tutto parte dal film leaving neverland

Per l'affaire Michael Jackson Louis Vuitton e Virgil Abloh chiedono scusa

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L'antefatto è lo show dello scorso gennaio di Louis Vuitton uomo, il cui neo-direttore artistico Virgil Abloh - alla sua seconda prova nel nuovo ruolo - si è ispirato a uno dei suoi idoli, Michael Jackson, evocato a partire dall'invito, che rappresentava un guanto bianco luccicante.

Anche nella collezione autunno-inverno 2019/2020 vista in passerella i rimandi alla popstar, di cui ricorre il decimo anniversario dalla morte, erano numerosi: giacche corte, pantaloni slim, lustrini, mocassini in pelle nera e alcune T-shirt raffiguranti l'iconico passo di danza visto in Billy Jean, Thriller e altri video iconici, oltre che sui palcoscenici di tutto il mondo.

Spente le luci della fashion week parigina tutto sembrava tranquillo, ma in realtà stava montando un casus belli. Infatti pochi giorni dopo la sfilata, al Sundance Film Festival è stato proiettato Leaving Neverland, documentario in cui Wade Robson e James Safechuck accusano Michael Jackson di avere abusato di loro quando erano bambini.

Il lungometraggio di Hbo, trasmesso il 4 marzo in America e visibile anche in Italia il 19-20 marzo su Nove, fa subito scalpore: il pubblico si divide, tra i fan sicuri che sia una montatura e coloro, sempre più numerosi di giorno in giorno, che gridano allo scandalo.

L'onda lunga dei social network fa il resto e dapprima lambisce, poi travolge Louis Vuitton: sul banco degli imputati la "famigerata" collezione uomo presentata a gennaio e il suo creatore, Virgil Abloh.

Noto per la sua capacità di sintonizzarsi sul mondo dei giovani in tutte le sue sfaccettature, stavolta lo stilista perde un colpo.

Il copione si è già visto per la scimmietta Otto di Pradamalia e il passamontagna di Gucci, sul banco degli imputati per aver evocato, seppure involontariamente, la pratica del Black Face. Anche Burberry è caduto nella rete, quando alla London Fashion Week ha fatto sfilare una modella con un cappio al collo.

Vuitton e Abloh sono quindi in buona compagnia, ma questo non sminuisce il potenziale danno commerciale che uno scivolone del genere rischia di provocare.

«La mia intenzione - si è affrettato a spiegare il designer - era di evocare Michael Jackson nella sua veste di artista della cultura pop, che ha influenzato un'intera generazione di creativi. Condanno fermamente ogni forma di pedofilia, violenza e violazione dei diritti umani».   

Anche Michael Burke, chairman e ceo della griffe ammiraglia del Gruppo Lvmh, si è sentito in dovere di dare spiegazioni. «Le testimonianze raccolte nel documentario ci turbano e addolorano profondamente - ha sottolineato -. Per Louis Vuitton la sicurezza dei bambini e il loro benessere sono da sempre una priorità e una causa da difendere».

Dalle parole ai fatti: il marchio non metterà in commercio nessun indumento o accessorio che faccia riferimento esplicito al re del pop. «Peraltro - dicono i portavoce - nelle proposte disegnate da Abloh le fonti di ispirazione sono molto più ampie e rispecchiano i nostri valori, oltre che quelli di Virgil» (nella foto, una delle magliette ispirate a Jackson in passerella alle Tuileries di Parigi).

a.b.
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