LA DOPPIA VITA DI ALDO BISCARDI.

Ho conosciuto Aldo Biscardi nella penultima fase della sua vita. Approdò a Tele+2, la prima tv a pagamento italiana (oggi Sky), nell’estate 1993. Avevo appena perso mio padre e ricordo con affetto la sua prima telefonata: “Vieni al lavoro quando te la senti, non c’è fretta, ma in questo momento difficile ti do la buona notizia che sarai il mio braccio destro”. 

Non ci conoscevamo ancora di persona. Anzi, non mi era molto simpatico. Non amavo il suo modo di fare televisione, la sua idea di buttare in caciara lo sport. Maurizio Mosca mi aveva sempre detto che l’uomo fosse assai diverso da come appariva, senza però riuscire a convincermi sulla bontà del suo lavoro. 

Così, mi trovai catapultato nel mondo biscardiano perché avrebbe dovuto essere funzionale nel rendere popolare una novità, la paytv, che per definizione non lo era affatto. Sin dai primi giorni scoprii in redazione un personaggio in effetti lontanissimo dal guitto in cui si trasformava quando si accendevano le luci di uno studio e quelle rosse delle telecamere. Aldo era gioviale, sempre di buon umore, elegante, affabile. Buona parte dei miei colleghi non lo amava, non lo ha mai amato fino in fondo, vedendo in lui un distributore di nomine e qualifiche allo scopo di ingraziarsi tutti, ma senza condividere la linea. 

La mente di Aldo però viaggiava comunque velocissima e il suo senso della notizia scavalcava persino la sua filosofia d’assalto. La scaletta era una traccia molle, qualsiasi evento in diretta l’avrebbe stravolta in direzione dello spettacolo, dell’audience. Chiunque lavora per vendere di più, per visibilità, o – in radio e in tv – per gli ascolti, ma Mosca da una parte e Biscardi dall’altra sembravano gli unici eretici del pianeta. Non immagino la loro vita oggi con i social…

Fatto sta che Aldo Biscardi era un genio precursore del talkshow, ripudiando il politicamente corretto, i falsi modi gesuiti, l’impostazione vestita che non mettesse mai a nudo invece quello che (secondo lui) era l’essenza del confronto calcistico: la zuffa verbale. Abilissimo nella tessitura dei rapporti in superficie, aveva agganci con la politica, lo spettacolo, il “palazzo” che usava e gestiva in funzione dello studio televisivo. Un perfetto anfitrione, consapevole dello scarso consenso di critica di cui godeva: “Se chiedi in giro, tutti negano di vedere Biscardi in tv, poi vedi gli ascolti e capisci che molti dicono bugie”, si crogiolava. Un giorno mi disse: “Sono come la Lega Nord di Bossi, nessuno ammette di votarla ma ha vinto le elezioni”. 

Fu il precursore, sempre con Mosca, della battaglia per la tecnologia (la moviola in campo) e per il professionismo degli arbitri, perdendola come quella per i playoff in campionato allo scopo di eliminare “i biscotti a fine stagione”, cioè gli accordi più o meno taciti per indirizzare le partite da una parte o dall’altra.

Di sicuro era un camaleonte, capace di girare in virtù il difetto e in un merito la colpa. La prima puntata storica del suo “Processo” su Tele+2 era collegato Mino Taveri da uno studio distaccato. Lo chiamava di tanto in tanto per gli aggiornamenti senza mai azzeccare nome o cognome: “Linea a Mino Tavoli”, “Linea a Lino Taneri”, “Andiamo da Mino Tavori”. Mino era furibondo e a fine trasmissione feci presente ad Aldo i ripetuti errori. Scosse il capo: “Nun te preoccupà”. Incrociammo Mino Taveri nei corridoi e con un sorriso spalancato Aldo lo abbracciò: “Sei contento? Hai visto quante volte ti ho chiamato in onda?”

Si inventò il “Processo ai Mondiali” per Usa ‘94. Tele+2 non aveva i diritti per le immagini, quindi non si potevano far vedere highlights né fare la moviola sugli episodi, ma l’importante era parlarne. Il main sponsor di un’operazione rischiosa e senza supporti, che poteva però definitivamente dare visibilità alla rete (si era appena conclusa la prima stagione del “posticipo” della domenica alle 20.30) fu il Grana Padano.

Pronti, via: prima puntata in diretta da New York in uno studio allestito al fianco del Giants Stadium, ospiti fissi Gianluca Vialli e Massimo Mauro. Arriva in diretta il momento della prima interruzione pubblicitaria e Aldo si dilunga in convenevoli: “Grazie al nostro grande sponsor, generoso, lungimirante, prestigioso, che è salito con entusiasmo sul nostro carro. Il Grana Padana!” Spot.

In regia e in studio sbiancano tutti. “Aldo, hai sbagliato: hai detto Padana, ma è Grana Padano”. Si arrabbiò: “Lo vedete? Tutta l’Italia che ci guarda adesso starà dicendo la stessa cosa, tutti lo staranno nominando. L’ho fatto apposta!” Per tutta la durata del programma (un mese), ogni puntata, ogni spazio pubblicitario, lanciò lo sponsor gridando con enfasi: “Grana Padana!”

Quando le luci si spegnevano, Aldo tornava nella sua dimensione aerea e pacata, scaldandosi solo quando parlava di calcio. La mia gratitudine umana e professionale verso di lui è andata ben oltre il giudizio che avevo prima di incrociarlo: quello dello spettatore e del giornalista. Oggi posso affermare di essere contento di averlo conosciuto e di averci lavorato. E mi manca. 

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

4 risposte

  1. Buongiorno caro Luca.
    Ho un ricordo di questo grande personaggio . in una puntata delle ” Iene ” , si divertivano a riprendere il grande Aldo , mentre non era inquadrato dalle telecamere. Si vedeva , appena c’era un minimo di discussione , incitava la controparte ad alzare la voce e quindi creare una sorta di zuffa . Il suo forte.
    Confermo il fatto che si diceva che nessuno guardava il suo Processo. ma stranamente ,quando dicevo agli amici ” Hai visto che rissa?” , regolarmente mi rispondevano ” ho girato in quel momento e l’ho vista”. Falsi!
    L’uomo della moviola in campo che il destino, pare, non gli abbia fatto vedere un suo cavallo di battaglia . Grazie Biscardi . Siamo cresciuti con te!
    E grazie anche a te Luca !

  2. All’inizio dei suoi programmi, quello in Rai, ero un suo tifoso. Non solo vedevo il processo del lunedì ma non vedevo l’ora che cominciasse. Lo trovavo contemporaneamente divertente e formativo.

    Ma, poi, vennero i mondiali del 1982, quando nel girone l’Italia non ingranava e ricordo gli attacchi, anche volgari, non nelle parole ma nei contenuti, mi scadde moltissimo.

    Poi, il voltafaccia della vittoria del mondiale, quando definì quei ragazzi “eroi”,

    Però, anche se con minore stima, ho continuato a seguire lui e Maurizio Mosca nel processo poi tenuto sulla tv tele 2.

    Non conoscendo l’uomo non potevo distinguere il conduttore dall’uomo.

    Mi fa piacere questo tuo ricordo (perdonami il tu ma da buon pugliese non riesco a farne a meno, anche perchè logicamente più corretto del “lei” e del “voi”), poichè attenua se non elimina quella patina negativa di quella trasmissione di quel mondiale.

    Grazie per questa operazione verità.

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