Cagli

Cagli

Cagli è una città murata dall’apparente austerità con gli edifici monumentali che si ergono compatti e severi come a rispondere alla rigorosa lezione di San Pier Damiani: il priore della vicina abbazia di Fonte Avellana che nell’XI secolo bollava l’architettura vistosa come una superbia oculorum.

Dalle fabbriche monumentali e dalle piazze che ritmano gli spazi urbani lo sguardo è attratto dal verdeggiante Appennino: mirabile quinta di ogni scorcio che in autunno, con le cromie dal giallo al rosso, diviene protagonista del foliage.

Cagli, che nel VI secolo costituiva uno dei capisaldi della Pentapoli bizantina, è ripetutamente menzionata negli itinerari di epoca romana.

Nel IV secolo Servio Onorato, commentando l’Eneide di Virgilio, chiariva inoltre un possibile equivoco affermando “Cales civitatis [l’odierna Calvi] est Campaniae, nam in Flaminia est, quae Cale [Cagli appunto] dicitur”.

Costituito fin dal XII secolo, il libero Comune di Cagli ben presto assoggetta oltre 52 castelli snidando la nobiltà rurale e fronteggiando la politica feudale degli abbati.

La sua espansione ebbe a seguire i confini della giurisdizione della diocesi di Cagli che in Greciano (IV secolo) annovera il suo primo vescovo.

Parzialmente distrutta dal fuoco, appiccato dai ghibellini nel 1287, la città è traslata, dalle propaggini di monte Petrano, e ricostruita ex novo sul pianoro inglobando il borgo preesistente.

Per la rifondazione, sotto l’ala protettrice di Niccolò IV, si utilizza nel 1289 il progetto urbanistico ad assi ortogonali di Arnolfo di Cambio. L’avanzato tessuto urbanistico avrebbe fornito spunti a Leon Battista Alberti per tracciare il disegno della Città ideale.

Di ciò sarebbero alcuni elementi nella celebre tavola attribuita al Laurana (stretto collaboratore dell’Alberti) tra i quali uno, sullo sfondo, combacerebbe con l’altopiano costituito da monte Petrano.

Non semplici coincidenze quelle esistenti tra la Città ideale e Cagli: una città per la quale i Montefeltro manifestarono a lungo particolare attenzione.

D’altra parte, scrive Franceschini, quello dei Montefeltro alla sua nascita nei territori della Chiesa è “uno Stato regionale, espressione della famiglia principesca e delle città di Urbino e di Cagli e dei loro contadi”. Infatti “nell’alleanza del febbraio 1376 le città di Urbino e di Cagli partecipavano al patto col Signore su piede di uguaglianza”.

Nonostante la battuta d’arresto costituita dall’incendio del 1287, Cagli torna ad essere ben presto un florido centro.

Infatti in un registro di pagamento delle tasse alla Chiesa del 1312, sottoposto a revisione a seguito del forte calo demografico per carestie, Cagli era composta da circa 7.200 abitanti.

Peraltro, poco dopo, nelle Constitutiones Aegidianae del 1357, Cagli figura tra le nove città magnae della Marca (insieme per l’odierna Provincia a Pesaro, Fano e Fossombrone).

Furono soprattutto le manifatture, consistenti in particolare nella lavorazione dei panni di lana (più tardi anche della seta) e nella concia delle pelli, che sviluppatesi notevolmente sotto i duchi d’Urbino sostennero lo sviluppo economico della città.

La devoluzione del Ducato d’Urbino allo Stato Pontificio, del 1631, assoggetta Cagli alla medesima politica economica dettata per le Marche: in primis l’agricoltura cerealicola.

I bassi rendimenti nelle aree appenniniche avrebbero comportato un inarrestabile arretramento economico.

Accade che la città, lentamente, esce dai nuovi percorsi della storia dell’arte. Il consistente patrimonio storico-artistico, che era stato deturpato dal violento terremoto del 1781, subisce i vari ‘saccheggi’ napoleonici. L’Unità d’Italia accende gli animi anticlericali.

La costruzione della ferrovia Fano- Fabriano- Roma, l’erezione del nuovo Teatro Comunale e nuovi spazi pubblici danno consistenza alla visione progressita.

Accanto a ciò si apre il capitolo delle spoliazioni delle confraternite e dei monasteri confiscati.

Le vicende della città di Cagli si diluiscono ormai nel quadro vasto della storia nazionale.

La distruzione della ferrovia ad opera dell’esercito nazista nel 1944 e la perdita del ruolo di grande arteria di collegamento della Flaminia segnano per Cagli e le vallate un lungo periodo di declino che si arresta e muta direzione, infine, sull’ultima parte del secondo Millennio.