Tra Azerbaigian e Santa Sede un dialogo costruttivo. Intervista con l’inviato di Baku Elchin Amirbayov (N. Galiè)

L’Azerbaigian è un Paese ponte tra l’Asia e l’Europa, eppure non è conosciuto in Italia quanto meriterebbe. Crocevia di culture e fedi, negli anni ha alimentato un denso dialogo interreligioso. Sede dell’antichissima Chiesa Albana, che ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione del cristianesimo nella regione del Caucaso, cui l’Azerbaigian appartiene, questo Paese è diventato un simbolo della convivenza pacifica tra religioni. Ruolo che è stato riconosciuto anche da Papa Francesco, che l’ha visitato nel 2016. Infatti l’Azerbaigian, la cui capitale Baku rappresenta anche uno snodo strategico dell’economia mondiale, è un Paese a maggioranza musulmana in cui le minoranze vedono pienamente rispettati i propri diritti. Un esempio riuscito di rispetto reciproco, in un momento storico in cui alberga ancora tanta intolleranza.

Per conoscere meglio l’Azerbaigian, che da poco ha aperto una sede permanente di rappresentanza diplomatica in Vaticano,  FarodiRoma ha avuto modo di intervistare Sua Eccellenza Elchin Amirbayov,  Assistente del Primo Vice Presidente della repubblica caucasica, il quale lo scorso 17 marzo era a Roma, in vesti ufficiali, per visitare la Santa Sede.

Sua Eccellenza, quali sono le motivazioni della sua visita alla Santa Sede, proprio all’indomani dell’apertura di un’ambasciata residenziale dell’Azerbaigian in Vaticano?

Questa visita si inserisce in un intenso dialogo politico felicemente in essere tra i nostri Stati. Le visite regolari di funzionari azerbaigiani mirano a mantenere e consolidare i nostri canali di comunicazione al fine, tra l’altro, di tenere uno scambio di opinioni su un’ampia gamma di questioni di reciproco interesse. L’Azerbaigian attribuisce particolare importanza alle relazioni bilaterali con la Santa Sede e nel corso degli oltre trent’anni trascorsi dall’instaurazione delle nostre relazioni diplomatiche i nostri legami si sono solo rafforzati. Infatti, la recente decisione dell’Azerbaigian di designare un Ambasciatore residente in Vaticano testimonia la nostra volontà di rafforzare e approfondire ulteriormente i nostri legami amichevoli e la cooperazione pratica con la Santa Sede.

La Santa Sede è un attore particolare, in quanto oltre ad essere un soggetto statuale rappresenta la fede, attraverso il Papa, di miliardi di individui. Quali sono i proponimenti del suo Paese nelle relazioni bilaterali? 

La nostra intenzione principale è quella di continuare ad ampliare e ad arricchire la nostra interazione con la Santa Sede in ogni modo possibile. E qui partiamo dalla consapevolezza che il dialogo interculturale e interreligioso sono questioni importanti per la Santa Sede, che lavora duramente per promuovere la pace, l’armonia e una migliore comprensione tra i vari popoli e culture. L’Azerbaigian, situato al crocevia tra Oriente e Occidente e condividendo i valori di entrambe le civiltà, persegue lo stesso approccio. Approfittando della sua posizione geostrategica chiave, il nostro paese funge da ponte interculturale tra diverse culture e religioni. Siamo orgogliosi del carattere multietnico e multireligioso della nostra società e questa diversità ha consolidato nei secoli la nostra immagine di un Paese di tolleranza, rispetto e pacifica convivenza tra persone di diverse culture e fedi e questo modus vivendi è stato elogiato da Papa Francesco come modello per il mondo durante la sua visita in Azerbaigian nel 2016.

Quali sono i rapporti attuali tra Azerbaigian e Vaticano? 

L’Azerbaigian intrattiene ottimi rapporti bilaterali con la Santa Sede. L’anno scorso abbiamo festeggiato i 30 anni dall’instaurazione delle relazioni diplomatiche, il 23 maggio 1992. Il dialogo politico al più alto livello è di alta qualità ed è rafforzato da incontri regolari tra i capi di Stato. Questo dialogo è stato ulteriormente rafforzato dalle visite ufficiali di Papa Francesco in Azerbaigian nel 2016 e del Presidente Aliyev in Vaticano nel 2020. Entrambe le parti sviluppano una cooperazione pratica in campo culturale, scientifico e umanitario. Lo scorso anno l’Azerbaigian ha aperto la sua Ambasciata presso la Santa Sede con un ambasciatore residente in Vaticano. Riteniamo che questo passo fornirà un ulteriore impulso positivo all’ulteriore rafforzamento e ampliamento della nostra cooperazione e dei nostri legami amichevoli. 

Qual è l’attuale situazione nella regione? Anche Papa Francesco ha più volte fatto riferimento alla pace in quell’area…

Dopo la seconda guerra del Karabakh tra Armenia e Azerbaigian, durata 44 giorni e terminata nel novembre 2020, l’Azerbaigian ha ripristinato la sua integrità territoriale e la giustizia storica liberando i suoi territori dall’occupazione armena illegale durata quasi tre decenni. Questa guerra ha cambiato la realtà geopolitica nel Caucaso meridionale. Ora è il momento di costruire una pace sostenibile e l’Azerbaigian ha proposto all’Armenia di firmare un trattato di pace basato su norme e principi fondamentali del diritto internazionale, in particolare sul rispetto reciproco da parte di entrambi i paesi dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’inviolabilità dei confini internazionali l’uno dell’altro e il rifiuto di qualsiasi rivendicazione territoriale reciproca ora e in futuro. Ma l’Armenia sta bloccando il processo di pace in corso da più di quattro mesi, rifiutandosi di condurre negoziati diretti con l’Azerbaigian. Inoltre, due anni dopo l’accordo di cessate il fuoco, l’Armenia continua a violare gravemente le sue disposizioni rifiutandosi di ritirare quasi 10.000 delle sue forze armate dalla regione del Karabakh dell’Azerbaigian. Inoltre, l’Armenia continua ad abusare della strada Lachin, che collega l’Armenia con la regione del Karabakh dell’Azerbaigian, per trasferire illegalmente più armi, mine antiuomo e il suo personale militare per rafforzare ancora di più la sua presenza militare illegale nel territorio sovrano dell’Azerbaigian. Tutto ciò rende l’attuale situazione nella regione molto pericolosa ed esplosiva. Esortiamo l’Armenia ad astenersi dalla sua posizione revanscista, a porre fine alle provocazioni in corso e a tornare al tavolo dei negoziati con l’Azerbaigian, al fine di risolvere i problemi rimanenti con mezzi pacifici e firmare il trattato di pace. Yerevan deve capire che non c’è alternativa alla pace e che i nostri paesi dovrebbero tornare ad essere buoni vicini e voltare la pagina dell’ostilità e del confronto. Apprezziamo il sostegno espresso da Papa Francesco a favore della pace nel Caucaso meridionale. Ringraziamo anche Sua Santità per aver cercato di mantenere una posizione obiettiva e imparziale riguardo a questo problema e lo esortiamo a continuare a chiedere a entrambi i paesi di sostenere con azioni pratiche concrete l’agenda di pace tra Armenia e Azerbaigian. 

Baku è uno snodo economico strategico ma anche un importante centro culturale per alimentare il dialogo interreligioso. Quali iniziative sono state prese in tal senso? Sappiamo, inoltre, quanto papa Francesco abbia a cuore il dialogo con il mondo musulmano. 

In effetti, il ruolo dell’Azerbaigian come hub economico strategico in Eurasia è stato recentemente rafforzato dal suo significativo contributo alla sicurezza energetica mondiale e dalla sua migliore e più resiliente connettività. Inoltre, la posizione geostrategica cruciale all’incrocio tra Oriente e Occidente, che collega l’Europa all’Asia, così come la sua popolazione multietnica e pluriconfessionale con la sua lunga tradizione di tolleranza, rispetto reciproco e coesistenza armoniosa, qualificano perfettamente l’Azerbaigian a essere una naturale piattaforma internazionale per il dialogo interculturale e interreligioso. Da ormai quasi due decenni Baku ospita regolarmente una serie di forum, vertici e conferenze internazionali volti a promuovere una migliore comprensione tra le varie nazioni, sfidando la persistente ignoranza reciproca e rafforzando l’arte di vivere insieme in pace. Il cosiddetto processo di Baku, nato nel lontano 2008, è stato riconosciuto e fortemente sostenuto dall’UNESCO, dall’Alleanza delle Civiltà delle Nazioni Unite, dall’ISESCO, dal Consiglio d’Europa e dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale per la sua efficienza e visione strategica. Non è un caso che la Santa Sede e i Papi che si sono succeduti abbiano elogiato il modello azerbaigiano di tolleranza religiosa come esempio per molti altri nel mondo. 

Per l’ultima domanda, FarodiRoma è una realtà editoriale italiana multilingue che cerca di fare informazione prendendo in considerazione il punto di vista di Francesco. Che messaggio gradirebbe dare ai nostri lettori? 

In questi giorni si sta celebrando in Azerbaigian l’antica festa del Novruz, che simboleggia l’arrivo della primavera, il rinnovamento della nostra energia e il risveglio della natura. Il mio augurio è che questa festività saggia, tanto celebrata e pura, possa portare a tutti noi, compresi tutti i lettori del FarodiRoma, pace, armonia interiore, tanta energia positiva e felicità con i propri cari! Possano la pace, la stabilità e la sicurezza arricchire quegli angoli del mondo che stanno ancora lottando per goderne, affinché quante più persone possibile possano essere risparmiate dal flagello e dalle miserie della guerra, dei conflitti e della disperazione. 

Grazie per questo messaggio di pace che dà anche ai nostri lettori. Un augurio importante in questo momento, segnato dai conflitti in tanti Paesi del mondo.  

Grazie a lei! 

Nazareno Galiè