Storia

Una sepoltura racconta la malattia e la morte di una giovane incinta

A Imola, una sepoltura di epoca longobarda testimonia un intervento chirurgico in gravidanza e un raro fenomeno di parto nella bara.

Nel 2010, durante alcuni scavi a Imola, in una tomba di epoca medioevale, è venuta alla luce una sepoltura: le ossa di una giovane donna con una ferita alla testa e, come appoggiate tra le sue gambe, altre ossa minuscole, apparentemente di un neonato. Qual è la storia di quella donna?

Morte di una mamma. Un gruppo di ricercatori delle Università di Bologna e di Ferrara ha ricostruito e interpretato, con uno studio pubblicato sulla rivista World Neurosurgery, le circostanze di quella morte e della strana sepoltura. La tomba è stata scoperta durante alcuni scavi, insieme ad altre di epoca longobarda, risalenti al settimo e ottavo secolo dopo Cristo. Al momento della morte la donna doveva avere tra i 20 e i 30 anni, e dalla misura delle ossa più piccole i ricercatori hanno concluso che fosse un feto di circa 38 settimane.

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Particolare della sepoltura: sono visibili, vicino alle ossa del bacino della madre, quelle del feto. © Pasini et al. 2018/World Neurosurgery

Parto post mortem. Secondo gli studiosi, i resti costituirebbero una rara testimonianza di parto nella bara. La loro ipotesi è che i resti ossei che giacciono appena sotto il bacino della donna sepolta siano quelli del bambino, espulso (ovviamente privo di vita) dopo che la giovane era già morta ed era stata seppellita. A determinare l’espulsione del feto dall’utero sarebbe stata la pressione dei gas formatisi nell’addome dopo la morte.

Sono casi rari, ma ben documentati. In epoca rinascimentale sono state registrate storie simili, per eventi avvenuti prima della sepoltura, ma sono note anche alcune testimonianze di resti in tombe. Pochi mesi fa, un episodio del genere è stato riportato dai giornali: in un villaggio in Sudafrica, una giovane donna incinta morta di un malore ha espulso dopo circa dieci giorni il feto. Il fatto ha suscitato sconcerto e paura nella comunità, prima che i medici chiarissero che il fenomeno che ha nulla di soprannaturale.

Il vampiro di Venezia: è il caso di un'altra sepoltura che risale all'epoca della Peste Nera a Venezia e che racconta una possibile origine per il mito del vampiro. L'articolo spiega anche l'origine di alcuni fenomeni post mortem e propone, ma in una pagina separata, alcune immagini che possono urtare la sensibilità di persone impressionabili. © Matteo Borrini

Neurochirurgia del passato. Gli esperti hanno dato anche una singolare interpretazione della ferita alla testa, un foro circolare di circa mezzo centimetro, con margini molto regolari e precisi. Improbabile che sia stato causato da un’arma o da un trauma inferto per uccidere. Secondo la loro ipotesi la donna, quasi alla fine della gravidanza, sarebbe stata colpita da eclampsia, una patologia molto seria caratterizzata da pressione alta, edema e convulsioni (per gli appassionati della serie Downton Abbey, è la stessa malattia di cui muore Sybil).

I ricercatori pensano che il foro nel cranio della donna sia stato un tentativo di intervento chirurgico, la trapanazione del cranio, che la medicina dell’epoca prevedeva per alleggerire la pressione nella testa e cercare di salvare il paziente.

Intorno al foro ci sono segni di guarigione dell’osso, per cui è probabile che la donna sia sopravvissuta una settimana circa dopo quell’estremo tentativo. Un altro segno diritto e sottile, di pochi millimetri, vicino al foro, indica - secondo gli esperti - il punto in cui la pelle del cranio era stata tagliata o sollevata per l’operazione. Si tratta di una delle poche testimonianze di questa procedura di età medioevale in Europa, mentre ne esistono diverse di epoche più antiche, in particolare nel neolitico.

11 aprile 2018 Chiara Palmerini
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