RAZZISMO

Calcio, Fernandes denuncia: "A Verona mi rigarono l’auto scrivendomi negro sullo sportello"

Gelson Fernandes , 32 anni, ai tempi del Chievo Verona . Getty

Il centrocampista dell’Eintracht Francoforte Gelson Fernandes racconta disgustato particolari relativi alla sua permanenza al Chievo nel 2010-11: “Mi hanno pure defecato davanti alla porta di casa. Dissi alla mia compagna di andare in Svizzera per non farle più vivere questi episodi terribili”

Elmar Bergonzini @elmarbergo

Comportamenti inumani. E ingiustificabili. Troppo spesso a margine degli eventi sportivi si assiste a offese pesantissime. In molte occasioni sono insulti razziali. Kevin-Prince Boateng è uno dei giocatori che più di tutti si impegna nella lotta contro il razzismo. In un’intervista rilasciata a novembre a ESPN, ha raccontato di aver fatto anche diverse proposte alla Fifa per affrontare il problema, tristemente condiviso in vari paesi del mondo: “Io le proposte le ho mandate, ma non è cambiato nulla – ha spiegato –. Si ha la sensazione che si lotti di più contro i fumogeni o i petardi negli stadi che non contro il razzismo. Se in uno stadio si accende un fumogeno si pagano 20mila euro di multa. I cori razzisti invece non li sente nessuno. In Germania ci sono manifestazioni con 3mila o 4mila persone per strada che fanno il saluto hitleriano: cose inaccettabili. Abbiamo bisogno di figure come Muhammad Ali”. Parole forti, che purtroppo tornano di moda dopo un’intervista rilasciata a Blick, dal centrocampista dell’Eintracht Francoforte Gelson Fernandes, che racconta di aver vissuto dei momenti drammatici a Verona, quando (nel 2010-11) giocava con il Chievo.

LO SFOGO
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Il racconto del centrocampista svizzero è inquietante quanto sconvolgente: “In Italia mi sono successe cose brutte: quando stavo al Chievo qualcuno mi ha rigato la macchina scrivendo ‘negro’ sullo sportello e spaccandomi il finestrino. Qualcun altro mi ha defecato davanti alla porta di casa. Dissi alla mia compagna di andare in Svizzera per non farle più vivere questi episodi terribili. Sono cose nelle quali nessuno si vorrebbe mai imbattere”. Tutto solo per il colore della sua pelle. Nemmeno in Germania, fra l’altro, le cose vanno bene da questo punto di vista: “Dopo l’espulsione che rimediai l’anno scorso nella semifinale di Coppa di Germania contro lo Schalke, mi scrissero cose terribili sui social: ‘sei figlio delle scimmie, spero che qualcuno interrompa la tua carriera. Non sei veramente svizzero, sei un profugo. Un maledetto profugo’. Queste cose purtroppo accadono”. Ed ecco che le parole di Boateng tornano tremendamente attuali: abbiamo bisogno di figure come Muhammad Ali. Perché essere razzisti vuol dire essere inumani.

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