Fronte del Porto, lo spettacolo dejà vu di Alessandro Gassman

Alessandro Gassman e Daniele Russo tornano a lavorare insieme con Fronte del porto, adattamento teatrale dell'omonimo film del 1954, in scena al Teatro Bellini di Napoli dal 6 al 25 novembre.

Fronte del Porto che ha debuttato il 6 novembre al Teatro Bellini di Napoli, dove sarà in scena fino al 25, segna il ritorno di una collaborazione che già in passato, con Qualcuno volò sul nido del cuculo, aveva ricevuto il plauso e il favore della critica e del pubblico, ovvero quella tra Alessandro Gassman nel ruolo di regista e di Daniele Russo in quello di attore protagonista. Anche stavolta i due si cimentano con la trasposizione teatrale di un film americano, On the waterfront, del 1954 e vincitore di otto Oscar.
Cambia la location e cambiano gli anni, la riscrittura a cura di Enzo Ianniello ambienta la storia nella Napoli degli anni ’80 e il porto del titolo è quello della città partenopea, dove i lavoratori vivono sotto il ricatto della malavita che ogni giorno sceglie chi lavorerà portando il pane in tavola e chi no, patendo la fame.


Le vicende di Fronte del Porto hanno inizio con la morte per mano degli scagnozzi del boss Giggino Compare (Ernesto Lama) di Giuseppe Caruso detto “il cardillo” sia per la sua passione per questo animale, sia perchè ha cantato alla polizia le attività illecite del clan. Sin da subito si delinea la divisione tra i personaggi sulla scena, da un lato i buoni ovvero la famiglia e gli amici di Giuseppe e Don Bartolomeo (Orlando Cinque) parroco del quartiere, dall’altro lato i cattivi ovvero Giggino Compare e i suoi sottoposti. A fare da ponte, suo malgrado, ai due mondi Francesco (Daniele Russo), ex boxeur, fratello del contabile del boss (Edoardo Sorgente) ma amico di Giuseppe e di sua sorella Francesca (Francesca De Nicolais) di cui è anche innamorato. A dare il tormento al ragazzo sono i sentimenti contrastanti che nascono dalle continue richieste di “favori” fatte da suo fratello (pestaggi, appostamenti, spiate agli amici di Giuseppe e al parroco) e dal crescente amore per Francesca a cui vorrebbe raccontare la verità sulla morte del fratello, in cui è stato lui stesso coinvolto. Ma c’è anche altro, ovviamente (perchè Francesco in fondo è un cattivo travestito da buono, lo sappiamo), perchè ad un certo punto il giovane cresciuto col mito del boss e dei soldi facili si rende conto delle ingiustizie perpetrate ai danni di innocenti morti di fame, capisce che i vestiti firmati sono pagati col sangue della povera gente, di quei ragazzi assetati di verità e giustizia che in fondo sente amici.
Ecco allora che Fronte del Porto diventa la storia di un riscatto sociale, di un alzare la testa, di raccontare la verità, con l’aiuto anche da nuovi amici, dal parroco che gli spiega il Vangelo in modo terreno, concreto, e che c’è di più bello e romantico a coronamento di questa rinascita se non la nascita della storia d’amore con Francesca?
Ora fermiamoci un secondo, ho una domanda sola: perchè? Perché l’ennesima melensa prosopopea su Napoli, la camorra, i ragazzi difficili, la miseria, il riscatto sociale? Perché per di più in una chiave così scontata che ricalca il luoghi comuni e chiude i personaggi in stereotipi triti e ritriti? Daniele Russo è bravo d’accordo, ma il suo Francesco è un dejavù, il bad boy che si innamora della brava ragazza e che si trova nei guai non per scelta ma perchè in quella situazione di difficoltà ci è nato, quante volte l’abbiamo già visto? Francesca Nicolais si emoziona nei panni della sorella del morto e dell’amata del ragazzo da salvare ma carica la parte, diventando una Filumena Marturano senza pathos (e senza la potenza della Loren, ca va sans dire). Orlando Cinque fa sermoni, predica, ci crede, ma ad un certo punto sembra un Don Matteo cresciuto a Napoli.
Il tutto blandito in una lingua che mischia in modo mal composto il napoletano e l’italiano togliendo melodicità al primo e ordine al secondo, in un mix che storpia e non riesce a trovare armonia.
Meno male che a dare un po’ di pepe alla storia ci sono i cattivi, che dio li benedica! che divertono, irritano, affascinano, bravissimi tutti da Ernesto Lama (magnetico!) a Edoardo Sergente, da Sergio Del Prete (Avvocato Agnelli) a Antimo Casertano (Michelone), ognuno con una sua personalità, macchiettistica anche quella certo, ma almeno ben riuscita, una spanna sopra gli altri.
Un commento a parte in Fronte del Porto meritano le scene di Alessandro Gassman, vero punto di forza dello spettacolo, i personaggi si muovono in uno spazio riempito da due grandi blocchi che modificano per creare i container del porto, gli interni delle case, i palazzi per le strade, a ciò si aggiungono le immagini sullo sfondo, proiettate sulla scena grazie ad un apposito telo trasparente dietro cui recitano gli attori.
Ad un certo punto tutto è così realistico da sembrare un film! Qui però devo aggiungere una critica e cioè che proprio la sensazione di essere di fronte ad una pellicola più che a degli attori in carne ed ossa crea una certa distanza tra lo spettatore e il palco che si avverte solo quando dopo i titoli di coda (proprio come al cinema…) gli attori escono dal telo e riacquistano fisicità.
A dispetto però di quanto appena detto e di ciò che penso, Fronte del Porto è uno spettacolo che al pubblico piace e lo si percepisce in sala dall’attenzione degli spettatori, dagli scrosci di applausi, dalla standing ovation.
Perciò come diceva qualcuno ai posteri l’ardua sentenza…