “Penso allo spopolamento di tanti villaggi – il secondo – che hanno visto in pochi anni partire una considerevole parte dei loro abitanti; penso alle conseguenze che tutto questo può avere sulla qualità della vita in quei territori e all’indebolimento delle vostre più ricche radici culturali e spirituali che vi hanno sostenuto nelle avversità”.

“Camminare insieme, come modo di costruire la storia, richiede la nobiltà di rinunciare a qualcosa della propria visione o del proprio specifico interesse a favore di un disegno più ampio, in modo da creare un’armonia che consenta di procedere sicuri verso mete condivise”, ha quindi invocato il Papa, riferendosi al significato del motto scelto per il suo 30° viaggio apostolico. “Questa è la nobiltà di base”, ha aggiunto a braccio. “In tal modo – ha proseguito durante il suo primo discorso a Bucarest, rivolto alle autorità – si può costruire una società inclusiva, nella quale ciascuno, mettendo a disposizione le proprie doti e competenze, con educazione di qualità e lavoro creativo, partecipativo e solidale, diventi protagonista del bene comune; una società dove i più deboli, i più poveri e gli ultimi non sono visti come indesiderati, come intralci che impediscono alla ‘macchina’ di camminare, ma come cittadini e fratelli da inserire a pieno titolo nella vita civile; anzi, sono visti come la migliore verifica della reale bontà del modello di società che si viene costruendo”. “Quanto più una società si prende a cuore la sorte dei più svantaggiati, tanto più può dirsi veramente civile”, la tesi di Francesco, secondo il quale “occorre che tutto questo abbia un’anima e un cuore e una chiara direzione di marcia, non imposta da considerazioni estrinseche o dal dilagante potere dei centri dell’alta finanza, ma dalla consapevolezza della centralità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili”.

“Sviluppare, insieme alle condizioni materiali, l’anima del vostro popolo” è stato l’appello con cui si è concluso il primo discorso del Papa in Romania, “Perché i popoli hanno un’anima, hanno un modo di capire le radici: tornare sempre all’anima di un popolo, e questo fa andare avanti!”, ha spiegato a braccio ricordando che “per un armonioso sviluppo sostenibile, per la concreta attivazione della solidarietà e della carità, per la sensibilizzazione delle forze sociali, civili e politiche verso il bene comune, non è sufficiente aggiornare le teorie economiche, né bastano le pur necessarie tecniche e abilità professionali”, il monito rivolto alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico. “Le Chiese cristiane possono aiutare a ritrovare e alimentare il cuore pulsante da cui far sgorgare un’azione politica e sociale che parta dalla dignità della persona e conduca ad impegnarsi con lealtà e generosità per il bene comune della collettività”, ha garantito Francesco: “nel medesimo tempo, esse si sforzano di diventare un credibile riflesso e una testimonianza attraente dell’azione di Dio, promuovendo tra loro una vera amicizia e collaborazione”.

“La Chiesa Cattolica vuole porsi in questo alveo, vuole portare il suo contributo alla costruzione della società, desidera essere segno di armonia, speranza di unità e mettersi al servizio della dignità umana e del bene comune”, ha assicurato il Papa. “Intende collaborare – ha scandito – con le autorità, con le altre Chiese e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per camminare insieme e mettere i propri talenti al servizio dell’intera comunità”. “La Chiesa Cattolica non è estranea, ma pienamente partecipe dello spirito nazionale, come mostra la partecipazione dei suoi fedeli alla formazione del destino della nazione, alla creazione e allo sviluppo di strutture di educazione integrale e forme di assistenza proprie di uno Stato moderno”, ha puntualizzato il Santo Padre: “Essa perciò desidera dare il suo contributo alla costruzione della società e della vita civile e spirituale nella vostra bella terra di Romania”. “Dio benedica la Romania!”.

Al termine del discorso, Bergoglio ha raggiunto in auto la nunziatura di Bucarest.