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Critica ai principi neoliberisti della sinistra attraverso la critica al PD di Occhetto

Uno degli errori fondamentali della sinistra italiana ed europea è stato quello di essere subalterna alle politiche neoliberiste. Perciò assistiamo al paradosso che la risposta al neoliberismo non arriva da sinistra ma da destra, una rivolta nazionalista. I populisti, in realtà, dicono anche cose vere, sono le loro risposte a essere sbagliate, questo è il punto. La sinistra deve scrollarsi di dosso le concezioni di stampo neoliberista che portano a un’austerità senza senso, deve stare vicino agli ultimi, riallacciare i propri legami con le fasce più deboli della popolazione. Ma capire nello stesso tempo le esigenze della produzione, dell’impresa. E’ questa la scommessa che la sinistra deve giocare e con la quale può vincere, mettendo insieme le due cose, la solidarietà e lo sviluppo dell’impresa e dell’economia”.
Sono parole di Achille Occhetto, usate nel suo tour che ha toccato anche Ferrara per la presentazione del suo ultimo libro, e sulle quali bisognerebbe costruire una piattaforma facendo però qualche passettino indietro, per essere sicuri di partire tutti dallo stesso punto. Quindi occorrerebbe definire esattamente cosa voglia dire neoliberismo e quali siano gli effetti di tale dottrina economica sulla società ma anche verificare quale trasformazione ha sofferto la società per adattarsi a tale dottrina. Inoltre, comprendere se i trattati europei che inglobano proprio i principi neoliberisti siano riformabili, in direzione del sociale, come sembra che Occhetto auspichi quando parla di “austerità senza senso”, per poter poi permettere alla sinistra italiana di “riallacciare i propri legami con le fasce più deboli della popolazione”.
In altre parole, e qui la contraddizione, per poter permettere alla sinistra di tornare a fare politiche orientate alla solidarietà, alla cooperazione, all’aiuto delle fasce più deboli della società bisogna operare politiche orientate da teorie economiche diverse da quelle attuali che contemplano invece i principi neoliberisti, ovvero concorrenza, competitività, stretta fiscale per contenere la domanda interna, consolidamento di bilancio, bassi salari, poche pensioni e disoccupazione abbastanza alta per tenere l’inflazione bassa e salvaguardare i grandi capitali.
Delle due l’una. O si è contro il neoliberismo oppure si fanno politiche sociali e attualmente queste ultime non si possono fare senza andare contro le fondamenta dell’Unione europea. Se si pretende di stare nel mezzo si sta ingannando o si sta ignorando e creando confusione.

Occhetto comprende che il popolo ha acquisito la capacità di riconoscere il pericolo neoliberista meglio dei politici, infatti dice: “Il renzismo è finito non per colpa di Renzi, ma perché è stata rigettata la subalternità al neoliberismo”. Ma non fa passi avanti rispetto a Renzi quando continua: “Bisogna mettere in campo idee in grado di superare il sovranismo. Quando la signora Marine Le Pen sostiene che non c’è più sovranità nazionale ha perfettamente ragione, ha torto quando pensa di ricondurre questa sovranità nei vecchi schemi nazionali. Bisogna portare la sovranità oltre il livello nazionale. Perciò alle europee la scelta dev’essere tra il perdente e inconcludente ritorno ai nazionalismi oppure a favore di un’Europa in grado di affrontare i problemi dell’ambiente, della democratizzazione del cyberspazio, delle disuguaglianze, che non si risolvono a livello di nazione. Proprio sull’Europa la sinistra potrebbe avere un ruolo importante da giocare, ma deve chiedersi dov’è finita la sovranità e provare a riportarla al livello sovranazionale. Se alle prossime elezioni si difenderà la vecchia, fallimentare idea di questa Europa la partita è persa e vincono i populisti. La forze di sinistra devono attaccare l’Europa per prospettarne una diversa, più democratica. Le vecchie ideologie di patria e nazione non c’entrano niente, il tema concreto sono le grandi emergenze che ci stanno di fronte e che non possono essere affrontate in chiave localistica. Purtroppo stiamo ritornando a visioni tribali, da stupidi ignoranti: il popolo segue queste posizioni e va contro se stesso”.

Al netto del giudizio politico sulla signora Le Pen, Occhetto immagina di cambiare l’Europa da dentro come dice di voler fare persino l’ultimo arrivato Zingaretti. Insomma è come voler mettere una forma quadrata dentro un una figura sferica pretendendo che questa si adegui. Addirittura rilancia i temi cari all’ultimo modello di sinistra, quella nata dagli anni Ottanta, per cui la sovranità vista attraverso i confini è un male assoluto e concetti quali Patria e Nazione sarebbero un residuato bellico.
La sovranità non si può decidere di collocarla da una parte piuttosto che dall’altra, spostarla da un piano nazionale a un piano astrale perché comincia a venir meno il suo impianto costituzionale. La sovranità statale esiste per poter attuare la sovranità popolare e i concetti di Patria e Nazione non sono altro che l’identificazione dell’uomo con il territorio e le radici, il contesto in cui un essere umano si forma e si educa perché nella storia, più che il sano desiderio di conoscere, ciò che ha portato gli uomini a spostarsi è stata la necessità.
Nei concetti di Patria e Nazione non c’è assolutamente niente di sbagliato se non l’ideologia che si è costruita intorno ad essi e probabilmente solo in Italia in maniera così esasperata. È lo sradicarsi dal territorio e dalla comunità di appartenenza per creare popoli di apolidi un reale tuffo nel primordiale, nell’antico, nel superato dalla storia e dall’evoluzione, che ha visto l’uomo progredire proprio quando ha smesso di girovagare.
Oggi facciamo a gara per dimostrare quanto spostarsi sia bello salvo poi scoprire che i grandi ricercatori italiani sparsi per il mondo sono stati costretti a emigrare per la poca attenzione nei loro confronti da parte del territorio di appartenenza o a causa della poca lungimiranza dei rappresentanti di quel territorio. Abbiamo esempi di cervelli in fuga, ai quali in Italia è stato rifiutato un posto da ‘collaboratore scolastico’, che poi sono state gratificati da posti di primo piano nelle università americane, il che ci dovrebbe portare non a denigrare e allontanarci dalla Patria e dalla Nazione, ma a farci impegnare perché cose di questo genere non accadano più.

Ora, la sinistra ha una carenza di buone dotazioni organiche oramai da decenni, ma ha ancora vivo un patrimonio genetico che potrebbe sfruttare e che oggi sembra in disuso, soprattutto a causa del nuovo che avanza rappresentato dal Movimento 5 Stelle. Ha quella meraviglia che sono le sezioni di partito e il partito, per volontà costituzionale, è il luogo reale dove si pratica la democrazia, si sviluppano le idee e si impostano le azioni. In una democrazia moderna la democrazia partecipativa si manifesta con il voto, ovvero scegliendo dei rappresentanti che trasformano in leggi la volontà popolare. In tal senso il governo è colui che trasforma in azione la volontà parlamentare e quindi popolare.
È con un flusso del genere che si costruisce consapevolezza, partecipazione e condivisione, elaborazione e applicazione delle decisioni.
La politica deve nascere e farsi sul territorio perché è il territorio che vuole tornare a vivere ed è il fatto di non cogliere questo bisogno che mette sullo stesso piano Occhetto con la sua idea di sinistra e il Pd renziano, che nonostante il suo patrimonio genetico non comprende le richieste della base pensante, che pur di farsi ascoltare si sta rivolgendo altrove.

Tutti dovrebbero fare pace con questi concetti se tutti si dicono contrari alla dottrina neoliberista che vive della supremazia dell’economia sulla politica, obiettivo che si ottiene spersonalizzando i territori, passando dalla comunità all’individualismo consumistico, dall’abbattimento dei confini per permettere ai capitali e alle aziende di lasciare in mutande i lavoratori fingendo di farlo per gli interessi degli stessi lavoratori.
Il superamento dello Stato nazionale è il prerequisito per ottenere tutto il resto, lo smantellamento di valore delle parole Patria e Nazione prelude alla mortificazione delle Costituzioni e di tutto quanto lì dentro è previsto a tutela dei cittadini.
Tanti oramai sembrano comprendere che i problemi delle nostre società siano legati alle ricette neoliberiste, ma tutti altrettanto sodali nel non comprenderne le basi, che sono proprio il ripudio di concetti quali patria, nazione e anche costituzione a favore del mondialismo, globalizzazione e costruzione di fantomatiche patrie sovranazionali per difendersi economicamente, in un crescendo di nuovo idealismo votato alla guerra commerciale piuttosto che alla condivisione e alla cooperazione.

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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