Franco Fontana

di Etta Lisa Basaldella

— “Nel ‘60, quando ho iniziato a fotografare, mi sono iscritto al Circolo Fotografico Modenese e per due anni ho partecipato ai concorsi amatoriali in Italia e all'estero; in quel periodo non c'era altro modo per farsi conoscere. E poi… basta. Ho smesso perché chiaramente i concorsi sono come le scuole elementari e non puoi fare le scuole elementari per tutta la vita: o smetti o entri in un giro ove affoghi da solo perché ti riduci alla classica fotografia salonistica e lavori solo perché sai che in giuria c'è quello a cui piace quel particolare tipo di immagine. Ho continuato a fotografare da solo riprendendo paesaggi, ritratti, un po’ di tutto e, dopo una pausa durata tre anni, nel '68 sono arrivato alla mia prima personale alla Galleria della Sala di Cultura di Modena. Da questa esperienza un nuovo stimolo a continuare era nato dentro di me e ho iniziato a fare i muri, gli asfalti, le pareti, cercando sempre di dare una dimensione a questa ricerca materica. La mia fotografia può essere apparentemente formale, trovi delle linee, degli spazi, dal mio punto di vista, però c'è qualcosa di più perché quello che cerco nelle cose è l'equilibrio. Prendi un tavolo dove ci siano cento oggetti, non ne noti nessuno, c'è solo della confusione. Tu pulisci il tavolo, scegli un oggetto, lo metti solo al centro, lo noti perché ha un suo spazio dove vive, dove può esprimersi. Come noi abbiamo bisogno di x metri quadrati per vivere, per muoverci, la vita, le cose hanno bisogno di realizzarsi in una propria dimensione, nella fotografia cerco questo.”

image

                                                                  © Franco Fontana, Puglia, 1978

 • Come è avvenuto il mutamento di interesse dal paesaggio, dal ritratto a una fotografia più personalizzata?

  “Le cose ti maturano dentro piano piano. Non è che il romanziere si metta alla macchina da scrivere e dice: adesso scrivo un romanzo, chiaramente la storia ce l'ha già dentro. Una determinata cosa prima la porto dentro di me, poi tento di esprimerla attraverso il linguaggio della macchina fotografica, attraverso le immagini, come lo scrittore si esprime scrivendo, il pittore dipingendo. Se tu prendi una mia fotografia dei muri e la confronti con una di quelle dell'autostrada c'è un nesso evidente tra le due, perché è sempre presente questa ricerca di dimensioni, di volume, di equilibrio tra le cose indipendentemente da quello che rappresento. Sono portato a selezionare, a pulire l'immagine e a farla vivere di per se stessa in una sintesi. Ecco quello che cerco è la sintesi.”

• Perché le autostrade?

  Nel '72-'73 viaggiando sull'autostrada, notavo il guard-rail che mi passava via e mi creava una specie di spazio immediato con un paesaggio sullo sfondo. Allora ho iniziato a scattare delle foto, nel giro di due, tre anni è uscito il discorso sulle autostrade. Vorrei dire, però, che non uso le autostrade per una denuncia sociale, cioè che corrompono, contaminano il paesaggio, no. Alla base c'è sempre quest'attenzione delle dimensione tra le cose. Anche l'autostrada è un paesaggio.“

image

                                                                © Franco Fontana, Paesaggio, 1973

 • Tu vedi soltanto a colori?

  "Il colore è il principio basilare; quando ti alzi non ti meravigli di vedere la vita a colori, il bianco e nero è un’illusione.  Non voglio, però, usare il colore con compiacimento, non metterò mai un ombrellino rosso su un prato verde, diventa la masturbazione del colore questa.”

• Perché nelle tue fotografie manca la gente?

  Non sono ancora maturo per inserire le persone nel mio discorso, cioè isolarle, renderle astratte in un loro spazio.“

• Cos'è per Fontana la fotografia?

  "Per me tutto. Non sono professionista perché non dà da vivere. Dovrei lavorare su commissione, fare la foto pubblicitaria, industriale, realizzare quello che il cliente ti chiede e quindi chiaramente venderti in funzione di un prezzo; diventi un mestierante, non sei più tu, ma quello che il mercato richiede che tu sia. Avendo la possibilità di avere un altro lavoro che mi mantiene, in fotografia faccio quello che mi piace.”

image

                                                       © Franco Fontana, Autostrada del sole, 1975

• Dicono che la fotografia è in crisi, cosa ne pensi?

  “No, per me la fotografia nasce adesso. Adesso si incominciano a vedere i fotografi sulle riviste specializzate, adesso il pubblico prende in considerazione l'immagine fotografica come oggetto da portare a casa, da guardarsi, contemplarsi. Oggi la gente compra anche le fotografie. Io, per esempio, ne vendo molte perché faccio dei multipli, cioè da un originale ricavo 100 fotografie firmate che distribuisco nei vari negozi di arredamento. Il cliente che, fino a qualche tempo fa, comperava il quadro come elemento decorativo, adesso comincia a prendere in considerazione come tale anche la fotografia. Il concetto di base è questo: nel '500 Benvenuto Cellini se avesse disegnato una forchetta, l'avrebbe disegnata per il principe, il che gli dava l'esclusiva della cultura del momento. Oggi Benvenuto Cellini disegnerebbe la forchetta per la Richard Ginori con la possibilità di entrare in tutte le case, anche la cultura di conseguenza entrerebbe in tutte le case; il multiplo è in questo senso alla portata di tutti. Questo discorso è legato al fatto seriale che penso sia particolare del nostro tempo. Il quadro che è pezzo unico lo metti in museo che è proprietà di tutti, perché tutti lo possano vedere, non lo tieni in casa a guardartelo da solo. Da un negativo per esempio stampi 1.000 copie che vendi a 1.000 lire l'una; sul mercato quel negativo costa 1.000.000, costa come un quadro pezzo unico da 1.000.000.”

• In fotografia, allora, c'è ancora molto da dire.

  “ Si, solo adesso si incominciano a vedere recensioni di mostre fotografiche sui quotidiani, sui settimanali, cosa che 10 anni fa nessuno si sognava di fare. Allora l'unico sfogo erano le mostre con la medaglietta, le targhette ricordo, ammessa, non ammessa, una cosa penosa che vive tutt'ora: c'è infatti tutto un sottobosco di fotoamatori che ti dico…, una fioritura che fa spavento. Però, sai, un conto è realizzare la "bella fotografia”: 3000 scatti e poi un'immagine, alla fine, salta fuori, questo lo sa fare anche la scimmia. La bella parola la conosce anche l'analfabeta, ma il discorso ci vuole uno che lo sappia fare.“

————-

Il testo di questa intervista, già pubblicata sul periodico "7 giorni Veneto” del 16 Ottobre 1975, viene qui ripreso oggi per concessione dell’Autrice, che vogliamo ringraziare.

————-

tags: franco fontana, circolo fotografico modenese, galleria della sala di cultura di modena,  puglia, autostrada debenvenuto cellini, richard ginori, etta lisa basaldella.

  1. mypersonalwallofshame reblogged this from gattozioso
  2. gattozioso reblogged this from thediamondage
  3. thediamondage reblogged this from fotopadova
  4. fotopadova posted this